Emilio Rey possedeva in sommo grado tutte le qualità che fanno le grandi guide: audacia, sangue freddo, prudenza, robustezza, abnegazione, gentilezza di maniere, tali erano le supreme doti delluomo, del quale intessiamo brevemente la vita. La prima di queste qualità fu certamente il grande amore per lammaliante sirena dei monti, un amore come pochi professano e che egli portava sino allidolatria. Era, si può dire, «lenfant gâté» della montagna: non visse che per essa e morì per la medesima. Lideale della sua vita fu lalpinismo, nel quale navigò in tutti gli orizzonti, in tutte le sue manifestazioni. Ma fu un pilota abile che seppe evitare lo scoglio anche nel più forte della tempesta.
Il mare, quellinfinita distesa di liquido glauco che vinvita voluttuosamente a tuffarvici e vi procura sensazioni indescrivibili, il mare infido, ad un tratto, quando meno ve laspettate, vi inghiotte e sparite nel caos. Tale è la montagna. Quale è la sorte dei marinai, dei marinai che si sono affacciati impassibili cento volte sulla porta degli abissi? Così quella delle guide; così fu di Emilio Rey, benchè fosse attento e coraggioso timoniere.
Sebbene il suo temperamento e la sua indole avida di novità lo spingessero sempre avanti, sapeva fermarsi quando e dove al coraggio sostituivasi la temerità. Egli non oltrepassò mai i limiti concessi dalla prudenza, e non si potrebbe trovare un accidente toccato ad un suo viaggiatore.
«Avec cela, chercheur toujours en éveil, sans routine dans le choix des routes et des moyens daccés. En soccupant de vaincre lobstacle immediat du terrain, son œil fouillait dejà au loin et sa pensée concevait lassaut prochain. Sobre, ennemi du tabac, dune propreté méticuleuse qui ne se fiait jamais aux porteurs dans les soins de la cuisine et lentretien des refuges, complaisant pour ses camarades, il navait aucune des prétentions ridicules de certains grands guides, dont les épaules se croyent déshonorées par la présence dun sac».Così Miss Richardson, che del Rey poteva darci un adeguato giudizio, lei che lebbe, per molto tempo, a condividere e lamaro e il dolce della rude vita alpina. Gli inglesi, così parchi nelle lodi, per Emilio Rey calpestano la loro naturale ritrosia e freddezza e ce lo dipingono quale era realmente, con un colorito caldo veramente alpino.
Terminando, non posso a meno di riportare uno stralcio di lettera del dott. Paul Güssfeldt, che per lautorevole persona che lha scritta, torna al massimo vanto del nostro Emilio: « Vous savez que jai tenu Rey dans la plus haute estime, quil ma rendu les plus grands services, quil était dun courage, dune adresse, dune connaissance des montagnes sans pareil et quil restait fidèle a son devoir sans crainte de mort».
Al monumento, che auspice la Sezione Torinese del C. A. I. gli alpinisti erigeranno prossimamente a Courmayeur, paese nativo di Emilio Rey, si raccolgano le giovani reclute ad infiammarsi di quellentusiasmo e di quellardimento mai venuti meno alla grande guida, e cerchino di seguirne le orme, sia nellassennata audacia, che nella piacevol arte di aggradire. Esso costituirà un pegno, un mutuo contratto tra le guide e lalpinismo.
Courmayeur, marzo 1896.
Giulio Brocherel (Sezione dAosta).Debbo qui pubblicamente ringraziare distinte persone che col Rey avendo viaggiato erano in grado di pronunziare giudizii e fornire ragguagli sulle loro salite. Al Cunningham per il prezioso dono del suo «The Pioneers of the Alps;» a M. von Déchy, al dott. P. Güssfeldt, a Miss K. Richardson, ecc., lattestazione della mia sentita riconoscenza.
Va pure ricordata lopera prestatami dalla gentilissima signorina Mary Ruffier di Courmayeur, nella ricerca e nellinterpretazione di articoli comparsi su riviste anglo-sassoni. Chessa riceva un grazie di cuore. G. B.
