È però pronta la risposta: Si, ma per fare le leggi ci vuole troppo tempo, ci sono le lungaggini parlamentari ecc. ecc.
Contro risposta:
Saranno lunghe ma la riforma Fornero della pensione lavete fatta in due settimane.
Lasciamo perdere questo dialogo che nella vita reale finirebbe con la lapidazione del secondo e torniamo a cose più frivole.
Torniamo al tennis, noi riuscivamo a trasformare i normali sport, in sport estremi. Ad esempio, avevamo aggiunto al tennis i piegamenti, infatti, in un momento di impasse, ci balenò in mente un'idea. Chi avesse rotto il palleggio, avrebbe dovuto fare, per penitenza, dieci piegamenti a terra, trasformando la partita in un massacro dove alla fine non si beccava una palla. Non che allinizio si scambiasse alla "meckie in ro"(l'ho scritto così come l'ho sempre sentito).
Oppure, per citarne un altro, fare fuoristrada, sì, ma con il motorino Ciao.
Comunque, senza soldi e telefonini, ci si divertiva un sacco.
Capitolo terzo
Erano finiti i bei tempi
Erano finiti i bei tempi, le giornate in cui nel quartiere da ragazzino mi bastava scendere le scale di casa, dopo che il mio caro compagno di infanzia Giovanni aveva suonato il campanello, e con un semplice bastone di legno andavamo a lottare come Jedi contro i fiori spinosi con la cresta viola, che dalle nostre parti diventano altissimi, mozzandogli le teste. O le infinite partite sotto il sole cocente, con le scarpine buone eleganti da scuola, che distruggevo in un attimo per la disperazione di mia madre.
Oppure alle bellissime calie (da noi si chiama così quando marini la scuola) in cui andavamo direttamente al mare a fare il bagno in pieno giugno tuffandoci sotto le onde.
La prima calia al mare, causa la mia inesperienza, non andò bene. Mia madre appena misi il primo piede in casa mi chiese se fossi andato a scuola: Certo torno dà la proprio adesso, le risposi.
Con voce suadente e tenebrosa mi disse:
Va bene, vieni, vieni, avvicinati.
Mi avvicinai, lei con la dolcezza ineguagliabile di una mamma mi baciò su una guancia.
In verità, mi leccò leggermente la faccia.
Il suo viso si scurì, indubbiamente sapevo di sale.
Mi puntò il dito contro e sentenziò:
Sei andato al mare!
Io negai ma non potei sottrarmi a qualche cinghiata.
Qua tutti i perbenisti diranno: La violenza, le cinghiate, gli schiaffi, o no, orrore invece io non lo ricordo assolutamente come un trauma e non ho nessun risentimento nei confronti di mia madre. Penso, mettendomi nei suoi panni, quale problema fosse mettere un limite alle mie monellerie valutando il fatto che ero già più grosso di lei. Difficile sculacciarmi, così un rimedio doveva trovarlo, penso senza esagerare che quannu ci volunu su megghiu du pani tradotto quando ci vogliono sono meglio del pane.
Questo non mi convinse a non fare più calie al mare, solamente a farmi più furbo. Infatti, prima di tornare a casa, ci fermavamo alla fontanella del paese e, tolta la maglietta, ci lavavamo dal bacino in su.
Effettivamente ero una peste, qualche giorno prima mi stavo arrampicando sulla cima di un albero alto venti metri quando sentii la sua voce chiamarmi:
MASSIMO, SCENDI!
Mi girai e la vidi gridare dal balcone facendo tutti i segni possibili:
SCENDI, TI AMMAZZERAI!.
Scesi senza ammazzarmi. Senza dargli tregua nei giorni seguenti, trascinai anche la mia sorellina nella calia che anche quella volta scoprì.
Mi stupisco ancora a pensarci come in soli trentanni possa essere cambiato radicalmente il modo di divertirsi dei bambini e dei ragazzi, non che uno sia migliore di un altro, ma come siano completamente differenti.
