"Begni possedeva un'enoteca in città,” spiegò Danilo. "L'ha venduta qualche anno fa e ha iniziato a seguire la sua passione, ovvero la storia enologica di questa regione. È la persona di riferimento per tutti gli antiquari e i rivenditori di vino, un consulente e uno storico con ottime conoscenze.”
Olivia poteva ben immaginare quanto potessero essere preziose informazioni del genere. Ma Begni sarebbe stato in grado di dare un senso al frammento di vetro dalla forma particolare ma così piccolo che Olivia aveva dissotterrato?
Tirò fuori dalla sportina il fagotto avvolto nella carta, rendendosi conto di quanto fosse leggero. Il vetro era quasi inesistente. Molto probabilmente sarebbe stata una richiesta infruttuosa, forse però quel guru avrebbe condiviso con lei un po’ delle sue conoscenze. Così sarebbe valsa ancora di più la pena andare fin lì.
"Mettilo qui, e vediamo cos’hai trovato,” disse Begni, indicando un tappetino bianco sul tavolo, con una luce posizionata al di sopra.
Olivia posò il frammento sul tappetino.
Usando una salvietta morbida imbevuta di un liquido dall'odore acre, Begni ripulì il frammento. Olivia rimase stupita dall'intensità del colore che rivelò. Nel bagliore della luce, il vetro screziato proiettava chiazze verde chiaro e scuro sul tappetino bianco.
Fischiettando tra sé, Begni allungò la mano sotto la scrivania e prese un enorme raccoglitore ad anelli. Esaminò i divisori in cartoncino, fino a trovare quello che voleva.
Quando raggiunse la pagina, il suo fischiettio si tramutò da melodia intonata a qualcosa che sembrava… sì, insomma, un fischio di apprezzamento.
Olivia si morse un labbro. Era in piedi accanto a Danilo, e le loro spalle si sfiorarono quando si chinarono in avanti per guardare. Avrebbe voluto stringerlo per mano. La situazione era snervante.
"Non l'avevo mai visto prima,” annunciò Begni in tono solenne.
"È un bene o un male?” domandò Olivia con voce flebile.
"È interessante,” disse l'uomo brizzolato, prima di sfogliare di nuovo il raccoglitore.
Poi tornò alla pagina iniziale e fece un cenno deciso.
"Sedetevi. Posso offrirvi un caffè?"
Danilo andò a prendere due sedie di legno, mentre Begni preparava il caffè con una Moka in acciaio inossidabile.
Lo versò nelle tazzine e passò loro la zuccheriera. Olivia mescolò e lo sorseggiò, assaporando il sapore dolce e deciso. Si stava abituando a bere l'espresso senza panna, solo con zucchero – la maggior parte degli italiani ci metteva parecchio zucchero.
"Hai acquistato un appezzamento di terreno molto interessante,” confermò Begni. "Danilo ha detto che hai già rinvenuto una bottiglia di vino intatta, vecchia di almeno un secolo.”
Olivia annuì. Quella storica bottiglia era stata la sua prima scoperta. L'aveva mandata da un antiquario per farne restaurare l'etichetta. Dopo di che, non era sicura di cosa ne avrebbe fatto. Poteva venderla, ma era tentata di tenerla. Dopotutto, faceva parte del patrimonio della sua tenuta.
"Questo frammento è molto più antico,” spiegò Begni. "Quindi comincerò col raccontarvi un po’ di storia su come veniva conservato del vino, per il mio amico Danilo, che ha bisogno di tutta la formazione possibile.”
Danilo sorrise, evidentemente divertito dalla presa in giro.
"I romani amavano il vino, naturalmente. E lo consumavano e vendevano in quantità tali che grandi botti di legno divennero il metodo preferito per la conservazione e il trasporto. Nel corso dei secoli, scoprirono per caso che la conservazione in botti di rovere migliorava il vino, ed è per questo che oggi molte annate vengono invecchiate nel legno di rovere.”
Olivia annuì, affascinata dai fatti storici che stava imparando. Danilo aveva ragione: si stava rivelando un incontro altamente istruttivo.
