Pamela Fagan Hutchins - Tornanti стр 2.

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Le toccò la guancia. «Tutto a posto. Devo andare in ospedale. Puoi assicurarti che tutti finiscano di fare i bagagli domattina, nel caso tornassi tardi?»

La moglie si rigettò indietro sul cuscino. «Sicuro.»

«Grazie.»

Si vestì quasi al buio con gli abiti che aveva lasciato fuori la sera prima; dopotutto era il medico di guardia. Prima di andarsene, premette le labbra sulla tempia di Susanne. Un hmm soddisfatto interruppe il suo lieve russare. Patrick attraversò velocemente la zona giorno del piano superiore, scese al piano inferiore che era costruito sul fianco di una collina ed era per lo più un seminterrato e uscì dalla porta dingresso per andare alla sua auto parcheggiata sul vialetto circolare. Dato che non aveva un garage, doveva farsi quel pezzo a piedi tutti i giorni.

Si mosse con fare furtivo, usando le tecniche indiane della camminata della volpe che aveva imparato da bambino nei boy scout. Bisognava abbassarsi con le mani sulle ginocchia, sollevare il piede in alto, appoggiare lesterno del piede, poi linterno, poi il tallone, lalluce e infine appoggiare il peso. E avanti così. Se qualcuno lo avesse visto, si sarebbe sentito sciocco a farlo, ma era solo ed era una buona pratica per limminente gita di caccia. E poi stava giusto passando sotto la stanza di sua figlia Trish e di sicuro non voleva svegliarla. Sarebbe stato già abbastanza brutto quando li avrebbe fatti alzare tutti alle nove in punto, salire sul pick-up e via in montagna. Dio, salvami dagli adolescenti lunatici. Perry non era tanto male avendo solo dodici anni, ma sarebbe arrivato anche il suo momento.

Chiuse la portiera della sua Porsche 914 bianca il più silenziosamente possibile. La sera prima laveva parcheggiata in previsione di una partenza notturna, puntandola in discesa e tirando il freno a mano. Tolse il freno e lasciò che lauto sportiva prendesse velocità finché non fu quasi in fondo al vialetto. Mentre era in corsa sullottovolante, abbassò i finestrini. Lunico rumore che si udiva erano le ruote sulla strada sterrata. Poi mollò la frizione e la Porsche prese vita con un ruggito.

Il tragitto fino allospedale di solito durava solo cinque minuti, ma erano sempre cinque minuti di terrore. I cervi suicidi e le basse roadster erano una combinazione mortale: i cervi uscivano in forze al tramonto, spaventando le auto fin quasi allalba.

Susanne lo aveva aggredito per aver comprato la Porsche. Cerano solo due conducenti nella loro famiglia, gli aveva ricordato, e avevano già due auto: la station wagon color bronzo di lei e il suo vecchio pick-up. Probabilmente non era ancora il momento di dirle che aveva messo gli occhi su un aeroplano Piper Super Cub ora che aveva la patente di pilota. Ma la Porche gli piaceva. E, dannazione, quando un uomo si era sposato a diciannove anni con lunica ragazza della sua vita, aveva avuto un figlio a venti e si era arrangiato a fare diversi lavori mentre studiava medicina solo per permettere loro di sopravvivere, beh, quelluomo si meritava una Porsche non appena se la poteva permettere. Non era una cosa così esagerata, aveva comprato quella più economica. Ma sopra cera pur sempre la scritta PORCHE, come sui modelli più sofisticati, e rimuovendo lhard top nero si trasformava in una decappottabile. Era stato orgoglioso di aver speso poco, fino a quando non aveva ben presto consumato i risparmi per gli speciali pezzi di ricambio e per meccanici che conoscevano solo auto americane e grandi camion. Quando si fermò al semaforo, il motore si mise a scoppiettare come se gli stesse leggendo nel pensiero.

«Basta. Ho deciso. Metterò in vendita questa stronza», disse tra sé e sé.

Con la coda dellocchio vide un altro autista dallaria stanca che lo fissava dalla corsia a fianco. Era un ragazzo su un pick-up con i finestrini alzati.

