Giovanni Mongiovì - Le Tessere Del Paradiso стр 14.

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Strapparono dunque Alessio dalle mani di Vittore e lo condussero per altri luoghi. Lo sfortunato artista passò ora dinanzi allingresso del palazzo dellArcivescovo e qui, vedendo stazionare sulla strada tutto il seguito dellAmmiraglio e credendo che questi avessero a che fare con Ugone, il prelato a capo di Palermo, supplicò:

«Signori, vi prego, lasciatemi parlare col Vescovo; sono anchio un uomo di religione!»

Quelli lo fissarono con apparente indifferenza e tornarono a guardare davanti a sé, verso Majone. Intanto alle spalle di questi si udiva il rumore delle sbarre che la servitù stava mettendo alle porte del palazzo, richiudendo lingresso con uninconsueta premura.

Alessio, che di fronte alla morte non voleva più morire, puntò i piedi sui basoli della strada e gridò:

«In nome di Dio, aiutatemi!»

«Non date peso a quel greco!» urlò Majone, rivolgendosi ai suoi sulla porta e preoccupato che il condannato ne dicesse una di troppo.

Adesso Alessio si concentrò sulla lama della spada che già una delle guardie aveva sguainato. Pensò che morire trafitto fosse meno doloroso e infamante che morire impiccato. Ora si attaccava a questunica consolazione, mentre uno dei due soldati indicava allaltro limbocco di una stradina, lì dove il condannato sarebbe stato ucciso.

«Signore, che la morte copra i miei peccati non redenti!» esclamò il maestro darte, guardando il cielo.

E poi, rivolgendosi alle guardie, pregò:

«Vi chiedo solo di avere una sepoltura»

Ma quelli, saraceni di lingua araba, non compresero nulla, né le parole di Alessio né che da quella notte, quella del 10 novembre 1160, tutto sarebbe cambiato.

PARTE II LA MANO DI MALACHITE

Capitolo 8

1156 (551 dallegira) Balermus e dintorni


La folla si stringeva compatta attorno alla scena, senza dir parola e senza commentare. In molti erano infatti i saraceni che osservavano silenziosi, oltre le spalle delle guardie reali, oltre quella coltre di fumo che si innalzava al cielo congiuntamente alle loro preghiere. Sulla sponda sinistra della foce del wādī al-Abbās27, appena fuori dalle mura della città, quel giorno del 1156 il boia aveva appiccato un fuoco che non sarebbe durato fino a sera ma che tuttavia avrebbe continuato ad ardere per anni nel cuore di Amjad.

Per ogni giovane islamico non esiste ricordo dinfanzia più importante del khitān28, e per Amjad, che immaginava la circoncisione come una sorta di festa in suo onore, quel giorno della sua fanciullezza sarebbe stato ancor più cruciale.

Suo padre era appena morto in battaglia mentre combatteva nellesercito di Re Ruggero contro lImperatore dOccidente. Sua madre se nera andata poco dopo, dando alla luce la piccola Naila. E così Amjad e Naila erano finiti nelle mani dello zio, un uomo tanto povero quanto spietato. Questi, dichiarando di non poter togliere il pane dalla bocca dei figli per darlo agli estranei, aveva infatti deciso che avrebbe coperto le spese per crescere la piccola Naila con i proventi derivati dalla vendita di Amjad. Laveva dato ad un mercante e questi, valutando che il bambino era bello, fine e dalla voce aggraziata, laveva rivenduto agli agenti del Palazzo del Re. Ed ecco arrivare quel giorno, quando alletà di nove anni era stato convocato per il khitān. Amjad non poteva saperlo, ma, in luogo del suo prepuzio, i medici di corte stavano per rimuovere ciò che gli avrebbe impedito dora in poi di essere considerato un uomo. Amjad era stato evirato, sfregiato nella sua virilità, affinché potesse comparire nelle stanze private dellharem. In seguito, poche settimane dopo, aveva subito anche il battesimo, ricevendo un nuovo nome: Mattia, come lapostolo chiamato a sostituire il traditore di Cristo.

Per un ragazzino di nove anni la vita di corte, con i suoi sfarzi e la sua opulenza, esercitava sicuramente un fascino irresistibile. Quando Amjad accarezzò le sue morbide vesti di seta, quando assaggiò la prelibatezza dei cibi del Re, quando si ritrovò a maneggiare loro e i gioielli destinati alle concubine, si convinse che la sua vita fosse migliorata.

