Alessandro Ziliotto - Oltre Il Limite Della Legalità стр 3.

Шрифт
Фон

Che caldo faceva. Sudavo e non ne capivo il motivo, e dire che la temperatura non era così alta. Non riuscivo a vedere granché, ma controllai ciò che indossavo. Una camicia a quadrettoni rossi neri e bianchi completamente aperta, con una t-shirt, un tempo bianca, leggermente alzata da far si che la pancetta prendesse un po daria, mentre dallombelico in giù avevo calzati un paio di jeans Diesel e un paio di Nike dei tempi migliori, oramai arrivati anche loro alla frutta.

Dopo non pochi sforzi mi ritrovai gattoni, a guardare senza motivo il pavimento. Ma che diavolo stavo facendo? Ricominciai a ridere. La risata venne subito interrotta da dei colpi di tosse, e la tosse venne interrotta da degli sforzi provenienti dal basso addome, e come se fosse cosa di tutti i giorni, mi ritrovai a vomitare come un cretino. Per quel poco che potevo vedere era solamente acqua, ricca di succhi gastrici, e a quanto sembrava, lultimo pasto non era stato così abbondante, visto che in mezzo a quella gelatina non cera nulla di solido e che apparentemente assomigliasse a qualcosa di commestibile. Finita quella patetica commedia, mi spinsi leggermente verso destra, con le poche energie che ero riuscito a racimolare, finendo nuovamente sul materasso poggiato a terra. Cercavo di pensare, ma tutto ciò che mi veniva in mente era quellassodante frastuono che mi rimbombava nella capoccia.

Da sdraiato aprii gli occhi fissando il soffitto, e il primo pensiero che mi si era materializzato nella testa fu: ma come cazzo ho fatto a ridurmi in questo stato? Porca miseria sono Enrico Del Nero, devo reagire, non posso ridurmi in queste condizioni tutti i santi giorni, devo trovare una soluzione per uscire da questo baratro in cui sto sprofondando giorno dopo giorno. Forte di queste convinzioni, e senza non pochi sforzi, riuscii a sedermi e successivamente ad alzarmi in piedi. Cominciai a guardarmi un po intorno per capire dove mi trovavo, ma oltre a barcollare un po a destra e a sinistra, non riuscivo a dare una collocazione al posto nel quale avevo passato la notte. Decine di colonne bianche si alzavano andando a sostenere quellampio spazio che si manifestava di fronte ai miei occhi. Cercando di mantenere lequilibrio, girandomi lentamente su me stesso, mi accorsi che proprio nel punto ove erano rivolte le mie spalle sino a qualche secondo prima, cera la spiegazione alla mia prematura sveglia. Unampia vetrata svettava dietro di me, lasciando trapassare miliardi di raggi solari che perforavano quel dannato minerale del quale era composta, rovinando la giornata a un poveraccio che desiderava solamente riposare in pace cullato dal suo mal di testa e dalla sbornia non ancora smaltita. Visto che oramai mi trovavo in piedi e molti metodi per coprire quella dannata finestra non cerano, se non spegnere il sole, mi avvicinai al vetro per capire almeno se riuscivo a comprendere dove mi trovavo. Ai miei primi passi risposero delle monete che caddero a terra, procurando un fastidioso rumore metallico che tanto odiavo, anche perché: che diavolo me ne facevo di pochi spiccioli? Arrivato nei pressi di una colonna, mi appoggiai per avere un po di sostegno, considerato che la testa continuava a girarmi alla velocità di una trottola. Con lavambraccio posato al supporto e la fronte spiaccicataci sopra, cercavo di rimanere in piedi. La situazione era alquanto difficile. Per un attimo avevo chiuso gli occhi, quando lì riaprii per non scivolare a terra, mi trovai a tu per tu con il musetto di un topo, il quale sbucava da un foro presente sulla colonna. A risposta del suo simpatico squittio, gli vomitai addosso. Non avevo avuto nemmeno il tempo di pensare o focalizzare che cosa stava accadendo, che quello stimolo mi venne naturale, imbrattando lui e la sua povera tana. Non curante di quella sporca creatura, proseguii il mio duro cammino sino alla destinazione prefissata, sebbene con non poche difficoltà. Arrivato al balcone della finestra, mi cero appoggiato di peso, quasi avessi fatto una maratona e quello era larrivo; avevo sete, una dannata sete. Forse non avevo bevuto abbastanza la sera precedente, pensai. Accennai nuovamente un sorriso, che venne subito placato da unaltra colata di vomito. Una fitta mi prese alla pancia e come un ventaglio mi piegai in due dal dolore, quasi fossi un adolescente alla sua prima sbornia; ma che diavolo avevo mai bevuto per ridurmi in quelle condizioni? Non me lo ricordavo proprio, anche se oramai sarebbe stato alquanto superfluo scoprirlo. Grazie a Dio le fitte erano terminate, cercai quindi di riprendere il controllo del mio corpo, sebbene ero consapevole che fosse impossibile. Mi riaffacciai comunque alla finestra e cercando di guardare fuori, involontariamente andai a sbattere con il viso contro la lastra di vetro. Questultima aveva una patina dunto mista polvere; una schifezza che mi si era spiaccicata addosso. Cercai di esercitare una leggera forza sulla maniglia, ma di primo acchito, oltre a vederla leggermente arrugginita, compresi che con le energie che possedevo in quel momento non sarei mai riuscito ad aprirla. Mi guardai un po intorno cercando di capire dove mi trovavo; inizialmente quel luogo ampio e vuoto, sembrava linterno di una fabbrica abbandonata, non mi era molto famigliare, e le decine di colonne portanti, non maiutavano a capire di che posto si trattasse, sebbene fossero ricoperte quasi completamente da dei graffiti grossolani, come del resto, lo erano anche parti delle pareti perimetrali. Il suo inutilizzo per mia fortuna, era palese, sebbene la ditta che aveva abbandonato quella struttura aveva accantonato diversi macchinari, in attesa di una nuova apertura, ipotizzai. Idea alquanto remota considerata la presenza di numerose bottiglie di vetro rotte, immondizia, un paio di materassi e pezzi di cartoni sistemati qua e là, con delle coperte lacerate posate sopra. Coinquilini pensai, sebbene la presenza di tutta quellimmondizia avrebbe facilitato larrivo dei parenti di quel roditore. Non ne comprendevo il motivo ma mi stava simpatico, tanto da battezzarlo topo Gigio vomitino. Una riflessione mi sfiorò la mente, per poi scivolare subito via: tutta quella situazione che stavo vivendo, la perdita del lavoro, il ritrovarmi a dormire in un edificio abbandonato, non era di certo il massimo della vita, però ero libero, senza alcun pensiero o preoccupazione, e nessun orario da rispettare o impegno al quale mi sarei dovuto presentare, libertà allo stato puro.

