Tranne la morte.
A quel pensiero tutta la disperazione del mondo sembrò riversarsi dentro il suo corpo e le immagini si bloccarono su un attimo preciso: il giorno dopo il Path’s Day. La voce di Kay risuonò chiara, come se stesse pronunciando quelle parole in quello stesso istante.
“Poi ammettilo, senza di me ti annoieresti a morte”.
Si ricordò di non aver avuto tempo per replicare. Le lacrime le salirono agli occhi e scoppiò a piangere, colta dall’improvvisa certezza che ora non avrebbe più potuto risponderle.
‹‹Starò tremendamente male senza di te››, la voce di Nael era rotta dai singhiozzi. ‹‹Riposa in pace, Kayley Reese Sloan››.
Si prese il viso tra le mani, e in quello stesso istante un fortissimo dolore inatteso all’avambraccio destro la fece urlare. Il grido era carico di potere e sembrò vibrare in quella sorta di dimensione in cui era stata catturata. Un’abbagliante luce rossa stava incidendo qualcosa sul braccio della ragazza. Le mordeva la carne, la strappava e si nutriva del suo stesso sangue iniettandole dentro una nuova linfa vitale. Nael si sentiva bruciare, proprio come nell’incubo che aveva fatto.
Ebbe il timore che fosse tutta opera del Maligno, ma una certezza che partiva dal cuore la rassicurava che non era opera sua. Si trattava di una forza celestiale, pura e trasparente, mossa solo dall’amore di un essere che si faceva chiamare l’Onnipotente.
Quando tutto finì, la stanza ripiombò nella debole luce della lampada da tavolo accanto al televisore. Il corpo di Kay non c’era più. Al suo posto, era rimasto un mucchietto di cenere. Nael allungò una mano tremante verso i resti carbonizzati dell’amica. Li accarezzò con dita tremanti e una lacrima le scivolò dal viso.
La pelle del braccio destro pizzicava e le faceva male. Si guardò e vide uno strano simbolo rotondo, con dei disegni all’interno e delle scritte all’esterno. Era lo stesso del sogno.
A differenza del simbolo che aveva visto tatuato sulla schiena di Ny la sera del concerto, quello era più rassicurante. Il rosso scarlatto dei simboli trasmetteva forza e coraggio. Cercò di leggere cosa c’era scritto e restò sorpresa quando capì che quelli erano quattro nomi, e non una frase.
Il panico prese il sopravvento. Non poteva andarsene in giro con una cosa del genere tatuata, anzi, incisa sulla pelle.
Cosa avrebbe detto la gente?
Cosa avrebbero detto i suoi?
Doveva trovare il modo di nasconderla. Scattò in piedi e si guardò attorno. Sul divano trovò una felpa nera con stampato sul retro il logo dei D-Soul. Ormai era chiaro che c’entravano in quella storia ed era più che sicura fosse stato Morgan a uccidere la sua migliore amica.
Giurò a sé stessa che, se ci fosse stata l’occasione, avrebbe vendicato Kay.
Indossò la felpa in fretta e furia, anche se le disgustava l’idea di avere addosso qualcosa appartenente a quel gruppo di demoni assassini e assetati di sangue.
Guardò l’orologio, il coprifuoco ormai era già scattato da un po’ e non voleva finire torturata né dai Nia-Za, né dall’assassino di Kay. Era decisa a scappare nel primo rifugio possibile e corse verso la porta senza guardarsi indietro.
La porta si chiuse di colpo con un tonfo secco impedendole la fuga.
‹‹Dove credi di andare, bellezza?››.
Geb le bloccò le braccia con le mani e la trascinò verso il centro della stanza. Nael urlò e chiese aiuto. Cercò di divincolarsi. La stretta era troppo forte, non ce l’avrebbe mai fatta.
‹‹Urla pure quanto vuoi, non ti sentirà nessuno››, disse Male, che apparve dal nulla di fronte a lei con un pezzo di scotch in mano, pronto a tapparle la bocca.
Una forza misteriosa si impossessò del corpo di Nael. Partiva proprio dal punto esatto in cui era comparso il simbolo e le diede la forza per spingerla a combattere e non arrendersi. D’istinto la ragazza fece leva poggiando la schiena addosso a Geb e diede un calcio con entrambi i piedi sullo stomaco di Male facendolo volare fuori dal nucleo, riducendo in mille pezzi la porta di legno bianco.