Non sono di quelli convinti che le nuove generazioni siano pessime e quelle vecchie rincoglionite. Non mi lascerò trascinare da tanti miei coetanei e colleghi in questa giostra stupida. Ogni generazione è fatta di idioti e gente sveglia, anzi io ho molta speranza nei giovani, magari sono un po rimbambiti fisicamente e nella scaltrezza, ma hanno una
marcia in più, una mente più flessibile e immediata.
Niente a che vedere con certi miei amici che da un momento allaltro dicevano Salto! Ci riesco e saltando da una duna di sabbia solida alta quattro metri si andavano a schiantare sulla sabbia a testa in giù come da disegno descrittivo.
Va bene buttarsi giù dai muretti o direttamente in mare dal pontile del porto con le bici ma a tutto c'è un limite.
Certo di cose stupide ne facevamo, come quella volta in cui rimanemmo soli in casa in spiaggia da un amico.
Arrivati a sera la fame cominciava a farsi sentire, così Pietro, mio amico di infanzia, mi offrì la cena preparata da lui.
Orrore culinario, aveva versato un pacco di biscotti dentro una ciotola in cui aveva tagliato a fette un'anguria e li aveva lasciati a macerare per un paio dore. Non li mangiammo naturalmente. Fortunatamente,
arrivò una luce, proveniente dal giardino in comune con i vicini, che ci abbagliò. Facevano festa e quando ci videro da soli ci invitarono a mangiare con loro.
In compenso ho un bellissimo ricordo della mattina seguente. Andammo, alle cinque o alle sei, a fare il bagno nudi sugli scogli in riva al mare. Fu una sfida, toglierci il costume e incastrarlo in immersione da qualche parte in fondo a quel tratto di mare per poi recuperarlo in una seconda immersione.
Abbiamo smesso solamente quando avvicinandosi lorario di arrivo dei bagnanti, una signora ci scorse mentre passeggiava sugli scogli, ci vollero due sguardi per capire, con il primo pensò si stesse sbagliando, poi però non credendo ai suoi occhi, sconvolta scappò via.
Altre follie affollavano le nostre giornate, come quella con Pollicino, il soprannome era dovuto ai suoi pollici non proprio della misura giusta. Girovagavamo con la sua vespa, mentre degli amici ci inseguivano con i motorini. Giravamo per le viuzze nei dintorni dei paesi, quando, ad un tratto, ci trovammo davanti ad una rampa naturale in terra battuta.
Pensavamo portasse ad una via adiacente così, senza pensarci troppo, decidemmo di saltare, senza prevedere che dallaltro lato della rampa ci fosse il vuoto. Fortunatamente per noi, dava sulla spiaggia dove precipitammo infossando le ruote, il pianale della vespa miracolosamente ci tenne in piedi. I bagnanti, al rumore del nostro arrivo, si spaventarono e ci guardarono basiti. Noi ridevamo a crepapelle e facendo finta di niente, come se fosse stata nostra intenzione arrivare in spiaggia in quel modo, ci sdraiammo a prendere il sole e ad aspettare. Quando gli amici ci trovarono, ci volle unora per trascinare il vespino fuori dalla sabbia.
Quando ero ragazzo, dal balcone di casa mia, oltre a poter ammirare il vulcano e la costa sino al piccolo rilievo di Castelmola dove si inserisce Taormina e il suo splendido mare, potevo godere dei profumi di un bellissimo frutteto, pieno di limoni e alberi da pesca.
Ricordo il profumo delle pesche bagnate dal sole e il loro sapore legnoso, dovuto al fatto che le mangiavamo ancora un po verdi, prima che la raccolta ce le portasse via.
Spesso mi ero messo a osservarlo dallalto, ma non avevo mai notato un raro albero di ciliegie. Doveva essere nascosto in qualche angolo, perché lo trovammo per caso in uno di quei pomeriggi durante i quali andavamo a zonzo senza meta. Girovagando ci trovammo, di fronte al bellissimo albero, così, senza esitare, salimmo sui rami più alti e ci sedemmo a godere il sapore dei frutti.