Il dolore alla testa continuava ad aumentare e il momento daffrontare il mondo esterno, per oggi, dal mio punto di vista, non era ancora arrivato. Barcollando ritornai al punto di partenza crollando a terra, non prima però daver racimolato un foglio di giornale da posare sopra il viso, riprendendo così a dormire, con la speranza che al risveglio le mie condizioni sarebbero state migliori.

Non so per quanto tempo assecondai i miei sensi, anche se ipotizzavo per diverse ore, visto che scostando il foglio di giornale, la luce del giorno non filtrava più dalle finestre. Aprii gli occhi e a stento riuscii a vedere lambiente che mi circondava. Questa volta non era a causa della vista appannata, bensì del buio dal quale ero stato invaso nel sonno. Ad aiutarmi cerano i fari delle autovetture che transitavano per le strade adiacenti al fabbricato, le quali con il loro riflesso, mi permettevano, sebbene a intermittenza, di conoscere il terreno sul quale avrei posato i piedi.

Decisi quindi di rialzarmi e uscire da lì. Ora che guardavo intorno però un interrogativo mi giungeva naturale, ma dovera luscita? Rimasi immobile a osservare, ma non riuscivo a individuarla. Il mal di testa andava lentamente scemando. La mente si era messa in moto ma il mondo leggermente sbiadito che mi circondava non maiutava per niente. Era come se stessi guardando un film degli anni settanta alla tv, e in tutto questo, nessun elemento riusciva a farmi individuare ciò che cercavo. Mavvicinai a quella che sembrava una porta, ma non appena provai ad azionarne la maniglia e a tirare verso di me, maccorsi che era bloccata con una spessa catena aggrovigliata alle maniglie antipanico, ed un lucchetto a bloccarla. Provai con unaltra porta, ma la storia era sempre uguale. Mi ritrovai così a girovagare per la fabbrica in cerca di unuscita. Passai vicino a quello che un tempo doveva essere stato un ufficio, o qualcosa predisposto per esserlo. Sembrava la classica stanza ricava allinterno di quellimmensa struttura per avere un po di tranquillità e conservare le scartoffie dellazienda, senza ritrovarsele sparse per tutta la ditta. Passando accanto alla porta, i cui infissi erano stati divelti, mi accorsi che una tenue luce arancione illuminava il suo interno. Non si vedeva gran che, ma tanto bastava ai miei occhi per scovare unapertura, magari la stessa dalla quale ero entrato. Una volta allinterno, cominciai a guardarmi un po intorno per scovare la fonte del chiarore. Le pareti laterali erano completamente intatte, prive di qualsiasi finestra. Trovandomi senza alternativa, alzai la testa, constatando che sul soffitto cera un foro. Era stato fatto grossolanamente con un martello, considerati i margini tuttaltro che simmetrici e levigati. Da quel foro, che prendeva forma vicino alla parete laterale, vi era una scala di ferro, la quale permetteva laccesso al piano superiore. Visto che i miei impegni per le prossime ore non erano così alettanti allinterno di quello stabile, illuminando il display del mio Casio nero anni 90, comperato da un cinese a poco meno di dieci euro, controllai lora, 22.30, dopo di che mi avventurai su per quella scala, accedendo così al soffitto della stanza. Una volta raggiunto il tetto, mi trovai di fronte ad una finestra aperta, o meglio, i vetri erano stati rimossi dallintelaiatura dellinfisso, e si poteva utilizzare questo difetto come accesso, visto che dava direttamente alla scala antincendio.

Ваша оценка очень важна

0
Шрифт
Фон

Помогите Вашим друзьям узнать о библиотеке

Скачать книгу

Если нет возможности читать онлайн, скачайте книгу файлом для электронной книжки и читайте офлайн.

fb2.zip txt txt.zip rtf.zip a4.pdf a6.pdf mobi.prc epub ios.epub fb3