Prime ascensioni compiute da Emilio ReySpedizione scientifica al Monte Rosa
(1894 e 1895).
Indagini sulle acque e sulle nevi delle alte regioni
Per eseguire le indagini che mi accingo ad esporre, la spedizione, composta di me, del dott. Lorenzo Scofone mio assistente, e di Carlo Viziale, inserviente del laboratorio di materia medica dellUniversità di Torino, si era stabilita allalpe detta di Lavez, situata a 2450 m. sul livello del mare, in Val di Gressoney, lungo le pendici erbose digradanti dalla punta del Telcio che si spicca dalla cresta che scende dal Lyskamm a morire nel vallone di Indren, sopra Gressoney la Trinità.
Lalpe è una casetta che si compone di una grande stalla al piano terreno e di due stanze al primo piano; delle quali luna serviva da laboratorio e da cucina, laltra da dormitorio e da laboratorio per i lavori più delicati. La posizione non potrebbe essere migliore per chi vuol attendere a ricerche sulla montagna. I ghiacciai sono accessibili in tre ore; la vetta stessa del Rosa si può comodamente raggiungere in nove o dieci ore. Il luogo dove sorge lalpe è riparato dai venti del nord ed ha un largo orizzonte davanti a sè che permette di godere il sole dal mattino alla sera.
Il proprietario, sig. Monterin Alberto di Gressoney la Trinità, informato dal compianto barone Luigi di Peccoz del nostro progetto di spedizione e della ricerca che facevamo di un luogo ove stabilirci, ci offrì la casa gratuitamente, arredandola dei mobili necessarii; sono lieto di potergli qui rendere pubbliche grazie; ricordo anche con riconoscenza e rammarico il barone Peccoz, il quale pure ci fu largo di aiuti e di preziosi consigli, e certamente avrebbe fatto ancora molto in pro della nostra impresa se avesse vissuto6.
Noi ci proponemmo anzitutto di esaminare le acque della regione, scendendo dalle più alte ottenute dalla fondita delle nevi delle vette, a quelle dei ghiacciai, ed a quelle dei torrenti, dei laghi e delle sorgenti. Il nostro esame si estendeva tanto alla composizione chimica quanto alla morfologica. Nel presente lavoro non si tratta che la parte chimica.
I.
Studio chimico delle acque del Rosa
1º Acque di neve e di ghiaccio
Per raccogliere e conservare le nevi e i ghiacci ho fatto costrurre delle cassette di latta doppie, cioè chiudentisi luna nellaltra. La cassetta interna ha la base di cm. 28,5 × 15 e laltezza (compreso il coperchio) di cm. 21,5: quella esterna, la base di cm. 34,5 × 20,5 e laltezza di cm. 27,5. Nella cassetta interna, rinchiudentesi con un coperchio, si metteva il ghiaccio e la neve da analizzarsi, nello spazio fra le due cassette, si introduceva della neve o del ghiaccio pesto. Per preservare lesterno della cassetta maggiore dai raggi solari la si involgeva poi ancora in una fodera fatta di rozzo feltro spesso.
Questo sistema si dimostrò oltremodo pratico ed utile; la neve esterna durava per parecchie ore, tanto da darci sempre il tempo di scendere al laboratorio. E se si riponevano le cassette entro alla piccola cantina dove si custodiva il latte, e dove grazie ad una corrente dacqua la temperatura non saliva mai oltre i 9°, il ghiaccio esterno poteva durare due giorni, e quello interno anche cinque o sei.
Le dimensioni delle cassette vennero studiate in relazione a quelle della portantina destinata al loro trasporto. Noi ci siamo valsi del modello di Vittorio Sella7, assai leggero e resistente; su una portantina si possono sovrapporre comodamente due cassette doppie, e gettandovi sopra una coperta si trasportano per delle ore al sole senza che vi sia fusione di sorta.