Various - Bollettino del Club Alpino Italiano 1895-96 стр 13.

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Nello stesso anno, in principio della stagione, Emilio guidò Walther Schultze alle principali vette del Monte Rosa; e più tardi, aveva linsigne onore di accompagnare S. A. R. il Duca degli Abruzzi, collavv. F. Gonella, al Dente del Gigante e nella traversata del Colle di Talèfre.

In giugno del 1893, il Rey trovasi nelle Alpi Retiche a guidare il sig. A. von Rydzewsky alle prime ascensioni del Pizzo Torrone Occidentale e della Cima di Rosso, entrambi per la parete Nord, del Dente di Sciora, del Colle e della Cima di Castello e del Piz Badile. DallEngadina Emilio riducesi al paese natìo, dove lattendono i signori Wicks, Wilson e George Morse per accompagnarli allAiguille Noire de Pétéret.

In agosto è già in Delfinato con la sua inseparabile alpinista inglese. Là, per il persistente cattivo tempo, devonsi accontentare del Pic Oriental della Meije.

Siamo ora giunti alla più fulgida delle sue vittorie, ad una di quelle imprese che di rado si ripetono e lasciano lungo ricordo dietro di sè. Voglio accennare alla conquista dellAiguille Blanche de Pétéret per la parete Est del M. Bianco direttamente dalla stessa. Questa veramente fu lultima vittoria che il Rey abbia riportato sulle montagne e specialmente sul M. Bianco.

Ma se fu lultima, segnò anche lapogeo della gloria che egli si era acquistata come guida alpina.

Fu il dott. Paul Güssfeldt di Berlino, più volte nominato, che ebbe il vanto di compiere tanta impresa. Oltre che dal Rey, era accompagnato dalla guida svizzera Chr. Klucker e da Cesare Ollier di Courmayeur, allora portatore e che promette di venire allaltezza dei suoi compagni di spedizione. La corsa durò 82 ore, dal 14 al 17 agosto. Partiti alle 4 del giorno 14 da Courmayeur, raggiungevano verso le 18 ½ un sito adatto per passarvi la notte a 3200 m. sulla parete Est dellAiguille Bianche de Pétéret. Lindomani, licenziati i portatori venuti a recar coperte, ricominciarono larrampicata che fu pericolosissima nel primo tratto, quindi solo vertiginosa, sebben non facile. Alle 11 ½ erano sulla vetta dellAiguille ad inalberare il vessillo della vittoria. Ridiscesi al Passo di Pétéret, per creste, talancie ghiacciate e roccie friabili, alle 16 trovavansi ancora 700 metri al di sotto della vetta del Monte Bianco. Non avendo la possibilità di salirlo, stante lora tarda e le probabili difficoltà da incontrare, sbarcarono la nottata ai piedi di una ripida parete rocciosa a 4250 metri. Rey, per tutta la notte, tenne desta la comitiva colle sue canzoni francesi e coi suoi spruzzi di motti spiritosi.

Il 16, partiti per tempo, raggiungevano il M. Bianco e scendevano a pernottare alla capanna dei Rochers Rouges (4500 m.), da dove il giorno dopo, pel Grand Corridor, il Grand Plateau, il Dôme ed il ghiacciaio del Dôme, erano di ritorno a Courmayeur verso le ore 21.

Ho voluto tracciare litinerario, non per dare importanza alla impresa, ma per dimostrare di quale forza di resistenza, di qual straordinaria vigoria danimo e di corpo la comitiva era dotata. E dire che in tutto il tempo che durò, non successe un minimo episodio rattristante.

Güssfeldt scrisse per tutta lode sul libretto di Emilio: «Il fallait un compagne aussi tenace, vigoureux et brave que Rey pour mener cette entreprise a bonne fin.»

Nel settembre del 1893 Emilio Rey fu di nuovo con W. E. Davidson che assieme ai signori M. Holzmann e G. FitzGerald, ascese i Jumeaux, compiendo la seconda ascensione della punta Giordano; traversò le cinque punte dellAiguille des Charmoz dal Nord al Sud, e salì le due vette dellAiguille du Dru.

Nel 1894, Emilio Rey veniva scelto da S. A. R. il Duca degli Abruzzi e dallavv. F. Gonella, quale loro prima guida. A tutti è noto lo splendido risultato di quella campagna. S. A. dimostrò di possedere una fibra robusta ed animo forte, incrollabile. Del Rey, il Principe sentenziò che con lui si può essere sicuri di compiere qualunque ascensione: parole che prendono un rilevante significato dalla Augusta penna che le dettò. Nel settembre dello stesso anno, Emilio eseguiva col Güssfeldt la quarta (credo) ascensione del Cervino per la Cresta di Zmutt.

