Sono stato Tecnarca di Larissa per nove anni. Gli attori veri non si aspettavano che durassi tanto a lungo. Ma gli accidenti della fortuna, lo stallo delle forze, il favore del popolo... da burattino a burattinaio.
Come sempre lâesercizio del potere crea nemici. Rancore in chi se lâè visto sfuggire di mano, invidia in chi pensa di possedere meriti superiori, e tante altre sfumature di odio.
Concepii, iniziai ad attuare un piano audace: liberare Larissa dalla cappa soffocante della sue tradizioni, dei patetici rituali che ci rendono oggetto di riso nelle città allâintorno, che ci impediscono di trarre giovamento dalle ricchezze del nostro territorio e dallâingegno del nostro popolo.
Pensavo di poter iniziare questâopera dai luoghi stessi del potere, dalla cerchia di persone che mi era più vicina, dai costumi che sovrintendono ai legami di parentela della nobiltà .
Dovete sapere questo: diventando Tecnarca mi ero fidanzato. Poiché non ero sposato, la scelta era stata quasi obbligata. La fanciulla apparteneva ad una delle famiglie che avevano stretto il patto sulla base del quale ero giunto al potere. Costei, in effetti, era solo una nipote acquisita del capo di una delle famiglie in questione: segno della considerazione in cui mi tenevano! Comunque, non devo lamentarmi: fra la nobiltà di Larissa, i matrimoni vengono combinati in funzione delle alleanze politiche. Suppongo accada in molti altri posti.
Ho detto fanciulla, ma dovrei dire bambina. Allâepoca del nostro fidanzamento lei aveva otto anni. Lâetà minima per sposarsi da noi è di quattordici, per le femmine. Per sei anni, dunque, il matrimonio rimase una promessa. Un altro trascorse nellâattesa: se lâetà minima è quattordici, il costume lâallunga normalmente di un anno. Nel frattempo, lei era cresciuta: una creatura pallida e fragile, che a fatica si poteva immaginare potesse procreare dei figli. Aveva grandi occhi neri e lâombra violacea delle vene dietro la pelle color cera. Questo è quanto ricordo di lei. Il suo nome non ha importanza.
Le facevo visita una volta alla settimana. In presenza delle sue dame di compagnia, conversavamo: del tempo, di etichetta, dei colori dei vestiti da indossare durante una caccia alla volpe, e di quelli per una gita in collina a mezza estate.
Tra le sue dame di compagnia...
Ly gettò unâocchiata alla sua donna, che arrossì leggermente.
Avrete compreso. I nostri occhi spesso si incontravano. Il suo saluto, cominciai ad immaginare, era diverso da quello che rivolgeva a chiunque altro. Giunsi ad attendere con ansia quegli incontri con la mia fidanzata!
Ly fece una lunga pausa. Poi riprese bruscamente.
In breve: diventammo amanti. Blanche ed io.
La cosa, inevitabilmente, si riseppe. Questo, di per sé, non era motivo di scandalo. A un Tecnarca, come ad ogni potente, sono consentite delle distrazioni, soprattutto se non ancora sposato, e a patto che ad esse indugi con discrezione.
Ma io e Blanche non eravamo solo amanti. Ci amavamo. E questa, questa era una inconcepibile infrazione allâetichetta!
Blanche rimase incinta. Anche questo si sarebbe potuto accomodare. Una periodo di vacanza in qualche villa di campagna... Le famiglie nobili di Larissa sono piene di bastardi.
Fu a questo punto che concepii il mio piano. Audace, folle, ingenuo: giudicate voi.
La mia politica di riforme mi aveva creato molti nemici, ma anche un seguito di sostenitori entusiasti: mercanti, cadetti, qualche nobile dalle idee aperte, letterati imbevuti di antiche dottrine, popolani che non avevano nulla da perdere. Sfidai il Senato. Ripudiai la mia promessa sposa. Contemporaneamente, proposi leggi innovative, rivoluzionarie: dal condono dei debiti, alla ridistribuzione delle terre. Fidavo nel sostegno di chi mi aveva manifestato simpatia durante gli anni di regno, e del popolo che non poteva non vedere in me un difensore, nello scarso peso familiare della mia ex-fidanzata.
