Giovanni Mongiovì - Le Tessere Del Paradiso стр 12.

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A buio inoltrato Mattia e Alessio uscirono dal Palazzo e si diressero verso il porto. In una delle case sulla punta del Cassaro, in una delle abitazioni più modeste, oltre le mura e dirimpetto al bacino del porto, viveva Vittore, il presunto testimone dellomicidio del gaito Luca. Quando giunsero nei pressi della piazza in cui le navi in entrata e in uscita pagano allufficiale reale il dazio sulle merci, si accorsero che tirava un forte vento di tramontana proveniente dal mare e dovettero ripararsi nei loro mantelli. Alessio si guardò intorno, lambiente non era certo quello della locanda qui normalmente si muovevano brutti ceffi da porto e criminali; ringraziò il Cielo che quella notte il vento gelido spazzasse via anche la mala gente e i loro affari notturni.

Mattia dunque si fermò sullingresso della piazza e da qui indicò labitazione di Vittore.

«Eccola lì in fondo, tra le case dei pescatori. Vi basterà sfondare una finestra per essere dentro. Io vi aspetterò qui»

«Perché dovrei penetrare in casa di quelluomo con la violenza, col rischio di finire in una lotta in cui potrei avere la peggio? Dirò di essere venuto a consegnare quanto ha chiesto e poi rivelerò linganno a suo discapito.»

«No, non vi fidate di quelluomo. Egli è più infido delle vipere!»

«È lui che non dovrebbe fidarsi di me. Non preoccupatevi.»

Alessio si diresse lentamente verso le case che danno sulla discesa per il mare, mentre Mattia lo supplicava ancora di starlo ad ascoltare circa il metodo migliore per risolvere la questione. Dopo nemmeno un minuto Alessio era ormai troppo lontano per avvertire la voce dellaltro e il fischio del vento nelle sue orecchie copriva ogni raccomandazione. Attraversò quindi la piazza e giunse davanti alla porta delluomo da colpire. Dopo qualche secondo da uno spiraglio si affacciò unanziana donna con gli occhi semichiusi e la capigliatura scompigliata; dietro di essa si potevano intravedere almeno tre uomini. Anche se Alessio avesse avuto cattive intenzioni, con molta probabilità non ne sarebbe uscito vivo.

«Vittore.» disse spaesato e con un filo di voce.

Si fece allora avanti un giovane uomo dallaspetto forzuto.

«Chi siete?»

Chiaramente, se quello era Vittore, quel chi siete la diceva lunga sulle menzogne di Mattia, in quanto il presunto ricattatore avrebbe dovuto riconoscere lassassino delleunuco del Re. Alessio tirò un sospiro di sollievo e raccolse tutta la sua determinazione per fare quel torto a Mattia.

«Parlate greco?» chiese il maestro darte.

«Sono un pescatore e un commerciante, non esiste lingua di questa terra che io non comprenda e parli.» rispose laltro.

«Vittore, il venditore di conchiglie, siete voi?»

«Forse lo sono, o forse no, dipende da chi siete voi.»

«I vostri nemici progettano il male per colpirvi sono venuto a dirvelo.»

«Chi vi manda?»

«Io sono il tramite di quel progetto che ha come risultato la vostra morte. Tuttavia non avete nulla da temere, poiché intendo fare uno sgarbo al mio mandante e risparmiarvi.»

E quello, con impareggiabile calma e perfino un filo di sbruffonaggine, ripeté:

«Perciò vi chiedo chi vi manda.»

«Mattia vi dice qualcosa questo nome?»

Vittore sorrise; quel nome gli evocava una strana ilarità.

«Quellessere né uomo né donna mi aveva giurato che mi avrebbe scagliato contro lintero esercito del Re, e invece mi manda solo voi voi che, con tutto rispetto, non avete neppure la parvenza di un assassino. Ma non offendetevi, straniero, poiché se aveste avuto tali sembianze sareste già passato allaltro mondo. Nessuno tocca nessuno in questa piazza! Guardatevi attorno.»

Alessio si voltò: gruppi composti da quattro o cinque uomini stazionavano nel bel mezzo della piazza e fissavano nella direzione dellintruso.

