Giovanni Mongiovì - Le Tessere Del Paradiso стр 8.

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«Se mi è permesso uscire da questo palazzo, allora farò quello che devo solo contro lunica fonte dei miei problemi.»

«Giordano di Rossavilla Ma cosa ci avrete concluso? Domani il gaito Luca si farà ricevere dal Re e vi farà allontanare da Palermo. Avrete vendicato laffronto ma non riabbraccerete Zoe. È il gaito che per ora dovete colpire credetemi! Vi giuro che vi permetterò di allontanarvi dal Regio Palazzo una seconda volta per i vostri scopi. Un piacere per un piacere liberatemi dal peccato e io vi aiuterò ad avere il cuore di Giordano di Rossavilla.»

«Voi avete già appieno la ricompensa per il vostro peccato, e la pagate con la corruzione del vostro corpo!»

«No, Mastro Alessio, è il gaito che mi conduce allinferno Lui è il Diavolo!»

«Se Dio permette lesistenza del Male è perché sa che possiamo combatterlo.»

«Sì, e questa notte noi due possiamo combatterlo solo con questo»

Ed ecco venire fuori dalla manica di nuovo la lama luccicante.

«Questo non è un peccato meno grave.»

«Mastro Alessio, Dio benedirà la riuscita della questione dandovi il segno che lapprova ma se voi stanotte ve ne starete qui, domani sarà perduta ogni cosa.»

Alessio non valutò lattimo in cui successe, ma improvvisamente si ritrovò a reggere quel pugnale sul palmo della mano.

«Troverete il gaito Luca a sorseggiare vino in una locanda; ve la indicherò, così che non potrete sbagliare. Adesso seguitemi!»

Come sospinto da una forza invisibile, Alessio andò dietro alleunuco Mattia e, avanzando per i corridoi secondari, alla fine si ritrovò fuori dal Palazzo.

Comè vero che non si può morire due volte, Alessio non temeva una seconda condanna da parte delluomo. Già accusato di omicidio, adesso era consapevole che avrebbe sporcato veramente le sue mani bagnandole nel sangue, e forse avrebbe ricordato loperato di quella notte ogni qual volta avrebbe posato le tessere di un mosaico quelle in porfido rosso che tanto amava. In passato con esse aveva rappresentato il sangue di Cristo, ma da adesso con esse avrebbe rammentato il suo peccato.

Capitolo 5

Notte del 7 Novembre 1160 (Anno Mundi 6669), Balermus


Su Palermo scendeva il silenzio delle tenebre, le candele venivano spente e i piani rimandati allindomani. Le zanzare che salivano dal Papireto24 e dal Kemonia, in quelle notti dautunno atipicamente calde ed umide, colpivano gli incauti che delle tenebre facevano giorno. Forse, alla luce del sole, analizzando la quantità di punture che ricopriva la pelle di ciascuno, sarebbe stato possibile scoprire chi avesse dormito e chi no. Guardie della ronda notturna, poeti, pescatori, briganti, prostitute e amanti ognuno aveva un buon motivo per muoversi nel buio. Inoltre, quella notte, quella tra il 7 e l8 di novembre, era visibile in cielo solo il primo quarto di luna. Perfino lastro preposto da Dio per illuminare in luogo del sole nascondeva più della metà del suo volto, intendendo disertare la sua presenza per non essere complice del male che stava per consumarsi.

Alessio stringeva limpugnatura del pugnale come se questo potesse cadergli dalle mani. Aveva sempre maneggiato seghetti e tronchesine, per tagliare le tessere, ma mai lame di quel genere, ed ora sentiva di avere tra le mani lattrezzo sbagliato, non adatto al suo mestiere. Al polso teneva invece legato stretto il nastro della sua Zoe, ad indicare come cuore e braccio avrebbero dovuto muoversi adesso con ununica volontà.

Dopo aver oltrepassato il Kemonia e proseguito per un dedalo di stradine, Mattia si fermò presso la locanda e in vista della vicina Porta di SantAgata. Da quel luogo si raccontava che vi fosse passata proprio la martire catanese, di ritorno alla sua città dopo essersi rifugiata per un periodo a Palermo a causa delle persecuzioni. E sempre riguardo a quella porta si tramandava il ricordo di unimpresa compiuta da un cavaliere normanno durante la guerra contro i mori. Tale guerriero indomito laveva attraversata per punire la lingua di un soldato islamico che osava farsi beffe dei cristiani e dei loro santi, ma essendo la porta stata sbarrata dopo il suo passaggio, il cavaliere era stato costretto ad andarsene per unaltra uscita. Unimpresa a dir poco inumana! Nessuno ricordava il nome del cavaliere e si diceva soltanto che egli fosse stato un parente del Gran Conte.

