Partenza per lisola di Cora (Amir saluta i genitori e il fratello Akhmed)
Tutti quelli che avevano a disposizione un piccolo pezzetto di terra coltivavano la radice di Vergara.
In questo modo, non solo la nobiltà, ma anche ogni singolo e intraprendente abitante poteva trarre profitto affidando il proprio prezioso carico nelle competenti e capaci mani del Ministro degli Affari Esteri e della Casa Reale: Idris al-Shafi.
Tutte le navi commerciali, al seguito della flotta reale, erano sotto la sua personale responsabilità. Ogni carico di Vergara, anche il più piccolo, veniva annotato in un apposito registro con il nome del produttore, a cui veniva assegnato un numero personalizzato con il peso e il nome della nave sul quale era imbarcato. Lorganizzazione del ministro al-Shafi era molto efficiente e nulla sfuggiva al suo vigile controllo. Poiché tutte le navi potevano superare la Barriera del Muro dacqua solo per pochi giorni allanno, la flotta reale faceva scalo, per motivi logistici, sullisola più vicina: Cora.
Fu qui che il re Mohammed, durante una visita di cortesia al Sultano Modaffer III (Akhmed Al Kebir), conobbe la sua futura moglie e regina. Adeele era la figlia maggiore del sultano e il padre fu ben contento che i due provassero una reciproca e irresistibile attrazione.
Il loro matrimonio assicurò al vecchio Modaffer III diversi vantaggi. Innanzitutto, si imparentava con la potente famiglia regnante lisola di Astagatt e, in questo modo, trasformava lisola di Cora in un centro di commercio internazionale della rara pianta Vergara.
Con il matrimonio di sua figlia il furbo sovrano aveva assicurato al suo popolo un luminoso e prospero futuro economico. Infatti, per ogni carico di Vergara sbarcato sullisola di Cora, il sultano impose una speciale tassa doganale.
Ma allennesimo aumento di questa impopolare tassa ricevette le energiche proteste diplomatiche del potente e rispettato Idris al-Shafi.
Il ministro, eseguendo gli ordini di re Mohammed, promise al sultano che, in caso di mancata cancellazione dellultimo aumento della tassa doganale, la flotta reale di Astagatt non sarebbe entrata nel porto di Cora e si sarebbe ancorata al largo, ben oltre il limite delle acque territoriali dellisola.
Il Sultano Modaffer III, conoscendo il carattere fermo e irascibile del ministro Idris al-Shafi, ben presto si rese conto che la sua fame di ricchezza, la sua incontrollabile avidità, aveva creato una pericolosa crisi diplomatica e commerciale tra le due isole.
La radice di Vergara, oggetto del desiderio di tutti i popoli delle terre emerse, proprio perché rara, era ricercatissima e, praticamente, si vendeva da sola.
Di questo ne era ben consapevole il sultano.
Infatti, benché la flotta reale di Astagatt fosse rimasta ad aspettare tutto il giorno in mare aperto, ciò non aveva scoraggiato i numerosi acquirenti che erano arrivati da ogni angolo delloceano Pacifico.
Il Sultano Modaffer III, mostrando assoluto senso pratico e fiuto per gli affari, decise di ritornare sui suoi passi. In ogni caso, per non perdere la faccia davanti al suo popolo, decretò, unilateralmente, che limporto della tassa speciale sulla radice di Vergara sarebbe stata decisa, di anno in anno, da un apposito consiglio composto dai membri di entrambe le due isole ma da lui presieduto.
Il compromesso escogitato dal sultano produsse gli effetti sperati e la flotta di Astagatt, finalmente, attraccò nel porto di Cora.
Modaffer III, per festeggiare lavvenimento e dare un segno della sua potenza, fece allestire unimponente cerimonia ufficiale, con tanto di esercito schierato in parata, alla quale presero parte entrambi i sovrani. Laccordo venne firmato solennemente e, da quel momento, cessò ogni forma di disputa commerciale tra i due regni.
