Il mito nasce dalla realtà, ma dal punto di vista delluomo: per questo i miti non sono né uniformi, né logici, né internamente coerenti; sono multiformi e mutevoli come lanimo umano che li produce. Ed è vero anche il contrario: seguendo lo sviluppo delluomo greco, il mito si misura con il processo di razionalizzazione della realtà e del mondo; simboleggiando concetti, fa emergere un mondo che esso stesso crea e fa essere attraverso il suo stesso racconto, attraverso la parola. Si configura così un universo ordinato, fatto di dei dalle competenze e sfere dazione ben delineate e delimitate, parallelo a quello umano ordinario; una sorta di livello sovrumano del reale, un mondo che, creato dalluomo, serve come mezzo per autocertificare il proprio statuto di persona razionale e reale.
Tuttavia resta alluomo la coscienza, soffocata, dellirrazionalità e della mutevolezza del proprio animo. Questa cosa spaventa, terrorizza, perché non cè mai la certezza di averla dominata del tutto. Così attorno alla grande famiglia olimpica continuano a esistere costellazioni di figure minori difficilmente classificabili come divinità. Esse coprono spazi marginali e talvolta traducono lincubo inquietante e incombente del disordine nella forma di una frastagliata serie di collettività mitiche, come i Giganti e i Ciclopi; figure collocate al margine del pantheon e comunque escluse dal culto.
Tra queste si colloca Medusa. Un daimon ambivalente che provoca uno sconvolgimento, un sussulto interiore nel momento in cui lo si guarda. E laddove la parola non può descrivere questo mostro, larte può raggiungerlo con più efficacia, dal momento che ciò che provoca tale scossa può essere sì il suo nome, ma associato inestricabilmente al suo aspetto. Medusa è da vedere, Medusa ci guarda. Un percorso iconografico sulla paura dellaffermazione di qualcosa di incontrollabile, di indescrivibile; è larte del doppio, dellambivalente.
[1] R. OTTO, Das Heilige. Über das Irrazionale in der Idee des Göttlichen und sein Verältnis zum Rationalen, München 1936 (trad. it. Il sacro. Lirrazionale nella idea del divino e la sua relazione al razionale, Milano 1976).
[2] K.O. MÜLLER, Prolegomeni zu einer wissenschaftlichen Mythologie, Göttingen 1825 (trad. it. Prolegomeni ad una mitologia scientifica, Napoli 1991).
I. GORGONI ARCAICHE
Tav. 1 Medusa, rilievo di anfora cicladica da Tebe, 670 a.C., Parigi, Museo del Louvre.
1. Maschera terrifica
Tav.2 Maschera in terracotta della Gorgone Medusa, VIV secolo a.C., dal tempio di Palaikastro di Zeus Diktaian, Creta, Museo Archeologico di Heraklion.
Le fonti figurative documentano in un primo momento la sola testa delle Gorgoni ( gorgoneion). Liconografia del mostro non presenta sin dallinizio uno schema iconografico preciso, ma tipi diversi, genericamente mostruosi, caratterizzati dalla visione frontale e dai grandi occhi. Alla fine dellVIII secolo a.C. deve essere datato un tipo di maschera fittile da Tirinto, identificato come quello di una Gorgone, che presenta grandi orecchie aperte, occhi a globo, bocca fornita di zanne ferine. La maschera è stata trovata insieme ad altre in un pozzo sacrificale associato al santuario di Hera e si trova al Museo Archeologico di Napoli (1).
Valutando queste prime raffigurazioni della Gorgone si deduce facilmente che Medusa nasce come maschera. Ma chiariamo ora il concetto di maschera. Se usiamo la definizione di H. Pernet, maschera è nel senso stretto e usuale del termine, una falsa faccia dietro la quale ci si nasconde allo scopo di travestirsi (2). E cioè un mezzo per cessare di essere se stessi: indossando una maschera, si incarna la potenza di cui si prendono le sembianze per giungere alla possessione. Una possessione che sovrappone la divinità alluomo, fa sì che questa si impadronisca del celebrante rendendolo irriconoscibile e producendo unalienazione in rapporto alla sua identità. In questo modo si stabilisce tra luomo e il dio uno scambio, unidentificazione che allontana luomo dalla sua natura per avvicinarlo allalterità incarnata dalla divinità.
Ma se osserviamo attentamente la maschera recuperata a Tirinto, una delle prime produzioni artistiche della Gorgone, potremo notare che sono assenti i fori degli occhi: infatti la faccia di Medusa è una maschera, ma non la si porta su di sé per mimare la divinità; non si conoscono culti legati a Medusa.
Approfondendo la nostra analisi noteremo unaltra funzione della maschera: quella di spaventare. Pindaro ci descrive la Gorgone come una figura terrificante, con un potere mortifero che da essa si irradierebbe (3). Con ciò, però, la funzione particolare della Gorgone non è più semplicemente di spaventare: è la morte per irrigidimento davanti alla vista terribile. La rigidità è propria di tutte le maschere; nel mitologema di Medusa tale funzione, intensificata, appare come effetto di un essere sovrumano, di un volto che esercita questo effetto anche dopo essere staccato dal corpo. Maschera e Gorgone non vanno separate, esse sono identiche. Medusa è la maschera, essa inizialmente poteva esistere per se stessa, senza portatori umani. Attribuire una figura alla paura è un modo di darle corpo, di oggettivarla e di conseguenza di renderla sopportabile. Si può forse dire che le prime opere darte, quindi, non sono nate dal bisogno di venerare divinità o ingraziarsi potenze invisibili, bensì dalla necessità di scongiurare la potenza dei morti. La religione e larte avrebbero quindi unorigine comune: lesigenza di assicurarsi la protezione dellaldilà (4).
Tav.3 Maschera in terracotta della Gorgone Medusa, VIV secolo a.C., dal tempio di Palaikastro di Zeus Diktaian, Creta, Museo Archeologico di Heraklion.
La maschera nasconde, la maschera spaventa, soprattutto, però, essa crea una relazione tra luomo che la porta e lessere che essa rappresenta. Così la maschera, per la sua stessa rigidità, viene messa in connessione anzitutto con i morti nella sua applicazione arcaica. Essa crea un rapporto tra i vivi e i morti: gli uni si trasformano negli altri; è lo strumento di una trasformazione unificatrice: lo è in senso negativo, in quanto essa elimina i limiti divisori, in questo caso quelli tra vivi e morti, facendo apparire ciò che era nascosto; in senso positivo, in quanto tale liberazione del nascosto, dimenticato o trascurato, comporta, da parte del portatore della maschera, una identificazione con esso; nel caso di Medusa, però, la trasformazione unificatrice si fa unificazione trasformatrice. Si tratta di una identificazione che, invece di sovrapporsi, si cristallizza nellattimo in cui gli sguardi si incrociano, e avviene come nel riflesso di uno specchio (5). Lo sguardo gorgonico ha la stessa funzione che la maschera ha nei riti religiosi; nel contatto che avviene guardandola si realizza la possessione.