Verso i quindici anni cominciò ad attirare le attenzioni degli uomini che gravitavano attorno alla figura del Re. I suoi modi raffinati e la sua pelle liscia costituivano una sfiziosa deviazione rispetto alle usuali donne di malcostume. Così Amjad crebbe in fama e potere, e ben presto, poco più che ventenne, giunse nelle camere della nuova principessa, una ragazza sedicenne di nome Margherita, proveniente dalla Navarra e data in moglie allerede Guglielmo. Di Margherita ne divenne presto il confidente e, quando lei venne incoronata Regina, rifulse parte di quella gloria divenendo uno degli eunuchi più potenti e vicini al Re. Per Amjad, tuttavia, esisteva pure unaltra donna, una che in cuor suo destava quel sentimento damore che per forza di cose non poteva essere accompagnato dalla passione. E proprio perché Amjad non sapeva cosa fosse la passione per una donna, proprio perché non aveva altro a cui attaccarsi se non allaffetto di sangue, che cominciò a legarsi morbosamente alla sua giovane sorella. La tolse dalle grinfie dello zio, il quale per certo lavrebbe venduta una volta raggiunta letà più conveniente, e la fece trasferire in un ricco appartamento del Cassaro, nel cuore di Palermo. Diede così a Naila comodità, servitrici e opportunità come mai lei avrebbe potuto avere. Inoltre, recarsi settimanalmente in casa della sorella divenne per lui più che una ragione di vita. Amjad amava Naila e quasi ne idolatrava la bellezza; mai e poi mai avrebbe permesso a qualcuno di sfiorarla.

Se da un lato Amjad aveva dato il suo cuore a Naila, dallaltro aveva riservato la passione agli uomini. Ne esistevano molti nella vita delleunuco, ma non con tutti aveva voluto abbandonarsi ai vizi della carne, dal momento che, se lavesse fatto, quello strumento del potere che era il letto, si sarebbe trasformato in un semplice oggetto di piacere privo di scopo. E così, diventato più potente di molti degli uomini del Re che avevano favorito la sua scalata, adesso si sarebbe dato solo a chi avrebbe potuto renderlo influente anche al di fuori del Palazzo, così che la propria ascesa superasse il limite imposto dallesclusività della corte.

Loccasione sembrò presentarsi quando a Palermo giunse da Sfax29 un certo saraceno, un uomo ormai di una certa età che per brevità venne appellato col nome di Forriāni. Costui aveva ricevuto la nomina di amil30 della sua città dal Re di Sicilia, ma, dichiarandosi con umiltà troppo vecchio per governare, aveva passato le redini al figlio. Si era dunque recato a Palermo come ostaggio a garanzia dalla fedeltà del suo luogotenente ed erede. Forriāni era ovviamente un uomo potente e riverito in tutta lAfrica siciliana, e farselo amico avrebbe significato avere una base sullaltra sponda del Mediterraneo, così da provare ad approntare un qualche affare commerciale privato. Essendo comunque costui anche un uomo religioso, ligio e scrupoloso dellortodossia coranica, Amjad comprese presto che i metodi che gli erano tanto cari non avrebbero funzionato. Nacque tuttavia unamicizia, un sodalizio in cui Forriāni parve interessato a voler strappare Amjad dal peccato, dallavidità e dalla fede cristiana. Lamil di Sfax era una persona carismatica e persuasiva, e così, molto presto, riuscì a redimere Amjad dal peccato e a ridestare in lui i precetti religiosi dinfanzia. Fece leva in modo particolare sul sopito sentimento didentità razziale del giovane, quel suo essere saraceno che era stato cancellato con una banale e imposta aspersione dacqua sul capo. Inoltre lo fece riflettere sul fatto che fare gli interessi dei saraceni avrebbe significato favorire la sua amata Naila, in quanto lei non aveva mai smesso di far parte della stirpe dei mori di Sicilia. E così, alla fine, guidato nei gesti e nelle parole da Forriāni, nascosti nelle stanze dellospite, Amjad tornò ad inchinarsi verso La Mecca e a recitare la shahādah31. Il giovane eunuco riscopriva in tal modo di avere un Dio e si attaccava sempre di più ad un padre; tale divenne Forriāni per lui.

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