Sì.
E tacemmo, per prolungare la nostra commozione, per conservare la nostra illusione. Sapevamo ambedue il significato profondo che nascondevano quelle poche parole scambiate sottovoce. Un acuto istinto ci avvertiva di non insistere, di non definire, di non andare oltre. Se avessimo parlato ancóra, ci saremmo trovati davanti alle realtà inconciliabili con lillusione in cui le nostre anime respiravano e a poco a poco sintorpidivano deliziosamente.
Quel torpore favoriva i sogni, favoriva gli oblii. Passammo un intero pomeriggio quasi sempre soli, leggendo a intervalli, chinandoci insieme su la stessa pagina, seguendo con gli occhi la stessa riga. Avevamo là qualche libro di poesia; e noi davamo ai versi una intensità di significato, che non avevano. Muti, ci parlavamo per la bocca di quel poeta affabile. Io segnavo con lunghia le strofe che parevano rispondere al mio sentimento non rivelato.
Tu potresti dimenticare?
Ella mi chiuse la bocca, e pronunziò la sua gran parola:
Silenzio.
Entrò mia madre annunziando la visita della signora Tàlice, in quel punto. Io lessi nel volto di Giuliana il fastidio, e anchio fui preso da unirritazione sorda contro limportuna. Giuliana sospirò:
Oh mio Dio!
Dille che Giuliana riposa io suggerii a mia madre con un accento quasi supplichevole.
Ella mi accennò che la visitatrice aspettava nella stanza contigua. Bisognò riceverla.
Questa signora Tàlice era duna loquacità maligna e stucchevole. Mi guardava di tratto in tratto con unaria curiosa. Come mia madre per caso, nel corso della conversazione, disse chio tenevo compagnia alla convalescente dalla mattina alla sera quasi di continuo, la signora Tàlice esclamò con un tono dironia manifesta, guardandomi:
Che marito perfetto!
La mia irritazione crebbe così che mi risolsi,
con un pretesto qualunque, ad andarmene.
Uscii di casa. Incontrai per le scale Maria e Natalia che tornavano accompagnate dalla governante. Mi assalirono secondo il solito, con uninfinità di moine; e Maria, la maggiore, mi diede alcune lettere che aveva prese dal portiere. Tra queste riconobbi sùbito la lettera dellAssente. E allora mi sottrassi alle moine, quasi con impazienza. Giunto su la strada, mi soffermai per leggere.
Era una lettera breve ma appassionata, con due o tre frasi duna eccessiva acutezza, quali sapeva trovare Teresa per agitarmi. Ella mi faceva sapere che sarebbe stata a Firenze tra il 20 e il 25 del mese e che avrebbe voluto incontrarmi là come laltra volta. Mi prometteva notizie più esatte pel convegno.
Tutti i fantasmi delle illusioni e delle commozioni recenti abbandonarono a un tratto il mio spirito, come i fiori dun albero scosso da una folata gagliarda. E come i fiori caduti sono per lalbero irrecuperabili, così furono per me quelle cose dellanima: mi divennero estranee. Feci uno sforzo, tentai di raccogliermi; non riuscii a nulla. Mi misi a girare per le strade, senza scopo; entrai da un pasticciere, entrai da un libraio; comprai dolci e libri macchinalmente. Scendeva il crepuscolo; saccendevano i fanali; i marciapiedi erano affollati; due o tre signore dalle loro carrozze risposero al mio saluto; passò un amico a fianco della sua amante che portava tra le mani un mazzo di rose, camminando presto e parlando e ridendo. Il soffio malefico della vita cittadina minvestì; risuscitò le mie curiosità, le mie cupidigie, le mie invidie. Arricchito in quelle settimane di continenza, il mio sangue ebbe come unaccensione subitanea. Alcune imagini mi balenarono lucidissime dentro. LAssente mi riafferrò con le parole della sua lettera. E tutto il mio desiderio andò verso di lei, senza freno.
Ma quando il primo tumulto si fu placato, mentre risalivo le scale della mia casa, compresi tutta la gravità di quel che era accaduto, di quel che avevo fatto; compresi che veramente, poche ore prima, avevo riallacciato un legame, avevo obbligata la mia fede, avevo data una promessa, una promessa tacita ma solenne a una creatura ancóra debole e inferma; compresi che non avrei potuto senza infamia ritrarmi. E allora io mi rammaricai di non aver diffidato di quella commozione ingannevole, mi rammaricai di essermi troppo indugiato in quel languore sentimentale! Esaminai minutamente i miei atti e i miei detti di quel giorno, con la fredda sottigliezza dun mercante subdolo il quale cerchi un appiglio per sottrarsi alla stipulazione di un contratto già concordato. Ah, le mie ultime parole orano state troppo gravi. Quel Tu potresti dimenticare? pronunziato con quellaccento, dopo la lettura di quei versi, aveva avuto il valore di una conferma definitiva. E quel Silenzio di Giuliana era stato come un suggello.