Powell Michael - Quattro Destini стр 7.

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Davanti a loro riuscivano solo a vedere il mare. Si vedevano degli occasionali sbuffi di fumo, ma il mare era calmo e immobile fino a quando udirono un ruggito sopra le loro teste. "Il tuo treno?" sussurrò Ernest. "Non è in orario, vero?" La granata atterrò con un grosso schizzo dall'altro lato seguita dal rumore dell'arma che l'aveva lanciata.

"Calmi, ragazzi, per cortesia" disse il capitano. "Signor Talbot, alla sua postazione, Signor Jenkins, per cortesia riferisca al Sottoufficiale capo per quanto riguarda le incombenze per lo spegnimento degli incendi. Signori, fatelo il più velocemente possibile."

Fu l'ultima volta che Ernest vide il suo amico. Quando lasciarono il ponte andarono in direzioni diverse, Arnold verso poppa, Ernest a prua.

Ernest scese i gradini di corsa e andò lungo coperta verso la prua. Dietro e davanti a lui poteva sentire le enormi torrette mitragliatrici della Indefatigable girarsi pesantemente verso le navi nemiche, a malapena visibili all'orizzonte, al sopra delle quali sbuffi di fumo bianco indicavano che le armi stavano sparando. Vide il sottoufficiale capo sul ponte davanti a lui. Signor Jenkins, indossi il giubbotto di salvataggio per cortesia. Non serve a nulla tenerlo sul braccio, no?

Infilò le braccia nello scomodo aggeggio, tirando le cinghie attorno a lui mentre raggiungeva il ponte dove c'era il sottufficiale capo. Bene, signore. Ora, se non le dispiace. Il sottufficiale smise improvvisamente di parlare, guardando con orrore alle spalle di Ernest.

Ci fu un improvviso rumore fastidioso, come un treno che uscisse da un tunnel a tutta velocità, un forte colpo e un bagliore di fuoco quando i proiettili colpirono la poppa della nave. L' Indefatigable sbandò e perse il controllo. Ernest sentì un'ondata di aria calda che lo spinse indietro e lo fece girare. Rimase sconvolto nel vedere l'intera poppa coperta di fumo nero oleoso e di scure fiamme che non presagivano nulla di buono. Mio Dio Arnold.

Non si preoccupi di questo, ragazzo mio, estragga quella manica antincendio, subito. Ordinò il sottufficiale al suo gruppo di vigili del fuoco mentre Ernest, scioccato dall'intensità delle fiamme provenienti dal retro cercava di decidere cosa fare. Bene ragazzi, calmiamoci e usiamo quel manicotto antincendio, va bene? suggerì il sottufficiale.

Giusto, disse Ernest. Più veloci che potete, srotolate il manicotto. Un marinaio tirò fuori il manicotto, srotolandolo dalla ruota attorno alla quale era arrotolato, mentre un altro armeggiava con il tappo pesante. Aspetta non accenderla fino a quando è pronto il manicotto disse Ernest. Un altro rumore di proiettili e altri tonfi risuonarono mentre i marinai tiravano il manicotto lungo il ponte verso il fuoco nella parte posteriore. Presto l'intensità del fuoco divenne così forte che non poterono avvicinarsi di più ed Ernest diede l'ordine di aprire il pesante tappo. L'acqua proruppe nel manicotto che divenne rigido per la pressione interna. Ernest aiutò il marinaio che reggeva la parte finale a tenerla ferma e a indirizzare il getto verso le fiamme. Sembrò che non facesse alcuna differenza. L'intensità delle fiamme, alimentata dal carburante e dal legno dei ponti stava crescendo. I proiettili nelle torrette al centro delle fiamme iniziarono a esplodere con colpi sordi e inquietanti, costringendo gli uomini con gli abiti in fiamme e la carne che friggeva per l'intenso calore a correre urlanti verso i vigili del fuoco.

Il fuoco, consumato tutto il combustibile, cominciò ad essere sotto controllo e sembrò che la nave potesse reggere, anche se malridotta. Ma poi un altro proiettile a lungo raggio sparato dall'aggressore tedesco, colpì casualmente la nave nel posto peggiore possibile la torretta leggermente corazzata nella parte anteriore e ci fu una forte esplosione che travolse il ponte. Una palla rotolante di fiamme incandescenti andò verso i vigili del fuoco travolgendo il sottufficiale e gli uomini con lui al manicotto. Ernest sentì il manicotto afflosciarsi quando lo scoppio lo colpì e si sentì trasportato in aria, poi colpì il parapetto e finì in mare. Terrorizzato ebbe il pensiero folle "che schifo di modo per morire".

