Improvvisamente, come un esperto attore, cambiò strategia. Smise di urlare e si buttò ai piedi della regina. Con le sue tozze mani le afferrò la caviglia destra e la strinse forte al suo petto, nellultimo, disperato tentativo, di commuoverla e farle cambiare idea.
Madre non mi lasciare qui da solo portami a casa con te iniziò a supplicarla piangendo.
Il mio destino non è questo io non sarò mai il Sultano di questisola brutta e inospitale. Il mio destino è quello di diventare il re di Astagatt. Non mettere il nostro amato regno nelle mani di mio fratello quello stupido quello sciocco che sa amare solo i suoi ridicoli libri di storia. Io sono il destino di Astagatt!! Madre non soccombere ai desideri del re aiutami a tornare a casa non abbandonarmi tra gente sconosciuta e ostile.
La regina Adeela lo guardò con aria severa e indignata, tirò via il suo piede dalle forti e possenti mani del figlio e, con piglio autoritario, lo rimproverò energicamente: Akhmed il tuo tempo è arrivato. Sii uomo comportati da futuro sovrano. Fai in modo che tutti noi un giorno potremo essere fieri di te. Dovrai essere desempio per tutti e farai in modo di non far ricadere la vergogna sulla tua famiglia. Sii forte un anno passa velocemente. Ti prometto che con larrivo della prossima estate», ma la regina non fece in tempo a finire la frase che Akhmed si era già rialzato e ricomposto. Con un gesto deciso della mano, fece segno alla madre di aver compreso il suo discorso.
Va bene madre mi fido di te come sempre!, replicò il principe ormai rassegnato allinevitabile.
È vero il tempo passa rapidamente e un anno corre in fretta. Troverò sicuramente qualcosa dinteressante da fare su questa stupida isola ma se non ti rivedrò qui la prossima estate sappi che farò il diavolo a quattro per ritornare ad Astagatt e destino o non destino lì resterò per sempre.
Il re, che fino a quel momento non era intervenuto ed era rimasto in disparte, fece un segnale con la testa alla regina per farle capire che il tempo era scaduto.
I genitori abbracciarono affettuosamente Akhmed e si diressero verso il porto per imbarcarsi sulla nave ammiraglia Glorius e fare ritorno a casa.
Tutta Astagatt stava aspettando, con ansia, il ritorno della flotta.
Capitolo sesto
IL LIBRO DEI RICORDI
La grande flotta imperiale era partita per lisola di Cora già da due settimane. Con la vendita del suo prezioso carico, la rara spezia Vergara, gli abitanti dellisola di Astagatt avrebbero trascorso un anno tranquillo e sereno, almeno economicamente. Ma un cattivo presagio aleggiava nellaria.
Era una notte senza luna e loscurità si era impossessata dellintera isola, avvolgendola in una stretta morsa. Stranamente anche il vento dellest aveva ripreso a soffiare con vigore e una pioggia torrenziale tintinnava con forza sui vetri della camera da letto di Amir.
Il rumore della tempesta si faceva sempre più forte e il giovane principe, al lume delle candele, non riusciva a dormire. Se ne stava seduto sul letto, immobile, con le gambe incrociate e con lo sguardo fisso sulla parete. Sperava, in cuor suo, che la Grande Flotta fosse rimasta saldamente ancorata nel porto di Cora.
Le condizioni del vento erano troppo rischiose per tentare di attraversare la Grande barriera dacqua.
Amir provò a liberarsi di tutti i cattivi pensieri.
Si sollevò in piedi sul letto e cominciò a saltellare, sempre più forte e sempre più in alto, fino a quando, con il rumore tipico di legni rotti, il suo enorme letto si accasciò sul pavimento con un grande frastuono. Le due guardie imperiali che, fino a quel momento, avevano sonnecchiato davanti alla sua porta, si precipitarono dentro la stanza con la spada sguainata. Immediatamente si resero conto del falso allarme e trassero un profondo sospiro di sollievo. Videro che il principe Amir, disteso ai piedi del letto, rideva a crepapelle.
