дАннунцио Габриэле - LInnocente / Невинный. Книга для чтения на итальянском языке стр 3.

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Oh Tullio, Tullio, aiutami! aiutami!

Agghiacciato dal terrore io rimasi un minuto senza poter proferire una parola, senza poter muovere le braccia.

Che hai fatto? Che hai fatto? Giuliana! Parla, parla Che hai fatto?

Sorpresa dalla profonda alterazione della mia voce, ella si ritrasse un poco e mi guardò. Io dovevo avere la faccia più bianca e più sconvolta della sua, perché ella mi disse rapidamente, smarritamente:

Nulla, nulla. Tullio, non ti spaventare. Non è nulla, vedi Sono i miei soliti dolori Sai, è una delle solite crisi che passano. Càlmati.

Ma io, invasato dal terribile sospetto, dubitai delle sue parole. Mi pareva che tutte le cose intorno a me rivelassero lavvenimento tragico e che una voce interna mi accertasse: Per te, per te ha voluto morire. Tu, tu lhai spinta a morire. E io le presi le mani e sentii che erano fredde, e vidi scendere dalla sua fronte una goccia di sudore

No, no, tu minganni, proruppi tu minganni. Per pietà, Giuliana, anima mia, parla, parla! Dimmi: che hai Dimmi, per pietà: che hai bevuto?

E i miei occhi esterrefatti cercarono intorno, su i mobili, sul tappeto, dovunque, un indizio.

Allora ella comprese. Si lasciò cadere di nuovo sul mio petto e disse, rabbrividendo e facendomi rabbrividire, disse con la bocca contro la mia spalla (mai, mai dimenticherò laccento indefinibile), disse:

No, no, no, Tullio; no.

Ah, che cosa nelluniverso può uguagliare laccelerazione vertiginosa della nostra vita interiore? Noi rimanemmo in quellatto, nel mezzo della stanza, muti; e un mondo inconcepibilmente vasto di sentimenti e di pensieri si agitò dentro di me, in un sol punto, con una lucidità spaventevole. E se fosse stato vero? chiedeva la voce. Se fosse stato vero?

Un sussulto incessante scoteva Giuliana, contro il mio petto; ed ella ancóra teneva celata la faccia; ed io sapeva che ella, pur soffrendo ancóra nella sua povera carne, non ad altro pensava che alla possibilità del fatto da me sospettato, non ad altro pensava che al mio folle terrore. Una domanda mi salì alle labbra: Hai tu mai avuta la tentazione? E poi unaltra: Potrebbe essere che tu cedessi alla tentazione? Né luna né laltra proferii; eppure mi parve chella intendesse. Ambedue oramai eravamo dominati da quel pensiero di morte, da quellimagine di morte; ambedue eravamo entrati in una specie di esaltazione tragica, dimenticando lequivoco che laveva generata, smarrendo la conscienza della realtà. Ed ella a un tratto si mise a singhiozzare; e il suo pianto chiamò il mio pianto; e mescolammo le nostre lacrime, ahimè! che erano così calde e che non

potevano mutare il nostro destino.

Seppi, dopo, che già da alcuni mesi la travagliavano malattie complicate della matrice e dellovaia, quelle terribili malattie nascoste che turbano in una donna tutte le funzioni della vita. Il dottore, col quale volli avere un colloquio, mi fece intendere che per un lungo periodo io doveva rinunziare a qualunque contatto con la malata, anche alla più lieve delle carezze; e mi dichiarò che un nuovo parto avrebbe potuto esserle fatale.

Queste cose, pure affliggendomi, mi alleggerirono di due inquietudini: mi persuasero che io non avevo colpa nello sfiorire di Giuliana e mi diedero un modo semplice di poter giustificare davanti a mia madre la separazione di letto e gli altri mutamenti avvenuti nella mia vita domestica. Mia madre appunto era per arrivare a Roma dalla provincia, dove ella, dopo la morte di mio padre, passava la maggior parte dellanno con mio fratello Federico.

Mia madre amava molto la giovine nuora. Giuliana era veramente per lei la sposa ideale, la compagna sognata pel suo figliuolo. Ella non riconosceva al mondo una donna più bella, più dolce, più nobile di Giuliana. Ella non concepiva che io potessi desiderare altre donne, abbandonarmi in altre braccia, dormire su altri cuori. Essendo stata amata per venti anni da un uomo, sempre con la stessa devozione, con la stessa fede, sino alla morte, ella ignorava la stanchezza, il disgusto, il tradimento, tutte le miserie e tutte le ignominie che si covano nel talamo. Ella ignorava lo strazio che io avevo fatto e facevo di quella cara anima immeritevole. Ingannata dalla dissimulazione generosa di Giuliana, credeva ancóra nella nostra felicità. Guai sella avesse saputo!

Io era ancóra in quellepoca sotto il dominio di Teresa Raffo, della violenta avvelenatrice che mi dava imagine dellamasia di Menippo. Ricordate? Ricordate le parole di Apollonio a Menippo nel poema inebriante? O beau jeune homme, tu caresses un serpent; un serpent te caresse!

Il caso mi favorì. Per la morte duna zia, Teresa fu costretta ad allontanarsi da Roma e a rimanere assente qualche tempo. Io potei con una insolita assiduità presso mia moglie riempire il gran vuoto che la Biondissima partendo lasciava nelle mie giornate. E non era ancóra svanito in me il turbamento di quella sera; e qualche cosa di nuovo, indefinibile, da qualche sera ondeggiava tra me e Giuliana.

Poiché le sofferenze fisiche di lei aumentavano, io e mia madre potemmo con molta fatica ottenere che ella si sottoponesse alloperazione chirurgica richiesta dal suo stato. Loperazione portava per seguito trenta o quaranta giorni di assoluto riposo nel letto e una convalescenza prudente. Già la povera malata aveva i nervi estremamente indeboliti ed irritabili. I preparativi lunghi e fastidiosi la estenuarono e la esasperarono al punto che ella più duna volta tentò di gittarsi giù dal letto, di ribellarsi, di sottrarsi a quel supplizio brutale che la violava, che lumiliava, che lavviliva

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