Vittore, daltro canto, ritenne dapprima innocue le timide visite di Naila al mercato, e successivamente, ormai preso da quella costante presenza, non seppe né volle più respingerle in cuor suo.
Così Naila imparò a disfarsi della presenza della serva e Vittore cominciò ad invitare la sorella delleunuco del Re ad incontrarsi in luoghi più appartati e ad orari in cui era più difficile essere visti.
I primi giorni di novembre la coscienza di Naila parlò poi per la prima volta al suo buon senso. Fu allora che comprese che la presenza dei cospiranti in casa sua avrebbe potuto minacciare la vita di Vittore e che lamore con luomo delle conchiglie avrebbe potuto compromettere la posizione di Amjad tra coloro che seguivano la rivolta. Decise perciò di disfarsi della cosa a cui le era più facile rinunciare e pose fine alle riunioni del fratello. Tuttavia, nascondere qualcosa a Palermo, città in cui a tutte le ore e i luoghi vi erano occhi indiscreti ed orecchie testimoni, era impossibile Le cose erano andate storte e lamore di Naila e Vittore aveva innescato la gelosia di Amjad.
Capitolo 13
Notte del 10 Novembre A.D. 1160, Balermus
Ignaro di quale sorte fosse toccata alla sua amata, Vittore fece un passo avanti verso Majone e richiese:
«Vostra Eccellenza, il greco ci ha a lungo pregato di lasciarlo andare; che avremmo riscosso da lui la nostra ricompensa. Tuttavia a noi è parso giusto onorare la legge del nostro rispettato Ammiraglio.»
Majone finì di guardare Alessio scomparire dietro langolo, dunque sorrise e rispose:
«Perché me lo dite? Non è stato forse il vostro dovere?»
«Anche gli uomini in armi di Sua Maestà assolvono il loro dovere, tuttavia ricevono il soldo.»
A ciò Majone, stizzito, guardò i suoi, i quali intanto si erano avvicinati al suo livello.
«Il nostro amico chiede il soldo dei mercenari!» esclamò, rivolgendosi proprio agli uomini della sua guardia personale.
Majone era molto nervoso a giudizio di chi lo conosceva da vicino, più del normale.
«Chiediamo solo lofferta dei poverelli» spiegò Mamiliano, volendo correggere il tiro di Vittore.
«Lofferta dei poverelli» ripeté Majone, sorridendo a sprezzo di quellaffermazione.
LAmmiraglio tirò fuori dalla tasca una manciata di monete doro e dargento e le gettò oltre i suoi interlocutori, proprio nel bel mezzo dellincrocio.
Uno della combriccola del porto si mosse per andare a raccattare quel denaro, ma Vittore lo trattenne prontamente per un braccio e commentò serio:
«Non mi sono mai inchinato a raccogliere lelemosina di nessuno! Ma avete ragione consegnare quelluomo era nostro dovere.»
Dunque il venditore di conchiglie concluse piegando un ginocchio e accennando un inchino.
«Vostra Eccellenza» salutò infine prima di congedarsi.
«Te lavevamo detto che non avremmo dovuto avere a che fare con lAmmiraglio.» commentò Duccio a bassa voce non appena ebbero girato le spalle.
Vittore intanto stringeva i pugni.
«Pagherò vostra sorella Vittore, venditore di conchiglie!» urlò uno di quelli che stava accanto a Majone, uno che evidentemente conosceva il mercato del porto.
Lobiettivo dellAmmiraglio era quello di umiliare coloro che recalcitravano alla sua imposizione di potere; ora lasciava perciò che uno dei suoi insultasse colui che si era mostrato più coriaceo. Majone si defilava e si dirigeva verso il suo cavallo, mentre alcuni del suo seguito si avvicinavano minacciosi ai compari del porto.
«Non hai sentito, pescivendolo? Pago tua sorella!» urlò ancora quello che aveva cominciato.
Vittore si fermò.
«Lo ammazzo!» sentenziò a bassa voce.
«È già tanto che ti sia andata dritta con quelleunuco. È già tanto che non ti abbia mandato gli uomini del Re.» disse la sua Mamiliano.
Dissuaso dai suoi amici Vittore riprese il passo.
«Sappiamo dove abiti.»
