Mentre lidentità e lo stesso profilo psicologico dellassassino restano purtroppo celati, un particolare nuovo è emerso ieri, da una nostra ricerca negli archivi dellAnagrafe torinese. Tutti gli uccisi e non solo, comera già noto alla Questura, la Peritti e la Scrofagnocca avevano esercitato per anni il lavoro di magazziniere. La Capuò Tron aveva smesso di lavorare dopo il matrimonio, comè risultato dai confronti con le sue successive carte didentità, dalle quali ella risulta casalinga. La Piccozza Ferini, sempre secondo i documenti, aveva abbandonato il lavoro solo alcuni anni dopo le nozze, forse perché il marito, poi dirigente bancario, era ancora allinizio della carriera e uno stipendio non sarebbe stato sufficiente. Il Cipolla aveva smesso il lavoro di magazziniere solo quandera andato in pensione. Quanto alle altre due assassinate, la Scrofagnocca era ancora attiva al momento della morte, presso un magazzino di sanitari, mentre la vedova Verdani, pensionata da circa un anno al momento della morte, aveva tuttavia abbandonato il lavoro di magazziniera molto prima, quando sera sposata con un commerciante cui aveva poi dato il proprio aiuto.
Anche se può essere solamente un nostro sospetto, ci permettiamo di sottoporre aglinquirenti alcune domande:
Stabilito che tutti gli assassinati erano stati magazzinieri, in qualche periodo della loro vita avevano forse lavorato nella medesima azienda?
Questa ditta era forse, per tutti e cinque, la fabbrica di porte per docce, chiusa ormai da diverso tempo, dove sicuramente, comè già noto alla Questura, la vedova Verdani e la Scrofagnocca avevano prestato la loro opera?
Qualora fosse questo il filo rosso che lassassino ha seguito, altri antichi colleghi delle vittime potrebbero essere in pericolo? Ci sembra questa una domanda vitale.
In merito poi alla matrice satanica dei delitti ipotizzata dal vice questore Pumpo, potrebbero le stesse vittime, in passato, aver avuto a che fare, a qualsivoglia titolo, con quellambiente? Se sì, esso sarebbe stato in qualche modo collegato allazienda in cui lavoravano? E in questo caso, i proprietari avrebbero potuto non esserne al corrente?
carlgari@gazzetta.it
Capitolo 8
Ho letto il pezzo della tua collega, maveva detto Vittorio, e sono rimasto un po perplesso.
Perché sè attribuito il merito della scoperta allAnagrafe?
No, no, lo sai che te lavevo detto io stesso, di chiederglielo. Intendevo che, in chiusura dellarticolo, ha azzardato un po troppo: anche se non sesprime con chiarezza, sembra quasi chella insinui che i proprietari della ditta fossero demonisti: potrebbe venirgliene una richiesta di risarcimento per danni morali, sai?
Non la teme, è assicurata come lo sono un po tutti i giornalisti, me compreso: col nostro mestiere, beccarsi querele non è mica difficile, sai?
Già, ma andarsele proprio a cercare
Il sostituto procuratore della Repubblica Marcello Trentinotti, forse spinto proprio dallarticolo di Carla, aveva esortato il vice questore Pumpo, e questi il Sordi, a procurargli al più presto i risultati dei controlli avviati presso lUfficio di Collocamento. Nel frattempo, aveva dato incarico a un cancelliere di raccogliere, presso gli archivi della Camera di Commercio, tutti i dati relativi alla fabbrica per docce Società Coniugi Corona & Figlio.
Era risultato che non solo due ma tutti e cinque gli assassinati erano stati dipendenti di quellazienda e, per diverso tempo, avevano lavorato insieme.
La società era stata unimpresa familiare che aveva cessato la propria attività alla metà degli anni 80. Ne erano stati proprietari madre e figlio, Luigia e Attilio Corona, dopo che il rispettivo marito e padre era deceduto per un ictus verso la fine dei 70.
Mentre la donna era risultata morta da tempo, il figlio, un uomo di cinquantun anni pensionato per invalidità, dottore in architettura, era stato rintracciato e convocato dal pubblico ministero Trentinotti nel suo ufficio, per essere udito quale persona informata sui fatti. Lappuntamento era stato fissato per il 18 ottobre alle ore 10.