Geb cadde di schiena portandosi dietro il corpo di Nael. Quando toccò il pavimento perse la presa e lei rotolò su un fianco, si alzò e scappò fuori dal varco che era riuscita a crearsi. Non ebbe il tempo necessario per stupirsi di tutta quella forza improvvisa. La sua mente, ora, era programmata su un solo comando: salvarsi la pelle.
Dopo il coprifuoco le luci della cittadella erano soffuse e tutto sembrava essersi tinto di grigio. A Nael vennero i brividi, c’era qualcosa di strano che non riusciva a capire. Qualcosa di diverso aveva preso il posto delle famigliari vie ordinate di Kali Phi.
Correva a più non posso, girando casualmente di qua e di là, nel reticolato stradale. Ad un certo punto, un grido spettrale la fece inciampare. Si rialzò e si guardò alle spalle. La sua fine era giunta, non sarebbe potuta scappare da nessuna parte. Tre Nia-Za fluttuavano a pochi metri da lei, i mantelli neri fumanti e il corpo invisibile. L’odore di zolfo le penetrò nelle narici. Rimase a bocca aperta a guardare quelle specie di spettri dell’inferno.
Era la prima volta che li vedeva e, forse, sarebbe stata anche l’ultima.
CAPITOLO 6
VIE DI FUGA
Il corpo di Nael sembrava pesare tonnellate. I piedi le erano rimasti incollati al terreno, non osava muovere un muscolo. Era terrorizzata e si stava già immaginando quali atrocità le sarebbero state inflitte.
I Nia-Za fluttuavano a mezz’aria. Il capo davanti, gli altri due un passo più indietro. Nael guardò dentro il cappuccio vuoto del leader e, nonostante il demone non avesse occhi, ebbe la stranissima impressione che la stesse osservando a sua volta. L’oscurità sembrava penetrarle dentro il corpo attraverso quello sguardo invisibile.
Il Nia-Za alzò un braccio verso di lei ed emise un grido da farle venire la pelle d’oca. I due demoni che stavano dietro le si fiondarono addosso.
La fine era ormai vicina.
Il corpo di Nael si mosse, spinto dall’istinto di sopravvivenza, e scattò indietro alla ricerca di un riparo. Sapeva che sarebbe stato tutto inutile, ma la volontà di salvarsi ebbe la meglio. Percorse qualche metro. Si accorse, però, che il suo tentativo di fuga sarebbe fallito ancora prima di iniziare.
Sentì delle voci gridare qualcosa. Qualcun altro la stava cercando e non potevano che essere i D-Soul.
Sapevano tutti che erano demoni, ma Nael non credeva fossero così spietati e sovversivi. Non era una novità che a Kali Phi, nascosti in mezzo agli umani, vivessero demoni pentiti. Ma il genere di demoni a cui sembravano appartenere loro non rispettavano certamente gli articoli per la pacifica convivenza presenti nel Patto. Se fosse stata in grado di uscire viva da quella nottata, Nael avrebbe cercato informazioni sullo strano tatuaggio che aveva visto sulla schiena di Ny e sulla loro vera natura.
Con la coda dell’occhio vide una vietta sulla sinistra, stretta e buia. Non ne aveva mai viste di simili dentro la cittadella. Era come se di notte tutto cambiasse forma, se la parte peggiore di Kali Phi venisse a galla. Ecco cosa c’era di diverso.
Perché non ne aveva mai parlato nessuno?
Si era appena accorta che ciò che la circondava al mattino e il terrore che si manifestava di notte erano due facce della stessa medaglia.
‹‹Dobbiamo trovarla››, gridò uno dei D-Soul.
Si appiattì contro il muro, non le importava sapere chi avesse parlato. Sentì altre voci e trattenne il fiato.
‹‹Ny, anche i Nia-Za sono sulle sue tracce, non credo abbia possibilità di farla franca››.
‹‹Non importa, Sam››, ringhiò Ny, ‹‹voglio essere sicuro che sia morta. Se i Nia-Za l’avessero catturata le sue grida si sarebbero sentite già da un po’, non credi?››.