Meritevole di essere segnalata, è la corsa che il Rey fece nel passato agosto con George H. Morse. Saliti al Monte Bianco dai Grands-Mulets per le Bosses, discendevano pel Corridor al M. Maudit, dal quale al Mont Blanc du Tacul e quivi a Montanvert. Il 23 di quel mese salutava per lultima volta lAiguille du Dru che tante volte soggiogò, e la dimane veniva al Dente del Gigante..... dove trovò la morte.

Qui la penna, che febbrilmente scorreva sulla carta, quando narrava le gesta gloriose del Rey, cade involontariamente di mano. Una stretta al cuore, uno stringimento alla gola, mi strappano le lagrime, che solcando silenziosamente le gote cadono ad inumidire il foglio. È angoscia, strazio, sgomento, sconforto che provo? Non so; certo una fusione di tutti questi sentimenti.

Che il Rey sia perito ai piedi del Dente del Gigante e nel modo tragico che tutti sappiamo, è un pensiero che la ragione non ammette e allanimo ripugna. Lungi da noi lidea di polemicare sulla sua condotta; altri più autorevoli di noi, non gli diedero torto. Perchè viaggiare in due soli e perchè slegarsi quando lapparente pericolo esisteva? Egli non è più per risponderci; ma se ci fosse, son certo che i suoi ragionamenti ci indurrebbero ad approvarlo. Se errore vi è stato in questultima pagina della sua vita, esso non menoma in verun modo la squisita bellezza del suo libro doro. Non è una macchia che alteri la candidezza del foglio, ma uninezia che passa inavvertita. Come si può prevenire i pericoli minimi, quando continuamente si lotta coi grandi?

Emilio Rey ebbe il vanto di accompagnare i più celebrati alpinisti dei Clubs Alpini europei, e questo torna ad onore del Club Italiano e delle sue guide di cui egli rialzò il prestigio. E la nostra Società, memore dei servigi direttamente o indirettamente resile, porrà un perenne ricordo a quello che fu il principe delle sue guide, principe di sangue democraticissimo se si vuole, ma nobile e puro, disinfettato da ogni microbo malefico nellaereo ambiente dove traeva vita.

Egli teneva ad occupare il posto che si era conquistato fra i suoi colleghi; era conscio del proprio valore, ma dal suo animo non trapelava unombra di vanagloria. Era altero sì, ma non presuntuoso; non si diede mai il caso che simpermalisse del successo di altre guide. Il sentimento che egli provava di sè stesso era alterezza, non alterigia, come alcuni invidiosi gli rimproveravano. Daltronde «noblesse oblige»; e «on nest pas un grand homme à bon marché» direbbe lHoussaye.

Egli metteva sempre una distinta separazione tra quelli che tengono il più alto ed il più basso rango nella sua professione.

«Un giorno al Montanvertnarra il Cunninghamassistevamo allarrivo dei «poliglotti», come uningegnosa persona battezzò quella turba composta di quasi tutte le nazioni, che può essere vista ogni giorno compiendo il penoso pellegrinaggio da Chamonix al Montanvert. In essa trovavasi un inglese che si era già provvisto di occhiali verdi, di un velo e di scarpe per la montagna, e che non gli mancava più che una guida per terminare i suoi preparativi. Volgendosi al Rey e indicando dapprima la Mer de Glace e quindi il Chapeau, gli chiese: «Combiang?»«Voilà, Monsieur,»replicò Rey, scoprendosi e indicando con la mano sinistra un gruppo di piuttosto poveri campioni della Société des Guides,«voilà les guides pour la Mer de Glace; moi, je suis pour la Grande Montagne».

Emilio Rey possedeva in sommo grado tutte le qualità che fanno le grandi guide: audacia, sangue freddo, prudenza, robustezza, abnegazione, gentilezza di maniere, tali erano le supreme doti delluomo, del quale intessiamo brevemente la vita. La prima di queste qualità fu certamente il grande amore per lammaliante sirena dei monti, un amore come pochi professano e che egli portava sino allidolatria. Era, si può dire, «lenfant gâté» della montagna: non visse che per essa e morì per la medesima. Lideale della sua vita fu lalpinismo, nel quale navigò in tutti gli orizzonti, in tutte le sue manifestazioni. Ma fu un pilota abile che seppe evitare lo scoglio anche nel più forte della tempesta.

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