«Lì, presso la porta, vedete? Vi è ancora la lanterna accesa ai tavoli della locanda.» fece notare Mattia.

«Della gente mi vedrà in viso!» esclamò Alessio.

«Quando il gaito Luca va alla locanda paga tutti i tavoli, poiché non vuole nessuno tra i piedi, neanche il locandiere.»

«È solo?»

«Lo è! Ma adesso andate, io vi aspetterò qui. Troverete la porta chiusa, ma ecco la chiave! Solo state attento a non fare troppo rumore.»

«Come fate ad averla voi la chiave della locanda?»

«Il gaito Luca ne ha una copia, tanta è la fiducia che ripone in lui il locandiere ed anche io ne ho una.»

Nelloscurità quasi assoluta delle strette vie Alessio si avvicinò a quella casa, dunque pian piano girò la chiave nella serratura e fu dentro. Subito la sua attenzione venne catturata dalle spalle di un uomo che se ne stava chino sul suo bicchiere; automaticamente il pugnale venne fuori dalla manica.

«Mi dispiace, buonuomo, ma non è solo la mia vita che perdo lasciandovi vivere.» spiegò Alessio, giustificandosi ancor prima di commettere il fatto.

Quello si voltò terrorizzato, poiché non credeva che vi fosse qualcun altro, e scattò in piedi. Leunuco in questione aveva circa quarantanni, portava una lunga veste gialla ed uno strano copricapo arancione.

«Chi siete? Se è denaro che cercate, sappiate che vi darò tutto quello che volete!»

Ma Alessio, ignorando le parole dellaltro e la propria coscienza, tirò un affondo, ferendolo in maniera importante alladdome.

Quello indietreggiò e si resse con entrambe le mani al tavolo, ma, vedendo che Alessio digrignava i denti e si avvicinava nuovamente, gridò:

«Mia Signora, ci attaccano!»

Quindi un secondo affondo lo colpì al petto, per certo uccidendolo non appena il sangue avrebbe smesso di girare.

Un tizio poco più giovane di Alessio scese come un pazzo dal piano superiore. Questi vestiva di nero e portava un grosso anello del medesimo colore. Lo sguardo era quello sicuro di sé e senza paura tipico degli uomini di guerra, e la gestualità, imperante e decisa, era quella tipica degli uomini di potere. Inoltre era armato di una lunga spada, la quale risultò subito evidente che sapesse usarla a dovere.

Alessio schivò il primo fendente e, divincolandosi tra i tavoli, se la diede a gambe gettando dietro di sé quanti più ostacoli riuscisse a trovare. Per poco non ci lasciò le penne!

Nella confusione ed ancora concitato perse di vista langolo al quale avrebbe dovuto aspettarlo Mattia. Gironzolò convulsamente nei pressi della Porta di SantAgata per alcuni minuti e poi, sicuro che quel tizio stesse dando lallarme, si dileguò senza meta per le vie della città, prendendo la direzione del mare. Quando infine fu sicuro di essersi allontanato abbastanza dal luogo del delitto, ritornò nel Cassaro attraverso il Ponticello, ovvero il passaggio sul Kemonia che unisce il suddetto quartiere ai rioni dei giudei posti ad oriente del fiume, e riprese la strada che porta al Regio Palazzo, ma questa volta facendo un altro percorso. Prese la via Marmorea, quella denominata dagli arabi al-Balat per via dei basoli che la ricoprono e che taglia a metà il Cassaro25. Ma fu verso la metà di quel viaggio, mentre veniva avanti come un cane randagio, mentre avanzava disorientato in una città a lui sconosciuta, che si accorse che le merlature e il colore della calce della costruzione dinanzi a sé erano gli stessi di quella indicata da Mattia guardando il panorama dalla loggia del Palazzo Reale. Lì vi abitava Giordano di Rossavilla, luomo che laveva rovinato, e sempre lì vi era la sua Zoe. Si bloccò allistante e prese a valutare quale fosse la cosa più saggia da fare. Sentiva ladrenalina salirgli su per le orecchie e il cuore spaccargli il petto, sia per quello che era successo poco prima sia per ciò che sarebbe potuto accadere da lì a poco.

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