Блейк Пирс - Tracce di Crimine стр 4.

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Lo stesso era vero per le stradine residenziali che si addentravano nell’entroterra oltre Manchester Avenue. Erano quasi tutte popolate da residenti di enormi condomini e complessi di appartamenti. Ma più vicino alla spiaggia, e sulla grande collina dove vivevano i Rainey, le case andavano dall’essere grandi a maestose, e quasi tutte avevano la vista sull’oceano.

Questa stava tra il grande e il maestoso, non era un vero e proprio palazzo ma ci andava il più vicino possibile senza avere il muro esterno di protezione e le colonne enormi. Nonostante ciò, sembrava un’autentica casa.

L’erba sul prato anteriore era un po’ lunga ed era disseminata di giocattoli, inclusi uno scivolo di plastica e un triciclo che in quel momento era rovesciato. Il percorso che fecero per raggiungere la casa era coperto di disegni a gessetto colorato, alcuni chiaramente fatti da un bambino di sei anni. Altre sezioni erano più sofisticate, fatte da qualcuno sulla soglia dell’adolescenza.

Ray suonò il campanello e fissò dritto nello spioncino, rifiutandosi di guardare Keri. Lei percepì la frustrazione e la confusione emanate da lui, e scelse di stare zitta. Non sapeva cosa dire, comunque.

Keri udì i rapidi passi di qualcuno che correva alla porta e pochi secondi dopo questa si aprì per rivelare una donna sul finire dei trent’anni. Era vestita con pantaloni e un top casual ma professionale. Aveva i capelli scuri e corti ed era attraente in un modo gradevole e sincero che nemmeno gli occhi chiazzati dalle lacrime potevano nascondere.

“Signora Rainey?” chiese Keri con la sua voce più rassicurante.

“Sì. Siete i detective?” chiese supplichevolmente.

“Sì, siamo noi,” rispose Keri. “Io sono Keri Locke e lui è il mio partner, Ray Sands. Possiamo entrare?”

“Certo, prego. Mio marito, Tim, è di sopra a raccogliere delle foto di Jess. Scenderà tra un minuto. Sapete già qualcosa?”

“Non ancora,” disse Ray. “Ma vedo che è arrivata la scientifica. Dove sono?”

“In garage – stanno controllando le cose di Jess in cerca di impronte. Uno di loro mi ha detto che non avrei dovuto spostarle da dove le ho trovate. Ma avevo paura a lasciarle in strada. E se le avessero rubate e avessimo perso ogni prova?”

Parlando la voce le si alzava di tono e le parole presero a uscire a passo delirante. Keri capì che si teneva su a malapena.

“Va tutto bene, signora Rainey,” la rassicurò. “La scientifica sarà comunque in grado di trovare ogni eventuale impronta e lei può mostrarci dopo dove le ha trovate.”

Proprio allora udirono dei passi e si voltarono per vedere un uomo scendere le scale con in mano una catasta di fotografie. Magro, con un nido d’uccello di ribelli capelli castani e occhiali dalla sottile montatura in ferro, Tim Rainey indossava pantaloni kaki e una camicia button-down. Aveva esattamente lo stesso aspetto che Keri si immaginava avesse un executive dell’industria della tecnologia.

“Tim,” disse la moglie, “loro sono i detective che ci aiuteranno a trovare Jess.”

“Grazie di essere venuti,” disse, con la voce che era quasi un sussurro.

Keri e Ray gli strinsero la mano, e lei notò che quella che teneva le foto tremava leggermente. Non aveva gli occhi rossi come la moglie, ma le sopracciglia erano solcate da rughe e tutto il viso pareva sciupato. Sembrava un uomo sopraffatto dallo stress del momento. Keri non poteva fargliene una colpa. Dopotutto, ci era passata anche lei.

“Perché non ci sediamo, così potete dirci quello che sapete,” disse notando che le ginocchia sembravano sul punto di cedergli.

Carolyn Rainey li condusse tutti nel soggiorno sulla parte anteriore della casa, dove il marito buttò le foto su un tavolo da caffè e si gettò pesantemente su un divano. Lei gli sedette accanto e gli posò la mano sul ginocchio, che saltava su e giù selvaggiamente. Lui comprese il messaggio e si mise seduto fermo.