«Da dove sbucano?» domandò Alessio meravigliato.

«Sono sempre stati lì!»

Il maestro darte provò una forte sensazione di terrore, sudore freddo e fiato corto. Si trovava proprio nel covo degli scaricatori di porto e dei pescatori, i quali, tutti insieme, costituivano una sorta di corporazione per proteggersi dalle minacce esterne e dagli abusi perpetrati ai loro danni. Di Mattia, ovviamente, non vi era più neanche lombra,

«Mi dispiace dirvelo, ma questa notte eravate voi la vittima di quella maledetta volpe!» spiegò perciò Vittore.

Ad Alessio quasi non cedettero le gambe. Ancora una volta era stato così tanto stupido da cascarci. Mattia non aveva mentito quando aveva detto che quella notte lunico testimone delluccisione del gaito Luca doveva morire tuttavia era ora di comprendere che lunico testimone, colui che sapeva troppo e che rappresentava quindi una minaccia per i suoi malvagi disegni, era proprio lui. Daltronde lesperto mosaicista era stato già condannato a morte, e, non avendo niente da perdere, avrebbe potuto parlare circa lassassinio del gaito Luca. Inoltre, Alessio era stato visto in viso da quel tizio che aveva provato a difendere la sua vittima, e perciò, se riconosciuto, avrebbe potuto fare il nome di Mattia. Ovviamente, essendo proprio questi il responsabile del prigioniero, leunuco doveva aver già preparato un alibi che lo discolpasse da una plausibile accusa di complicità riguardo a quella fuga.

«Vi ha mandato qui per farvi ammazzare. Che gli avete fatto?» aggiunse ancora Vittore, intanto che il suo interlocutore se ne stava ammutolito e sconvolto.

«Io io» ripeté stralunato Alessio.

Vittore, che ormai aveva spalancato la porta di casa sua, prese a ridere. Tutti gli altri, coloro che se ne stavano allinterno della casa e quelli sulla piazza, risposero scompisciandosi come dei bambini che trovano piacere nel loro gioco.

«Ma almeno siete venuto armato, poveruomo?» chiese il giovane pescatore per aumentare lironia.

«Armato di coraggio sicuro!» rispose uno dei presenti.

«Compari, poco scherzo, io voglio ringraziare questuomo a cui sono debitore della vita.» fece Vittore.

Dunque tirò fuori dalla tasca un ducale26 di Re Guglielmo e lo mise in mano ad Alessio.

Tutti scoppiarono a ridere. Vittore sminuiva il gesto inusuale dellaltro ricambiandolo con una moneta di medio valore. Quello era il momento di andarsene, prima che lumiliazione si trasformasse in qualcosa di più pericoloso.

«Vi ringrazio!» rispose Alessio, stringendo il pugno e la moneta, intimorito e abbassando il capo.

Quando nondimeno voltò le spalle per andarsene, Vittore gli tirò un calcio nel sedere, facendolo capitolare proprio nel bel mezzo del cerchio di persone.

«Dite a quel castrato di mandarmi qualcuno che valga più di una moneta dargento. Se crede che mi sporchi le mani con un poveraccio, ha capito ben poco di me. Non sono un criminale, ma so difendermi da chi mi intralcia. Venga di persona quellessere immondo, e lo ricompenserò a dovere!»

In quel momento una folata di vento fece volare via il cappuccio dalla testa di Alessio. Fu allora che uno dei presenti provò stupore nellosservare i capelli e la barba grigia del maestro darte.

«Vittore, non ricalca costui la descrizione che ci ha fatto il capo della guardia?»

Il ragazzo osservò per bene lo straniero ed esclamò:

«Se non è lui poco ci manca!»

E fece agli altri segno di immobilizzarlo.

«A quanto ammonta la taglia?» domandò un altro ancora.

«Non cè nessuna taglia, ma solo la promessa che Majone saprà ricompensare a dovere chi gli porterà lassassino di quelleunuco. È una sua questione personale!»

Alessio non comprendeva il volgare latino utilizzato da quegli uomini e dunque, vedendosi afferrare per le braccia, spiegò:

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