"Per quantità inferiori, le brocche di terracotta o i fiaschi di argilla – le anfore – erano le uniche alternative, ma erano difficili da trasportare e non adatte a un uso a lungo termine, per cui il vino veniva raramente conservato lì dentro per lunghi periodi di tempo.”
Olivia poteva immaginarlo.
"Ma sono stati i romani a inventare il vetro, no?" obiettò Danilo, e Begni annuì, sorridendo all'amico.
"Proprio così. Mi fa piacere che tu l'abbia chiesto. Perché non usare il vetro, visto che i romani l'avevano appena inventato, e che era perfetto per la conservazione del vino? Tu lo sai, Danilo?"
Danilo scosse la testa.
"E tu, Olivia?"
Per quanto si scervellasse, non riusciva a pensare a nessuna ragione. Scosse la testa, perplessa.
"Per comprendere come mai il vetro fosse un problema, dobbiamo analizzare la mente degli antichi romani. Erano pignoli per quanto riguardava l'ordine e la precisione. Guardate le loro mappe. Guardate le loro strade, i loro eserciti e le loro leggi. Tutto doveva essere uniforme, uniforme, uniforme!" Begni agitò scherzosamente un dito mentre parlava. "Nelle prime fasi della soffiatura del vetro, nulla era uniforme. Le bottiglie artigianali venivano fuori tutte di forme e dimensioni diverse. E questo, come si può ben immaginare, faceva impazzire i romani. Non c'era modo di capire quanto vino ci stesse in ogni bottiglia! Invece dell'ordine, c'era il caos totale. Nessuno poteva commerciare in modo equo, se ogni bottiglia era unica e conteneva quantità diverse. Non riuscivano proprio a sopportarlo, la cosa li mandava completamente fuori di testa!" Si picchiettò un dito sulla tempia. "Perciò vietarono la vendita del vino in bottiglie di vetro. E fu così per tutta l'epoca romana.”
Begni batté le mani, con l'aria divertita.
"Facciamo un salto in avanti fino al Seicento. Il vetro prodotto in quel periodo era più forte, più spesso, più scuro. Il vetro scuro, naturalmente, aiutava a proteggere il vino dalla luce solare.”
Begni riempì a tutti di nuovo la tazzina di caffè, mescolando con piacere lo zucchero nella sua, e proseguì.
"Lo champagne divenne possibile grazie a questo vetro più solido. Ci vuole molta resistenza per contenere le bollicine e, soprattutto, la curva alla base della bottiglia – la "picura" – deve essere profonda e spessa per proteggere dalla pressione prodotta dallo spumante. Altrimenti… boom! Esplode la bottiglia e addio champagne.”
Olivia annuì. Adesso che ci pensava, tutte le bottiglie di spumante avevano quella pronunciata rientranza sul fondo spesso e solido. Quindi faceva parte della struttura della bottiglia, per evitare che scoppiasse per la pressione del liquido contenuto all'interno!
Begni posò la tazzina e aprì il raccoglitore, indicando alcuni disegni.
"Le bottiglie come le conosciamo oggi cominciarono a essere realizzate nel diciassettesimo secolo. Come potete vedere, all'inizio erano spesse e tozze. Proprio all'antica, no?”
Olivia sorrise. Indubbiamente, i produttori di bottiglie credevano che le loro creazioni fossero il massimo dello stile.
"Cosa li ha spinti a renderle più slanciate?” indagò Olivia.
"Beh, all'epoca si usavano già i tappi di sughero, e il contatto del liquido con il sughero era essenziale per evitare che evaporasse. Perciò i produttori modificarono la forma delle bottiglie per poterle conservare sdraiate, in modo da consentire il contatto con il sughero. Ogni zona produceva bottiglie dalla forma distintiva per differenziare il proprio vino. La Borgognona, che oggi corrisponde alla forma inclinata della maggior parte delle bottiglie da vino bianco, il Bordeaux, la tipica bottiglia di vino rosso, con la spalla più alta e più larga. Il Porto, il Riesling… se ti faccio il nome dei vini, probabilmente riesci a pensare alla bottiglia in cui sono contenuti.”