Marco Fogliani - Racconti Buonisti стр 8.

Шрифт
Фон

Labitazione di Riccardo era lì vicino. Suo padre era in casa e quando li vide chiese sbigottito: "Chi di voi due è mio figlio?"

"Sono io, papà", rispose Riccardo. "Oggi allo stadio c'era un concorso per il miglior sosia di Raul Francisco. E' per questo che i miei amici mi ci hanno portato. Io e lui siamo risultati vincitori a pari merito, con un premio di duecento euro ciascuno", aggiunse Riccardo quasi meravigliandosi di come gli riusciva bene inventare frottole, pur non avendolo mai fatto.

"Bene, bene. Fanno sempre comodo. Con quello che costano i tuoi libri!"; quindi, rivolgendosi a Raul: "Sei dei nostri per la cena?"

"Volentieri", gli rispose col suo miglior accento portoghese.

Riccardo fece entrare Raul in camera sua. Tirò fuori da un cassetto alcuni fogli piegati, e cominciò ad aprirli adagiandoli sul suo letto.

Questo sei tu, gli disse mano a mano che dispiegava i suoi poster, e anche questo, e pure questaltro. Ti riconosci?

E come hai fatto a procurarteli? Neanche mia mamma a casa sua possiede così tante foto di me.

Me li hanno dati per lo più i miei amici - alcuni li hai visti oggi allo stadio - per farmi vedere quanto ci somigliamo. E poi ho tutti questi articoli di giornali e riviste che parlano di te. Ma per lo più dicono sciocchezze, secondo me; cose poco importanti e forse neanche vere.

Raul incuriosito ne lesse qualcuno in silenzio, ogni tanto emettendo qualche breve ed espressivo commento. Ma a un tratto smise di leggere e poggiò tutto.

"Alla tua collezione penso che dovresti aggiungere un altro pezzo importante." Aprì il suo borsone e ne tirò fuori la maglietta da gioco biancoverde, ancora puzzolente di sudore. "L'hai portata un po' anche tu, quindi te la meriti in pieno. E potrai dire che è originale, non una copia come tante."

Riccardo fu d'accordo. Cominciò a frugare tra i suoi cassetti. "Devo avere un pennarello indelebile da qualche parte. Così mi ci puoi fare l'autografo e magari anche una dedica, se non ti dispiace."

"Va bene", rispose Raul. Prese una penna dal caos della scrivania e iniziò a firmare i poster. "Però, se vuoi il mio parere, questa maglietta devi lavarla e cominciare a usarla un po' più spesso. Per giocarci a pallone, naturalmente: ho visto che hai davvero molto da imparare. E se il mio autografo si scolorisce me lo fai sapere: la prossima volta che passo di qua te lo rifaccio."

"Mi piacerebbe che fossi tu a insegnarmi a giocare", rispose Riccardo.

"Temo che non sia possibile. I miei impegni sono molto lontani da qui. Già domani pomeriggio devo essere con la squadra per la visita medica e gli allenamenti."

Terminato con gli autografi, Raul cominciò affascinato a curiosare nella stanza tra i tanti e disordinati libri di Riccardo.

"Sono tutti tuoi questi libri?"

"Si, naturalmente."

"E li hai letti tutti?"

"Tutti. Qualcuno più che letto l'ho studiato. Qualcuno a dire il vero lo devo ancora studiare."

"Deve essere bello come passatempo. A casa mia di libri non ce n'erano. Solo quelli per imparare a leggere e scrivere, che ci siamo passati l'uno all'altro." Mentre parlava, evidentemente a suo agio, riaffiorava leggermente il suo simpatico accento portoghese. "Ora i più piccoli possono studiare di più, anche grazie alla mia fortuna. Ma la mia fortuna è dovuta anche a questo: a casa non c'era quasi posto neanche per noi, ed erano tutti contenti che noi andassimo a giocare fuori. E io giocavo a pallone tutto il giorno, ovunque: tornavo a casa solo per dormire e mangiare. Mi divertivo, ed ero anche bravo, come puoi immaginare."

"Hai detto che hai fatto solo le elementari?"

"Neanche tutte. Forse due o tre anni. Mi piacerebbe mandare un po' di soldi anche alla mia vecchia scuola. Adesso sto studiando l'italiano, e mi riesce abbastanza bene. Ma le altre materie no, non sono portato. Mi ero iscritto a una di quelle scuole per gli adulti, e ho mollato subito."

"Io ho sempre avuto bisogno di leggere. Di storie nuove, di fantasia, più che altro. Forse perché da piccolo mi leggevano sempre le favole prima di dormire."