Si sa: gli amici si trovano nella buona sorte, si perdono nella cattiva.
Molti che credevo fidati si tirarono indietro. Alcuni presero le parti dei miei avversari. Pochi mi rimasero fedeli. Perfino lei, la mia promessa sposa, trovò parole eloquenti per accusarmi davanti al senato. Tanto può lâorgoglio ferito; o forse qualcuno le aveva preparato il discorso.
Quanto al popolo, per lo più, rimase a guardare. Mi resi conto che per loro ero solo un nobile come gli altri, forse con idee un poâ bizzarre. Non mi avevano mai capito, né io avevo capito loro, suppongo.
Ecco, la mia storia è già finita.
Alzò le spalle.
Hanno decretato il mio esilio, sotto una qualche accusa di tradimento. I pochi amici che mi sono rimasti sono costretti a muoversi nellâombra... come nellâoccasione del vostro spettacolo. Ed ora si cerca anche la mia morte, temo. E forse quella di...
Non riuscì a continuare, forse per le lacrime, ed abbracciò la sua compagna, Blanche.
Il racconto di Lektos Ly ci lasciò grandemente commossi. Myrtilla aveva gli occhi lucidi. Gertrid abbracciò Blanche. Astrix si lisciava i baffi, e Dumpy Dum era singolarmente taciturno. Baran cercò di rincuorare Ly.
â Se davvero cercano di uccidervi, vuol dire che vi temono. Forse i vostri seguaci sono più numerosi di quanto immaginiate.
Ly sospirò. â Ahimè, non credo. Le famiglie di Larissa sono note per la pertinacia dei loro rancori, e lâacutezza dei loro sospetti.
Quanto a me, meditavo con emozione sul fato straordinario di trovarmi ad assistere ad una tragedia vera, non recitata ma vissuta! Câerano tutti gli ingredienti: scontri di potere, intrighi, amore, tradimento, morte...
Morte?
Guardai Blanche. Il suo viso portava i segni di quella bellezza stanca e tenera che è propria delle donne in attesa del loro primo figlio. Osservai Ly: la bella fronte sfigurata dalla cicatrice, che non ci aveva raccontato come si fosse procurato, e che gli dava unâespressione di fiera tristezza. Forse, pensai, era meglio che la vita non assomigliasse in tutto ad una tragedia. A quali spettatori poteva interessare un matrimonio felice, qualche figlio, una tranquilla vecchiaia, la morte nel proprio letto?
Ma se non parlava della vita, di cosa parlava la tragedia? Forse i suoi personaggi vivevano in un altro universo. In quello del mito, o del sogno, o del palcoscenico.
(27) LA LEZIONE DI BARAN
à possibile che queste riflessioni, o altre analoghe, si fossero presentate anche a Baran. Perché quella sera stessa, dopo avere abbondantemente bevuto, e forse anche per distrarre Ly e la sua compagna da pensieri più tristi, ci intrattenne con alcuni ammaestramenti sul teatro e sulla vita.
Non rammento esattamente come ci arrivò, ma ecco il succo della sua lezione, che, benché opinabile non mi pare del tutto priva di interesse.
Se volete che il pubblico pianga (iniziò Baran), è necessario innanzi tutto che gli attori piangano, e prima di loro chi ha trovato la vicenda. Vi chiederete perché abbia usato la parola âtrovatoâ e non âinventatoâ. à presto detto: creare storie in realtà è come pescare nel fiume immenso dellâesistenza umana. Poeta è chi sa scegliere lâesca migliore, e il punto esatto della corrente.
Ma cosa pesca il poeta? Parole! Nientâaltro che parole!
Questo disse Baran, e lo ripeté il naufrago venuto dal deserto, e se ben ricordate non è molto diverso da ciò che ho detto io, il vostro umile scrivano, allâinizio di questa mia relazione.
Cosa ci mette di suo, allora, il poeta? Lâordine. Lâordine è tutto. Ciò che viene prima e ciò che viene dopo. Il fiume della vita scorre confuso e torbido. Il poeta lo rende limpido, come un torrente di montagna in cui potete contare i sassi del fondo.