Udita lultima frase, Vittore si voltò e, comprendendo che non avrebbe risolto nulla con lindifferenza, chiese:
«Che cosa volete da me?»
«Non potete rifiutare il dono di Sua Eccellenza. Raccogliete quelle monete e ringraziate la mano che ve le ha concesse.»
Vittore sapeva che dopo quel gesto lAmmiraglio e la sua guardia più fidata ne sarebbero usciti soddisfatti, nondimeno una forza più grande di lui gli impediva di piegarsi.
«È davvero poca cosa.» incoraggiò qualcuno tra i pescivendoli.
«Se la prenderanno con la tua famiglia.» aggiunse Duccio.
Vittore emise un lungo respiro e commentò bassa voce:
«Ammiraglio, è così che ti ingrazi il popolo?»
«Taci Vittore siamo solo dei poveracci! Me lo hai detto tu, ricordi?» rimproverò ancora Duccio.
Intanto Majone e il grosso del suo seguito lasciavano quel luogo per rincasare.
Ora una folata di vento colpì alle spalle Vittore, e questi avvertì come la sensazione che sulla piazza restasse solo lui a fronteggiare luomo dellAmmiraglio.
«Se non conoscessi la vostra natura linfamia di quelli che derubano chi già non ha e maltrattano chi non può difendersi se non fossi sicuro che di fronte alla sconfitta cerchereste soddisfazione sui miei cari allora vi proporrei un duello Anche se non so se avreste il coraggio di accettare!» sfidò luomo delle conchiglie.
«Non vi sarebbe più facile raccogliere quel denaro?» chiese perplesso il soldato che scortava il primo ministro, il quale quella sera non aveva proprio voglia di far scorrere del sangue.
«Mi sarebbe più facile se voi mi lasciaste andare in pace. Altrimenti sarebbe più conveniente che voi non mi incontriate mai in unaltra circostanza da solo, in altri abiti e senza la possibilità che qualcuno si rivalga sulla mia casa.» spiegò e minacciò Vittore, consapevole che in qualunque caso quella sera ne sarebbe uscito sconfitto, ma non volendo comunque far passare la cosa come una ritirata.
«Quando potrete permettervi una spada forse» rispose provocatoriamente laltro, ridacchiando per sottolineare la differenza sociale che intercorreva tra loro due.
«Io impugno il coltello da pescivendolo; battetevi ad armi pari e vi farò vedere!»
Mentre lansia saliva tra quelli del porto e tra gli uomini dellAmmiraglio aumentava la consapevolezza che Vittore facesse sul serio, dallangolo della via che costeggia le mura più esterne del Palazzo Reale cominciò a presentarsi un folto numero di uomini in armi e a cavallo. Laspetto di questi era nobile e landatura con la quale spronavano i propri destrieri sicura. Linconsueta presenza di quei tizi fece rimandare duelli e malumori a quelli che se ne stavano già sullincrocio opposto.
Una parte dei nuovi giunti si avvicinò perciò agli uomini dellAmmiraglio ed uno disse a gran voce:
«Dichiaro Majone di Bari decaduto! Lepoca dei tiranni è finita! Da che parte state?»
Gli uomini dellAmmiraglio, dal basso della loro posizione di appiedati, si guardarono lun laltro. Era chiaro che contro i nuovi non avrebbero prevalso.
«Risparmiateci le vite, Signori!» implorò terrorizzato il tizio che finora si era mostrato tracotante con Vittore.
La spada gettata sul selciato fu il segno lampante della frettolosa resa degli scagnozzi di Majone.
«E voi, da che parte state?» chiese sempre lo stesso a Vittore.
«Abbasso la tirannia! A morte Majone!» gridò tutto dun fiato il venditore di conchiglie, come a volersi liberare di tutta la tensione accumulata finora.
«Bene! Alla porta di SantAgata anche voi!» concluse il tipo a cavallo.
Vittore non aveva la men che minima idea di cosa stesse succedendo, tuttavia, comprendendo che quello fosse un comodo pretesto per risolvere la questione con i tirapiedi di Majone senza cedere e umiliarsi, corse alla spada gettata dalluomo dellAmmiraglio e la raccolse. Gli altri dei suoi fecero lo stesso con le armi gettate dagli sconfitti. Nessuno degnò più le guardie di Majone dattenzione.