Colpì l'acqua come un sasso, rimbalzò, facendo uscire tutta l'aria dai polmoni, e ricadde di nuovo sotto la superficie. Lottando con i suoi vestiti e l'ingombrante giubbotto di salvataggio, nuotò verso la superficie, scacciando il panico. Uscì dall'acqua e disperatamente prese una boccata d'aria a pieni polmoni. Il giubbotto di salvataggio era attorno al suo mento, ma lo aveva portato a galla e le istruzioni del sottufficiale lo avevano salvato. In qualche modo era riuscito a liberarsi delle scarpe e stava fluttuando libero.

Ernest si rese conto di essere finito parecchio distante dalla nave che ora era completamente avvolta da una infernale palla di fumo e fiamme. Disperatamente cominciò a nuotare per allontanarsi, rendendosi conto che la nave poteva esplodere di nuovo in qualsiasi istante. Ma la nave colpita non esplose. Lentamente, quasi con cautela si mosse in avanti e, come una enorme anatra, mostrò la parte posteriore al cielo e quindi scivolò, con i motori ancora accesi, verso il basso con un orribile suono lacerante di risucchio, lasciando dietro di sé un turbine di acqua fumante che provò a portarlo con sé nel gorgo lasciato dalla nave che affondava. Per due, tre volte fu tirato al di sotto della superficie e, in preda al panico, fu costretto a spingersi fuori e a respirare prima di essere di nuovo tirato sotto. Alla fine sembravano fossero passate delle ore la pressione verso il basso si calmò e fu in grado di galleggiare, sentendo ora il dolore intenso dell'acqua salata contro la sua schiena che, senza che se ne fosse reso conto, protetta solo dalla giacca e dalla camicia che stava indossando quando era uscito di corsa dall'alloggio degli ufficiali, era stata bruciata dalla forte palla di fuoco che l'aveva gettato in mare.

Si guardò attorno alla ricerca di segni di vita qualcuno qualcosa. Tutto quello che fu in grado vedere, però, furono dei detriti galleggianti e qualche cappello da marinaio. Un'enorme bolla esplose con un orribile suono nel punto in cui la nave era affondata, spruzzandolo d'acqua piena di petrolio, seguita da un'ondata che quasi lo fece andare a fondo di nuovo. Se non avesse notato una grossa tavola di legno galleggiante nelle vicinanze, non avrebbe mai avuto la forza di restare a galla nell'acqua che, come si rese conto solo in quel momento, era completamente gelida.

Notò un piccolo cacciatorpediniere che si dirigeva velocemente verso il luogo dove era affondata la grande nave. Limbarcazione rallentò quando si avvicinò e i marinai si affollarono sul ponte alla ricerca di sopravvissuti. Riuscì a sollevare un braccio e ad agitarlo debolmente verso di loro. L'imbarcazione passò oltre, facendo quasi rovesciare la sua fragile zattera. I marinai stavano guardando verso di lui, ma si rese conto che sui loro volti non c'era alcuna traccia che lo avessero notato quando cercò di urlare per sovrastare il rumore del passaggio della nave. Riuscì a sollevarsi un po' e ad agitare di nuovo il braccio, le sue grida sempre più flebili per lo sforzo, ma, questa volta fu ricompensato da uno dei marinai che all'improvviso indicò verso di lui e urlò verso i suoi compagni. Il marinaio tenne la sua mano puntata nella direzione di Ernest secondo quanto insegnatogli dagli istruttori della Marina nel classico caso di uomo in mare, fino a quando la nave rallentò e si girò. L'ufficiale preposto si allontanò velocemente per dare le indicazioni a un altro gruppo affinché preparassero una delle scialuppe di salvataggio del cacciatorpediniere. La barca fu calata in mare e i marinai ai remi diedero il massimo, dirigendo la piccola barca verso Ernest. Quando cominciò a perdere la presa del pezzo di legno si sentì tirato a bordo dai marinai. Mani gentili e generose lo coprirono con delle coperte e lui perse conoscenza quando lo portarono sulla nave.

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