"Anche a me mi raccontavano le favole. Mia mamma, o anche le mie sorelle. Ma le sapevano tutte a memoria, o forse le inventavano. D'altronde mia mamma tuttora non sa leggere. Ma qui in Italia vado spesso al cinema. E' bello, mi piace."

"Come hai detto che ti chiami?"

"Tutti gli amici mi chiamano Raul. Potete chiamarmi così anche voi, se volete", rispose l'ospite ai genitori di Riccardo.

La cena era andata via tranquilla, con Raul di poche parole, ma cortese ed educato. Quando gli fu chiesto da dove venisse, si ricordò di una serata di beneficenza in un quartiere periferico e popolare di Palermo e disse di venire da lì. Sembrava quasi che parlasse della povertà del suo Brasile.

"E stasera dove dormi? Vuoi dormire da noi? C'è posto, se vuoi."

"No grazie. Ho dei conoscenti qui a Roma." Poi, terminato l'ultimo boccone del dessert: "Complimenti, signora: è tutto davvero molto buono."

"Oh, non esagerare. Proprio niente di particolare. Se avessi saputo prima che ti fermavi a mangiare ti avrei fatto trovare qualcosa di meglio."

"Riccardo, vuoi venire anche tu con me in discoteca questa sera? Conosco un locale davvero carino." Riccardo esitò alla proposta del suo amico. Le discoteche in genere non erano davvero la sua passione; però gli dispiaceva che quella giornata così straordinaria finisse in maniera banale, ed era tentato di seguire il suo idolo per quanto possibile.

"Visto l'esito dell'esame te lo meriti davvero di concederti una serata di svago", commentò suo padre.

"Va bene, mi avete convinto: stasera vado a ballare. Datemi solo il tempo di vestirmi in maniera un po' più adatta."

"A casa tua sono stato tuo ospite, qui tu sei ospite mio", insistette Raul che per tutta la serata non gli lasciò mettere mano al portafoglio. Lo portò in un posticino davvero molto bello. Musica, tanta gente danzante e consumazioni a volontà. Ma dopo neanche mezz'ora Riccardo si era già stufato di ballare. Si mise seduto, su una specie di poltrona in un angolino, ad osservare quello che succedeva nell'ampio locale illuminato a intermittenza da luci colorate e roteanti. Raul ballava senza sosta; quando si fermava, si metteva a chiacchierare con chi gli capitava. Nessuno sembrava riconoscerlo.

"Dai, vieni a ballare anche tu!", gli disse cercando di toglierlo da quella poltrona. "No, non posso, con questa caviglia", rispose Riccardo. Ma non era per quello. Non ne aveva voglia, e forse era troppo impegnato a rimuginare su quanto accaduto quel giorno. Era stata la sua invidia a provocare quel curioso scambio di corpi o di anime? Magari c'era una predisposizione dovuta alla loro somiglianza; o era stata una stregoneria di qualche tifoso? Raul sembrava proprio un bravo ragazzo, più semplice di quanto lo dipingessero i giornali, ma davvero ricco. Però quasi analfabeta, e lontano dalla sua famiglia. Gli dispiaceva davvero, anche se involontariamente ed inspiegabilmente, avergli causato dei problemi.

"E' molto bello qui, non trovi?", gli chiese Raul in un altro suo momento di pausa. Riccardo fece con la testa un cenno che poteva essere anche interpretato come un si, ma sicuramente non lasciava trasparire nessun entusiasmo.

"Sto pensando di comprare una parte del locale, e diventarne socio; e magari quando mi ritiro dal calcio vengo qui a fare il gestore. O anche solo il barman, mi piacerebbe. Tu che ne dici?"

Riccardo non aveva certo questo tipo di aspirazioni. "Ma non hai intenzione di tornare in Brasile quando avrai finito come calciatore?"

"Non lo so. Bisogna vedere. Se sposo una ragazza italiana è probabile che mi fermo. E poi dicono che non è facile riadattarsi a tornare indietro quando ci si è abituati ad un certo tenore di vita. Ma vedrai che finirò per fare come tanti calciatori: l'allenatore o il commentatore o giornalista sportivo."

Ваша оценка очень важна

0
Шрифт
Фон

Помогите Вашим друзьям узнать о библиотеке

Скачать книгу

Если нет возможности читать онлайн, скачайте книгу файлом для электронной книжки и читайте офлайн.

fb2.zip txt txt.zip rtf.zip a4.pdf a6.pdf mobi.prc epub ios.epub fb3

Популярные книги автора