‹‹Tutto bene? È successo qualcosa?››. Male la vide sbiancare all’improvviso.
‹‹Scusami, i-io… c’è stata un’emergenza. Devo scappare a casa, mi dispiace. Grazie per la compagnia, comunque››. Nael si girò per andare verso l’uscita del locale.
Male scattò in piedi come un serpente velenoso che attacca la sua preda e l’afferrò per un braccio. Si avvicinò alle labbra della ragazza e sussurrò ‹‹Non te ne vorrai andare senza nemmeno avermi dato un bacio. Credo proprio di essermelo meritato, sai››.
Lei lo guardò senza capire cosa stesse succedendo. Lo sentì mormorare parole incomprensibili, senza senso. Sembravano pronunciate al contrario.
Poi, dovette sbattere le palpebre più volte. Accanto a lei non c’era più Male, ma un altro ragazzo. Qualcuno che non si sarebbe mai aspettata di vedere e che le provocò una strana reazione. Le guance le andarono in fiamme e il cuore cominciò a martellare sempre più forte nel petto.
‹‹Lo sapevo che ti sarei piaciuto di più così, ora sono sicuro che mi bacerai più volentieri››. Fece una pausa, le accarezzò il volto e lei, rapita dal suo sguardo, lasciò sprofondare la guancia sulla sua mano calda. ‹‹Però è un peccato che non ci siano specchi a disposizione. Vorrei proprio vedere chi è il fortunato che ha rapito il tuo cuore››.
Una parte nascosta dentro il cervello di Nael si stava chiedendo se davvero fosse innamorata di quel ragazzo.
Come poteva esserlo se non si erano mai conosciuti?
Ci si poteva innamorare di un estraneo?
Se doveva dar retta alle farfalle nello stomaco, alle vertigini e all’impulso di lasciarsi cullare fra le sue braccia… Allora sì! Ci si poteva benissimo innamorare di uno sconosciuto.
Male poggiò le labbra carnose sopra quelle morbide e sottili della ragazza dai capelli rossi. All’inizio fu un bacio leggero, poi si fece sempre più intenso, più profondo, fino a sentire le loro anime fondersi in una danza sensuale.
E pericolosa.
Come in un flash, Nael vide il vero aspetto di Male. Un essere dagli occhi arancioni come le fiamme dell’inferno, due ali a punta nere screziate di viola, lunghi artigli e il corpo metà umano metà animalesco, di una razza senz’altro diabolica.
Fu catapultata nella realtà come se le avessero gettato un secchio pieno di ghiaccio sopra la testa. Si staccò di colpo e allontanò Male con un gesto brusco.
Il demone non si aspettava di essere respinto così e barcollò all’indietro. Nessuno si era accorto di quello che era appena successo tra i due, gli altri avventori del locale continuavano a sorseggiare i loro cocktail e a ridere di chissà quali battute come se niente fosse. Nael, invece, era ancora più confusa e tutta quella tranquillità intorno le dava un senso di claustrofobia.
‹‹Che succede?››, provò a chiedere Male con tono canzonatorio.
‹‹S-stai lontano da me! Non mi toccare mai più››, gli urlò contro lei.
Indietreggiò senza perderlo di vista, e non appena raggiunse l’uscita si mise a correre verso l’indirizzo che Kay le aveva mandato.
Per sua fortuna, il Settore 2 era proprio lì vicino. Nel giro di quindici minuti trovò il nucleo 29 all’unità 175. I grandi numeri neri posti su ogni edificio si notavano facilmente, in contrasto con i lisci muri bianco candido.
Provò a suonare il campanello.
Nessuno rispose.
Guardò l’orologio, mancava mezz’ora scarsa al coprifuoco e il suo nucleo abitativo al Settore 3 distava venti minuti buoni da dove si trovava ora. Non sarebbe mai arrivata in tempo e questo era un grosso problema, ma non avrebbe mai lasciato sola la sua migliore amica nel momento del bisogno.
