Io vi aspettavo: silenzio! Parole ho a dirvi degne che per voi si ascoltino, per me si favellino, né alla umanità né alla patria inutili affatto e per la mia fama necessarie. La natura mi chiama, ed io sto disposto a rispondere. Perché piangete? Chiamerà anche voi; e poichì la vecchiezza precede la morte, considero la morte pietà; io però bene devo ringraziarla di questo, che ella non volle chiudermi gli occhi, se prima non avessi contemplato il giorno della risurrezione; adesso sì che mi sento capace davvero dinvocare col cuore il nome di Dio, poiché la mia bocca, sopra la piazza della Signoria, davanti la faccia del cielo, ha gridato: Viva la libertà! Silenzio! onde il senno dei tempi non vada disperso. Le schiatte umane passano come ombre; se non che, prima di ripararsi sotto il manto di Dio, nelle mani delle schiatte sorvegnenti consegnano la fiaccola della scienza: a guisa del fuoco sacro di Vesta, quantunque ella muti sacerdoti, pure arde sempre e cresce nei secoli nì ormai più teme vento di barbarie. Accostatevi e raccogliete le estreme parole, però che vi aprirò il mio pensiero come se fossi davanti al tribunale dellEterno. Voi, giovani, nei quali tutta speranza di salute riposa, restringetevi insieme; voi, Zanobi e Luigi, consigliate i nobili; voi, Dante da Castiglione (e il membruto della lunga barba rossa, sentendosi rammentare, si scosse come destriero al suono della battaglia), adoperatevi fra i popolani; badate a non lasciarvi sedurre dalle antiche rinomanze; a casi nuovi convengono uomini nuovi: se anima vive che valga a salvare Firenze, è certamente quella di Francesco Carducci; a me giova indicarvelo come il nostro palladio: molto mi conforta il pensiero che al nostro scampo basta non perdere, mentre ai nemici bisogna vincere.
A voi, carissimi, affido il mio nome; difendetelo voi; e se da alcuno udiete parola che rechi oltraggio alla mia memoria, più generosi di san Pietro, non vogliate negare il vostro maestro: dove il vitupero muova da uomo invidioso, tacete, imperocché allodio della mia virtù si aggiungerebbe allora lodio che nasce dal sentirsi dichiarato iniquo; ma dove comprendiate lui essere ingannato, ditegli animosi in mio nome: Nicolò Machiavelli non insegnò ai ricchi la roba, ai poveri lonore, a tutti la vita: sappiate volersi un gran cuore per intendere un cuore grande.
Piangevano tutti. I circostanti, il voto del moribondo adempiendo, si allontanarono dalla stanza; se non che ora luno, ora laltro senza mostrarglisi, gli resero gli uffici estremi, finchì, aggravandosi il male, il giorno appresso 22 giugno 1527, quando pare che la campana pianga la luce scomparsa dal nostro emisfero, spirò la sua grandanima Nicolò Machiavelli.
Capitolo Terzo Il papa e limperatore
di velluto cremesino a frangie doro, con le insegne della Chiesa ricamate in oro; e sovressa carte e pergamene di ogni maniera, brevi, diplomi e capitoli quivi spiegati, quasi museo e satira delle scambievoli loro insidie, alcuni col suggello di Spagna, alcuni colle armi dellimpero, parte con le palle dei Medici, parte ancora con la immagine di san Pietro che pesca e invano rammenta al superbo pontefice la povertà della chiesa primitiva di Cristo. Limperatore continuava dicendo:
La Francia è giglio fragile, e la mia aquila lo ha già sfrondato; se non mingannava un mal genio, tu a questora saresti, o Francesco, uno scudiero nella mia corte imperiale; la mezza luna non tanto scintilla sublime nei cieli che non valga a raggiungerla il volo della mia aquila: leopardo inglese, dacché lasciasti comprarti le branche, apparecchiati a darmi la tua corona in cambio dei miei ducati; e tu, san Pietro, sappi che la mia testa ì capace di portare ancora la tiara Perché no? Massimiliano imperatore voleva farsi papa
La morte! la morte! gridò più alto il pontefice negli orecchi allimperatore.
La morte! proruppe Carlo V, che fa a me la morte? I codardi soccombono a questo pensiero, gli animosi lo portano come una corona di fiori. È meglio lasciare lopera interrotta che non incominciata I monumenti più grandi che il mondo conosca si devono al pensiero della morte parlo delle Piramidi. La morte sta nelle mani di Dio, luso della vita in quelle delluomo. La mia anima abbisogna che la testa del suo corpo si posi nella vecchia Europa, il tronco in Africa e in Asia, i piedi in America. Io non anche percorsi la curva ascendente della mia vita, non giungo ancora a trentanni; e se in questo punto mi toccasse la morte, come Cesare Augusto potrei domandare ai miei amici, ai miei nemici, a voi stessi: parvi chio abbia ben sostenuta la mia parte nel mondo? Le imprese da me fino a questo punto operate, se non possono la mia fama a quella di Alessandro Magno anteporre, bastano ad avvilupparmi in un sudario che mi salvi dal verme delloblio. Se adesso io morissi, il cuore mi assicura che gli uomini direbbero: meritava vivere di più. Papa Clemente, se voi moriste adesso, che cosa pensate il mondo fosse per dire di voi? Lui è vissuto troppo poco, o è vissuto anche troppo?