Ciao ragazzi», saffrettò ad esclamare, scusatemi ma questa notte non riesco proprio a dormire. Non sapevo cosa fare e mi sono messo a saltellare sul letto era divertente ma come potete vedere questo è il risultato.
Per farmi perdonare», continuò il principe, mi accompagnerete giù nelle cucine dove vi farò gustare le mie buonissime ciambelle con miele e Vergara Oggi ne ho mangiate tantissime ma credo di averne lasciate in dispensa ancora abbastanza per soddisfare qualunque improvviso assalto di fame notturna.
I tre si diressero, con passi decisi, fuori dalla camera da letto.
Il principe indossava ancora il lungo camicione bianco con cui era andato a dormire la sera prima e che gli arrivava fin sulle caviglie. Con il suo metro e ottanta camminava impettito ma stretto in mezzo ai due enormi soldati della guardia imperiale. Questi lo sovrastavano di almeno dieci centimetri, perfetti nelle loro impeccabili uniformi dordinanza.
Per arrivare alle cucine bisognava percorrere il corridoio che dava anche sulla grande biblioteca reale. Giunti nei suoi pressi il principe ebbe un sussulto e si fermò di scatto. Allimprovviso, dal suo angelico volto sparì quel tenero sorriso che lo aveva accompagnato fino a quel momento e, assunto un atteggiamento serio, con tono perentorio, ordinò ai suoi due improbabili compagni davventura di aprire la porta della biblioteca.
Ma noi non abbiamo le chiavi solo il Capo Bibliotecario può farlo», i due corazzieri saffrettarono a replicare, per nulla intimoriti dallo sguardo severo del ragazzo.
Va bene allora farò da solo ma dovete giurarmi di non rivelare a nessuno il mio segreto nemmeno al re e alla regina quando faranno ritorno ad Astagatt. Quello che state per vedere non sarà mai successo e adesso giurate sul vostro onore d soldati!
I due militari si guardarono perplessi ma Amir era pur sempre il loro principe ed il futuro sovrano del regno. Senza perdere altro tempo, uno dopo laltro, ripeterono ad alta voce: Lo giuro!.
Amir singinocchiò e, con estrema cautela, spostò un piccolo pezzo di marmo che ornava il bellissimo pavimento del corridoio. Da un piccolo foro, delicatamente, ne estrasse un sacchetto. Quindi, con il tipico atteggiamento di ladro esperto, tirò fuori una chiave doro. In pochi istanti aprì lenorme porta di legno massiccio della biblioteca ed entrò dentro, mentre i due militari furono lasciati fuori di guardia.
Lenorme sala della biblioteca era perfettamente illuminata.
In ogni suo angolo si potevano scorgere centinaia di grandi candele, anche a gruppi di dieci per volta, sistemate con cura nei punti più strategici.
Per evitare il pericolo che potesse scoppiare un incendio erano state raccolte su splendidi lampadari sotto i quali si potevano notare dei grandi vassoi di bronzo che raccoglievano la cera che si fondeva lentamente. Con questo semplice stratagemma nessun libro correva il rischio di essere, anche accidentalmente, colpito dal fuoco. In ogni caso, la sicurezza della biblioteca era garantita da dodici bibliotecari che si alternavano al controllo della sala.
Il capo bibliotecario, Ermes il greco, era perfettamente a conoscenza delle intrusioni notturne di Amir in quanto lo aveva sorpreso, più di una volta, a sfogliare con curiosità i volumi che raccontavano la storia dellarcipelago e dei suoi stessi avi.
Qualche volta se ne era lamentato con lo stesso re Mohammed ma spesso faceva finta di niente purché il principe, dopo la lettura, rimettesse esattamente al loro posto ogni libro consultato.
Ormai erano quasi le due di notte e fuori continuava ad infuriare una tempesta tropicale, con il vento e la pioggia sempre più forti e impetuosi.