Sapeva che dopo il coprifuoco non si poteva uscire di casa per nessun motivo. A volte succedeva che i Nia-Za scendessero per controllare che tutto fosse in ordine all’interno della cittadella. Di tanto in tanto qualcuno veniva scoperto fuori casa, nella maggior parte dei casi si trattava di ubriachi. Si vociferava in giro che venissero torturati fino allo sfinimento e che le urla facessero venire la pelle d’oca a chi avesse avuto la sfortuna di avere il nucleo abitativo proprio accanto al luogo dell’esecuzione.
Prese un respiro profondo per scacciare il panico procurato da quei pensieri disgustosi e tremendi. Decise di fare un ultimo tentativo.
Questa volta, però, bussò. La porta si aprì con un leggero click. Era stata chiusa male.
Nael entrò e bisbigliò ‹‹È permesso?››.
Ancora nessuna risposta.
La debole luce nella stanza non permetteva di distinguere bene ciò che c’era dentro. Nael intravide una sagoma al centro della stanza, una specie di sacco vuoto ripiegato su sé stesso. Strizzò gli occhi per vedere meglio.
Il cuore cominciò a battere all’impazzata, il respiro si fece più corto, le mani iniziarono a sudare.
Non era un sacco vuoto, era qualcosa di più inquietante. Qualcosa che non avrebbe mai e poi mai voluto vedere. I piedi si mossero in avanti, spinti da una misteriosa forza invisibile. Si avvicinò alla cosa al centro della stanza. Non appena fu abbastanza vicina da non avere dubbi su cosa fosse, si portò una mano alla bocca e soffocò un grido di terrore.
Barcollò all’indietro per lo spavento. La cosa, in realtà, era un cadavere di donna. Una specie di mummia avvizzita. I capelli radi e grigio cenere facevano intravvedere un cuoio capelluto ricoperto da macchie marrone - verdognole. La pelle raggrinzita sembrava il risultato di un’ustione di primo grado. Il viso era stato immortalato per sempre in un’orrenda smorfia di dolore, con gli occhi che sembravano voler schizzare fuori dalle orbite da un momento all’altro. La carne della bocca, come staccata a morsi, lasciava scoperto un buon pezzo di mandibola e una parte dell’arcata dentale. Il puzzo di marcio e putrefazione si stava pian piano diffondendo nell’aria.
Nael, troppo presa dallo stato del corpo di quella povera donna, si accorse solo in quel momento dei vestiti che indossava: un paio di jeans a sigaretta slavati e una t-shirt giallo fluo con sopra scritto Nessuno è perfetto! Io sono nessuno.
Quella stupida maglietta l’aveva regalata lei a Kay. L’aveva trovata in un mercatino dei tempi pre-apocalisse e aveva deciso che sarebbe stata perfetta per una pazza scatenata come Kayley.
‹‹In che casino ti sei cacciata?›› disse con un filo di voce, cadendo in ginocchio di fronte al cadavere. ‹‹Perché mi sono fidata a lasciarti andare con quell’essere infernale?››.
‹‹Essere infernale, eh? Devo dire che hai azzeccato il termine adatto… Stella privata del Cielo››. Una voce cupa risuonò nella stanza.
‹‹Chi sei? Che vuoi da me?››. Il sangue di Nael scorreva a più non posso nelle vene.
‹‹Tu sei la portatrice dei sigilli!››. Una risata agghiacciante le provocò un brivido lungo la schiena. ‹‹Cosa vogliamo da te? Semplice, vogliamo vederti morta… come la tua amica››.
Gli assassini di Kay volevano uccidere anche lei.
Per quale motivo? E cosa voleva dire definendola in quel modo? Lei non era la portatrice di un bel niente. Doveva per forza essere un bruttissimo incubo. Nessun essere umano poteva ridurre una persona in quelle condizioni, solo un demone poteva farlo.
Chi osava essere tanto sfrontato da infrangere il secondo articolo del patto fatto col Maligno mettendo in pericolo la sua stessa vita?
Il mondo cominciò a vorticarle attorno, l’aria sembrò smettere di girare nei polmoni e tutto si fermò. Nella testa le riecheggiò lontana la risata di Kay.
Spuntò un ricordo. Il loro primo incontro a scuola, quando Nael le aveva sorriso e le aveva offerto un fazzoletto per asciugarsi le lacrime. Poi seguirono altri ricordi a una velocità innaturale. Momenti felici, gioiosi, in cui niente e nessuno sembrava poterle dividere.