“Stavo andando a prendere Jess dopo la scuola, a piedi,” cominciò Carolyn. “Seguiamo la stessa routine ogni giorno. Io vado a piedi. Lei in bici. A un certo punto ci incrociamo e torniamo indietro insieme. Quasi sempre ci incontriamo più o meno nello stesso posto, isolato più isolato meno.”

Il ginocchio di Tim Rainey riprese a saltare e lei gli diede un pacca delicata per ricordargli di controllarsi. Ancora una volta, lui si fermò. Lei proseguì.

“Ho cominciato a preoccuparmi quando sono arrivata a due terzi della strada fino a scuola senza averla ancora vista. Mi è già successo solo due volte. Una perché aveva dimenticato un libro di testo nell’armadietto ed era tornata indietro. L’altra volta aveva un forte mal di pancia. Entrambe le volte mi ha chiamata per dirmi che cosa stava succedendo.”

“Scusi se la interrompo,” disse Ray. “Ma può darmi il suo numero di cellulare? Potremmo riuscire a rintracciarlo.”

“Ci ho pensato subito. Anzi, l’ho chiamata non appena ho visto la sua roba. Ha cominciato a suonare subito. L’ho trovato nello stesso cespuglio in cui c’era lo zaino.”

“Adesso ce l’ha con lei?” chiese Keri. “Potrebbero comunque esserci dei dati validi da recuperare.”

“Quelli della scientifica stanno esaminando anche quello.”

“Fantastico,” disse Keri. “Lo guarderemo quando avranno finito. Adesso passiamo a qualche domanda di base, se non vi dispiace.”

“Ma certo,” disse Carolyn Rainey.

“Jessica di recente ha detto di aver litigato con un amico?”

“No. Però di recente ha cambiato la persona per cui ha una cotta. La scuola è ricominciata solo questa settimana dopo le vacanze invernali, e ha detto che la pausa le ha fatto vedere le cose diversamente. Ma dato che il suo primo ragazzo non sapeva neanche di piacerle, non credo che abbia importanza.”

“Comunque se potesse scriverci entrambi i nomi sarebbe d’aiuto,” disse Ray. “Ha mai detto di aver visto persone insolite, a scuola o nel tragitto di andata e ritorno?”

I Rainey scossero entrambi il capo.

“Posso?” chiese Keri indicando le foto sul tavolo.

Carolyn annuì. Keri raccolse la catasta e si mise a guardarle. Jessica Rainey era una ragazzina di dodici anni dall’aspetto assolutamente normale, con un sorriso aperto, gli occhi scintillanti della madre, e i selvaggi capelli castani del padre.

“Seguiremo ogni pista possibile,” li rassicurò Ray. “Ma non voglio che saltiate a conclusioni, per il momento. C’è ancora la possibilità che si tratti solo di un’incomprensione. In questa comunità non vengono registrate scomparse di bambini da molto più di due anni, perciò non vogliamo fare supposizioni di nessun tipo, a questo punto.”

“Lo apprezzo,” disse Carolyn Rainey. “Ma Jess non è il tipo di ragazzina che corre da un’amica e lascia tutta la sua roba a bordo strada. E non si separerebbe mai volontariamente dal telefonino. Non è da lei.”

Ray non replicò. Keri sapeva che si era sentito obbligato a suggerire altre possibilità. E di solito lui era molto meno propenso di Keri a saltare alla teoria del rapimento. Ma persino lui aveva problemi ad arrivare a ragioni legittime che avrebbero fatto abbandonare a Jess tutte le sue cose.

“Va bene se prendiamo qualcuna di queste foto?” chiese Keri rompendo il silenzio imbarazzato. “Vogliamo farle circolare tra le forze dell’ordine.”

“Certo. Prendetele tutte, se volete,” disse Carolyn.

“Tutte no,” disse Tim prendendone una dalla pila. Era la prima volta che parlava da quando si erano messi tutti a sedere. “Vorrei tenere questa, se potete farne a meno.”

Era una foto di Jessica nel bosco con addosso la sua tenuta da camminata, uno zaino decisamente troppo grande per lei assicurato alla schiena. Sul viso aveva spalmata quella che sembrava pittura di guerra e aveva una bandana color arcobaleno attorno alla testa. Sorrideva felice. Non sarebbe stata particolarmente utile all’identificazione. E, anche se lo fosse stata, Keri aveva capito che per lui era molto speciale.

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