Alessandra Grosso - Scala E Cristallo стр 6.

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La competizione femminile era qualcosa di micidiale, che

aveva portato le donne a prendersi per i capelli per lamore

di un fedifrago o a perdere il lavoro per chi non era riuscita

a ingraziarsi il capo; la competizione era potente e micidiale

come fiale di veleno. Non potevo che temerla.

Valutavo attentamente gli atteggiamenti del mio clone,

della mia gemella, ma lei si dimostrò sempre molto affabile e

comprensiva. Mi seguiva sempre e aveva un atteggiamento

gentile e aperto nei miei confronti. Mentre ci avventuravamo

sempre più allinterno delle rovine, la nostra sintonia

cresceva.

Quel breve attimo di tranquillità, quel breve istante in

cui mi ero resa conto che non ero più sola, che potevo avere

un futuro, fu però presto sconvolto.


I MOSTRI DELLE CAVERNE

Era mostruoso, rumoroso e si nutriva di paura. Aveva il

corpo arrossato con le vene in vista per la bruciatura totale

della sua pelle. Era altissimo, circa quattro o cinque metri,

con robusti e grandissimi piedi che si muovevano facendo il

rumore di un masso che si frantuma per terra. Aveva la bocca

piena di denti per mordere e amava la carne umana.

Era vissuto lì per secoli, e nascosto aspettava giovani e

anziani al centro delle rovine, nel punto dove divenivano più

articolate; era vissuto nelle rovine fin da quando esse erano

un castello fantastico. Era il figlio non voluto di una

violenza ed era stato maledetto fin dal primo momento. Era il

frutto di uno stupro combinato con ben sette maledizioni

antiche. Aveva gli occhi gialli e luccicanti e poteva vedere

al buio, fiutare al buio.


Aveva fatto un patto con unaltra creatura demoniaca: un

mostro che odiava linnocenza.

I loro nomi erano Dannazione, il risultato delle

maledizioni, e Vendetta, colui che odiava linnocenza.

Vendetta era un killer silenzioso, raffinato, intelligente

e psicopatico che, vedendosi morire sul rogo, aveva fatto un

patto con Dannazione prima di essere bruciato vivo. Dannazione

era stato in grado di riprendere le ceneri di Vendetta e

riportarlo in questo mondo. Questultimo, dopo la bruciatura

sul rogo, era tornato con una sete di sangue sempre maggiore.

Vendetta indossava una maglia a brandelli su cui si poteva

leggere ancora il suo nome: era scritto in gesso bianco e

contornato con il rosso delle sue vittime.

I due killer sentirono subito la presenza di due umani e

si nascosero nelloscurità senza proferir parola, senza un

solo momento di esitazione. Conoscevano la nostra paura, erano

in grado di fiutarla, e percepivano nellaria ogni odore,

insicurezza. Sapevano già che cerano due anime buone vaganti

che avevano perso lorientamento.

Io e laltra me eravamo felici di essere insieme ma

proprio quella sensazione ci tradì, nel senso che inizialmente

avevamo perlustrato con timore le antiche rovine con i merli

rovinati e decadenti, ma poi, forse, ci eravamo fatte prendere

dallentusiasmo ed eravamo andate avanti, ma senza una mappa.

Molte volte ci eravamo ritrovate in vicoli ciechi, e alla

fine, dopo aver girato in tondo più volte, ci eravamo rese

conto di esserci perse.

Non sapendo più come tornare indietro dovevamo cercare di

uscire. Le rovine erano sempre meno danneggiate e più

compatte, come se fossimo entrate in unala relativamente più

nuova. I muri erano spessi, grigi e umidi, lacqua colava dal

soffitto creando delle pozze per terra.

Dentro quel dedalo vi erano grandi stanze semivuote,

grigie, umide e oscure. A volte la condensa si depositava sul

muro, altre si formava una nebbiolina distante da noi.

Incuriosite, cercavamo di capire cosa originasse la nebbia e

perché ci sentissimo terribilmente spiate.

In quel dedalo misterioso due sentimenti opposti

permeavano le nostre anime: timore e voglia di esplorare.

La volontà di esplorazione di nuovi territori è una spinta

che si avverte specialmente durante la pubertà, e in qualche

modo noi eravamo di nuovo delle adolescenti, nostro malgrado

alle prese con nuove esplorazioni.

Le nostre emozioni erano contrastanti ma sapevamo che,

sebbene il pericolo fosse imminente, eravamo esseri umani e


dovevamo mangiare. Erano giorni di magra ma avevamo ancora

delle riserve di carne secca perché quando laltra me stessa

era fuori dalle rovine, aveva cacciato e raccolto bacche.

Ci ritirammo in un angolino a masticare quella parca mensa

che ai miei occhi non poteva che essere prelibata. I nostri

denti funzionarono come lame che tagliano tutto e la nostra

pietanza scomparve in fretta. Ripulimmo la zona e continuammo

il nostro pellegrinaggio sperando di non fare brutti incontri.

Durante il viaggio avevamo ripreso a vedere immagini orrende

disegnate, scritte che ci spingevano ad andare via, a

scappare, ma dove potevamo scappare?

Dove potevamo trovare un rifugio? Come potevamo uscire da

quel dedalo?

Proseguimmo e fortunatamente trovammo armi e proiettili;

li prendemmo pensando che in futuro avrebbero potuto esserci

utili.

Rinvenimmo anche una sorta di accampamento distrutto.

Sembrava fosse stato attaccato e che i cadaveri fossero stati

trascinati via: si vedevano chiaramente le strisce di sangue

provocate dal trascinamento dei corpi, tuttavia non trovammo

nessuna delle vittime.

Raccogliemmo tutte le armi possibili e anche il piccolo

kit del pronto soccorso: non sapevamo cosa ci aspettava e per

questo ci volevamo preparare. Se avessero voluto uccidere

queste due donne sole, be, avrebbero dovuto faticare.

Eravamo armate e, sperando di aiutare quelli che erano

stati attaccati, avanzammo seguendo le strisce di sangue.

Tuttavia, presto iniziammo a temere il peggio per i poveri

malcapitati: dovevano aver perso molto sangue e la loro fine o

era già avvenuta oppure era molto vicina.

Seguimmo le strisce di sangue lungo la grande stanza, poi

passammo a un luogo più stretto e oscuro. Solo alcune fiaccole

illuminavano la strada, ma noi avevamo già deciso il nostro

percorso e ci facemmo forza luna con laltra.

Dallangusto corridoio si presentava un passaggio più

ampio con soffitti altissimi che conteneva al centro un altro

stanzone murato. Lì per lì non vedemmo lentrata, e fu questa

la nostra fortuna perché, sentendo il nostro odore, i mostri

uscirono per cercarci senza sapere esattamente dove fossimo, e

noi potemmo nasconderci subito lungo una roccia.

Erano orrendi e sporchi, macchiati di sangue.

Semplicemente agghiaccianti. Stavano litigando, lo capivo

perché si lanciavano strani raggi e palle infuocate che

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