Quella mattina Attilio Corona sera presentato puntualmente.
Ne era seguita una lunga conversazione col dottor Trentinotti, verbalizzata da un cancelliere.
Grazie alle proprie aderenze in Tribunale, Carla era riuscita a ottenere notizie sul colloquio e, il giorno seguente, era uscito un suo articolo.
Capitolo 9
[Da La Gazzetta Libera]
Il Mostro dellOrecchio
conosceva le sue vittime?
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Avevano lavorato tutte nella stessa società
Carla Garibaldi
Glinquirenti hanno verificato e accolto lipotesi che in passato il Mostro dellOrecchio fosse stato in rapporti, sullo stesso luogo di lavoro, con le future vittime. Risulta dagli archivi dellUfficio di Collocamento che gli assassinati avevano operato come magazzinieri nella ditta Coniugi Corona & Figlio s.n.c., una piccola società familiare produttrice e distributrice di porte per box doccia, che aveva cessato lattività nel 1985, causa malattia dei proprietari, madre e figlio.
Mentre la donna è risultata da tempo deceduta, il figlio Attilio Corona, dottore in architettura ma non iscritto allalbo degli architetti, è stato convocato dal giudice dottor Marcello Trentinotti per essere ascoltato come persona informata sui fatti, ed è stato udito ieri mattina.
Il dottor Corona è persona di media statura e di fisico asciutto. Sè presentato in un elegante doppiopetto marrone e cravatta di seta unita deguale colore su camicia crema, resti duna passata agiatezza, avendo egli affermato di vivere assai modestamente, con lunico reddito duna pensione dinvalidità concessagli in seguito a un ictus sofferto allinizio del 1985, non molto prima di ritirarsi dagli affari, non ancora quarantenne. Dimostra tuttavia daver superato bene quellinsulto cerebrale.
Egli ha riferito al magistrato che, in seguito allictus, la ditta era stata liquidata dalla madre, ormai anziana e con qualche problema di memoria, dunque nellimpossibilità di continuare a gestire da sola lazienda. Larchitetto ha precisato che la cessazione della Coniugi Corona e Figlio era stata purtroppo svolta maldestramente dalla propria mamma e che, per questo, loro due erano rimasti, quasi, in stato di povertà, lei con la pensione artigiana e lui con quella modesta da invalido e la sola proprietà del monolocale in cui tuttora vive. Ha aggiunto che non molto dopo la chiusura, nella donna sera rivelato in tutta la sua gravità il devastante morbo dAlzheimer, che già doveva aver fatto capolino al tempo della liquidazione dellazienda. Fortunatamente, intanto il Corona sera rimesso abbastanza in salute e aveva potuto assistere la madre fin alla morte di lei, avvenuta nel 1987, per una polmonite che il male cerebrale cronico della donna aveva reso letale nonostante un pronto ricovero. Il dottor Corona, che sè mostrato ben lucido nel corso di tutta la conversazione col magistrato, su richiesta del medesimo ha poi ricordato e descritto le figure delle cinque vittime del Mostro dellOrecchio, tutte sue ex dipendenti addette al magazzino materie prime o a quello vendite. Ha affermato in sostanza che nessuna di esse brillava per diligenza. A precisa domanda del dottor Trentinotti, ha risposto che non gli risultava che avessero avuto nemici in ditta, aggiungendo di sua iniziativa che potevano però averne avuti al di fuori, nellambiente dellestrema destra, essendo stati militanti comunisti, comegli aveva inteso a suo tempo orecchiando loro conciliaboli. Alla richiesta del giudice se non gli fossero sorte perplessità, ultimamente, nel sapere che qualcuno stava ammazzando suoi ex dipendenti, ha risposto che non ne era al corrente non leggendo giornali, per ragioni economiche, e non possedendo un apparecchio televisivo, in quanto non amava la televisione e desiderava, comunque, non sborsare il canone. Ha spiegato, senza remore, che, da quandera mancata la mamma e, con lei, la materna pensione, egli era rimasto veramente molto povero, per cui risparmiava anche la lira.