Lo stratagemma del Ministro Idris al-Shafi aveva funzionato e, nonostante non fosse stata cancellata lodiata tassa, era riuscito a far cessare i continui soprusi del Sultano ed a stabilizzare i traffici commerciali tra le rispettive isole.
Tra tutti i viaggiatori della flotta di Astagatt, la regina Adeela era la più entusiasta. Desiderava rivedere suo padre, le sue sorelle e, cosa ancora più gradita, tutti i posti dove aveva trascorso la sua infanzia e parte della sua gioventù. Più di ogni altra cosa le mancava il gigantesco e bellissimo orto botanico dove, fin da bambina, aveva ammirato fiori e piante provenienti da tutto il mondo conosciuto.
Durante la sua adolescenza, in quello splendido giardino a cielo aperto, aveva vissuto la sua intensa storia damore con ladorato marito Mohammed. Insieme avevano trascorso intere giornate a passeggiare mano nella mano e, complice una gigantesca pianta di Palmira, proprio in quel posto si erano scambiati il loro primo e tenero bacio, al riparo da sguardi indiscreti.
Anche Akhmed era curioso di rivedere suo nonno e tutti i suoi numerosi parenti perché sapeva che un giorno, alla morte del sultano, sarebbe diventato il padrone incontrastato dellisola di Cora. Nella sua testa già si affollavano piani stravaganti o rischiose imprese da realizzare in un prossimo futuro. Il suo carattere ribelle lo condizionava in tutto quello che faceva e diceva.
Perfino durante il breve viaggio fino a Cora aveva avuto il tempo di litigare con alcuni sottufficiali della nave Glorius che, secondo il suo modesto parere, non eseguivano a regola darte gli ordini impartiti dal loro comandante.
Dopo la miracolosa salvezza dal naufragio si sentiva invincibile, quasi immortale. In cuor suo credeva che il destino lo avesse risparmiato per offrirgli un futuro fatto di grandi imprese.
Dal naufragio era solito ripetere al fratello Amir: Un giorno il mio nome sarà temuto e rispettato non solo qui ad Astagatt o sullIsola di Cora ma in tutto larcipelago. Spazzerò via senza pietà chiunque si metterà sulla mia strada chiunque sarà un ostacolo tra me e i miei piani e non avrò pietà né degli amici né dei parenti.
I giorni di vacanza sullIsola di Cora trascorsero serenamente tra feste, balli a corte, e lunghe nuotate nel meraviglioso mare corallino.
Il re Mohammed, quando gli fu comunicato che tutto il prezioso carico della radice di Vergara era stato venduto, convocò il vice ammiraglio Abdul-Lateef Kafer e gli ordinò di far preparare la flotta per limminente partenza.
Finalmente era giunto il tempo di tornare a casa.
Prima di ritornare sulla nave ammiraglia Glorius, al momento del commiato, i sovrani Mohammed e Adeela convocarono il figlio Akhmed per un colloquio riservato.
Caro figlio, esordì il re con la voce commossa, è giunto il momento tanto atteso quello per il quale in tutti questi anni sei stato addestrato. Il tuo destino è scritto da tempo sarai il principe ereditario dellisola di Cora siederai alla destra del Sultano in tutte le occasioni ufficiali e alla sua morte salirai al trono.
Akhmed, dopo avere ascoltato in silenzio le parole del padre, divenne improvvisamente rosso in volto e, come in preda allira, si rivolse alla regina Adeela: Tu madre anche tu dunque alla fine mi tradisci!!.
Iniziò a urlare e ad agitarsi come un selvaggio qualunque, cercando di dare lennesima cattiva dimostrazione, ai suoi illustri genitori, di quanto fosse poco adatto al ruolo che gli avevano riservato.
Inoltre, cercò di togliersi da dosso tutti i ridicoli vestiti da cerimonia come lui spesso, in modo sprezzante e offensivo, si divertiva ad apostrofarli. Ma ben presto si rese conto che la sua inutile sceneggiata non stava dando i risultati sperati.