«Coshai, amico, non hai mai visto nessuno parlare da solo?» Laltro lo salutò con il capo. «Almeno so sempre che avrò una risposta intelligente.»

La luce divenne verde. Patrick dette una grande accelerata. La Porsche partì ruggendo ma il pick up schizzò via davanti a lui. Quella piccola auto sportiva era tutto fumo e niente arrosto. Il motore rombava che era una meraviglia, ma praticamente aveva la stessa ripresa del suo vecchio Maggiolino Wolkswagen di un tempo.

Guidando lungo la pittoresca strada principale in stile western di Buffalo, illuminata da tenue luci, Patrick passò sotto i festoni che celebravano il bicentenario un evento che la cittadina aveva preso a cuore e che durava tutto lanno - e pochi minuti dopo parcheggiò fuori dal pronto soccorso nello spazio riservato al medico di turno. Allinterno, una luce fluorescente ronzava e lampeggiava, conferendo allaustero spazio unatmosfera surreale come nella serie Ai confini della realtà.

Andò subito dal radiologo, quello che lo aveva svegliato con la telefonata. Nella maggior parte degli ospedali erano le infermiere di turno a chiamare. Ma questo succedeva perché non avevano Wes. «Di che si tratta, Wes?»

Il tecnico era una spanna più alto di Patrick e pesava venti chili di meno. La sua divisa blu da medico non gli arrivava alle caviglie. «Beh, Doc, si tratta di una possibile frattura alla gamba.»

Wes lo disse in modo professionale, ma Patrick colse uno scintillio nei suoi occhi. Cosa poteva esserci di divertente in una gamba rotta alle due di notte? «Dovè il paziente?»

«Fuori nel parcheggio, ovviamente.»

Patrick si stava dirigendo verso linterno del pronto soccorso, ma si fermò e si girò verso il suo collega, guardandolo in faccia. «E non lo portiamo dentro?»

«La. E no, non credo che sarebbe una buona idea.»

«Qual è il problema?»

«Nessun problema.»

«Cè qualcosa che non so?» Di solito non doveva tirargli fuori le risposte. Forse il radiologo aveva sonno. Era fiacco. Come lui.

«Non saprei, Doc. Vuoi che venga con te a vederla?»

Patrick fu certo che Wes stesse quasi ridendo. «Certo che sì.»

I due uomini uscirono insieme e incontrarono un giovane con blue jeans impolverati, una logora camicia western e un paio di stivali consumati. Era in piedi ai margini del parcheggio e quando li vide si tolse il cappello.

«La ringrazio tanto per essere venuto.» La mano che si protese verso quella di Patrick era callosa e ruvida come carta vetrata, e gli stritolò la sua. «Sono Tater Nelson.»

«Dottor Flint. Mi hanno detto che cè una possibile frattura alla gamba.»

«Sì, dottore.»

«Come si chiama la paziente?»

«Mildred.»

«Mildred, ok.» Seguì Tater nel parcheggio, dove si fermarono davanti a un trailer per due cavalli. Tater aprì lo sportello posteriore.

«La tiene qui dentro?»

«Non volevo che si spaventasse nel parcheggio e si facesse ancora più male.»

Patrick sbirciò nel trailer. Partì una zoccolata, mancandolo di poco. Fece un salto allindietro di mezzo metro, per stare sul sicuro. «Mildred è un cavallo.» Stava per uccidere il radiologo. Wes avrebbe dovuto avvertirlo.

Tater annuì con entusiasmo. «Sì. È una puledra da rodeo pazzesca. Può fare qualcosa per lei?»

Patrick si voltò verso Wes, che si portò una mano alla bocca come se avesse il mal di denti. Ma era un sorriso che nascondeva. «Non lo so. Wes, possiamo fare qualcosa per lei?»

«Lo spero proprio, Doc, visto che stanotte sostituisci il veterinario.»

Patrick alzò le sopracciglia, ma la sua voce era piatta. «Sostituisco il veterinario.» Joe Crumpton, il veterinario, non gli aveva chiesto di sostituirlo.

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