Maffioli Alessandra - Il Castello Della Bestia стр 9.

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«La mia maman ha avuto un incidente. Con Sébastien. Lui mi piaceva. Mi portava dei dolci. Ma le creature marine mi piacciono più dei dolci.»

Alain sapeva che quello era stato un commento innocente. Mon Dieu, Jean-Philippe era del tutto incolpevole, ma aveva risvegliato un fuoco che lui teneva ben custodito, un fuoco che, nonostante tutti i suoi sforzi, aspettava solo di divampare da un momento all’altro: la rabbia, cruda e primitiva. Sébastien era stato il suo più caro amico, il suo più stretto socio in affari e un assiduo frequentatore della loro casa. Poi aveva improvvisamente tradito Alain in ogni modo, e Joëlle...

In un attimo, non c’era abbastanza aria nella stanza e Alain aveva bisogno di respirare. Inoltre, aveva bisogno di allontanarsi da Jean-Philippe per mantenere la sua innocenza, lasciandolo ignaro della verità il più a lungo possibile. Stranamente, voleva proteggere anche la nuova ragazza alla pari. Veronica, con la sua aria così paziente e buona, anche se lui aveva intuito che nel suo passato avesse conosciuto la sua dose di tristezza.

Posò il bicchiere e guardò di proposito l’orologio. «Mi dispiace. Ho dimenticato una chiamata che devo fare prima che i mercati aprano a Hong Kong» disse. Il suo tono era piatto, e le sue parole suonavano vuote anche alle sue stesse orecchie: doveva uscire di casa, nell’aria fresca della sera. «Perdonatemi. Sarà per un’altra volta. Buona cena.»

Senza nemmeno guardarla, si accorse che Veronica era stata presa alla sprovvista. Anche Jean-Philippe sembrava deluso, ma se la cavò meglio perché, con vergogna di Alain, suo figlio aveva fatto molta pratica.

Sentiva ancora sulla lingua il retrogusto amaro della sua menzogna accuratamente formulata, quindi si voltò senza dire una parola e uscì con deliberata attenzione dalla stanza, proseguendo dritto fuori dalla porta principale nella foschia scura della sera.

Dopo la brusca partenza di Monsieur Reynard, Veronica abbassò lo sguardo su Jean-Philippe. Il viso del bimbo era abbattuto ma stoico. Le fece male il cuore. Chiaramente, quella scena si era già ripetuta in passato, il che era strano, visto che da subito le era parso evidente che Monsieur Reynard adorasse il suo bambino. Ma immaginò anche che lui dovesse essere un maniaco del lavoro. Nessuno diventava un mega milionario mantenendo un buon equilibrio tra lavoro e vita privata. Lei stava ancora imparando la disposizione della casa, dopo il breve tour della mattina, e non le sembrava che Monsieur Reynard si stesse dirigendo verso l’ala con il suo ufficio, ma suppose che potessero esserci più postazioni di lavoro.

Scrollandosi di dosso le sue riflessioni, fece un bel sorriso a beneficio di Jean-Philippe. «Dato che siamo solo noi, avremo un dessert extra?» gli chiese, e lui si illuminò immediatamente.

«Davvero?» le rispose.

Lei scrollò le spalle, bevendo un ultimo sorso del suo drink. «Non ne sono sicura, ma mangerò sicuramente tutta la mia carne e le mie verdure, così potrò scoprirlo.»

Jean-Philippe annuì. «Anch’io» rispose lui, facendo eco al suo tono entusiasta, e si diressero in sala da pranzo.

Sembrava un po’ ridicolo avere una tavola così elegante per due persone, soprattutto perché quelle due persone erano una ragazza alla pari e un bambino di quattro anni, ma la faccia di Monsieur Hormet mentre li serviva era assolutamente impassibile. Veronica era gelosa, in realtà. Aveva sempre voluto possedere l’abilità di non mostrare ogni suo pensiero sul viso, ma non aveva mai imparato a farlo. Prese mentalmente nota, mentre stavano mangiando l’insalata, di chiedergli più tardi come facesse.

La cena era deliziosa e molto, molto francese. Cassoulet, con insalata a seguire, poi un piatto di formaggi, a terminare con una crème brûlée. Il suo dessert preferito. Non fu difficile accettare di condividere una seconda porzione di dessert con Jean-Philippe, anche se avrebbe dovuto stare attenta, se davvero mangiavano così tutte le sere. Le maniere di Jean-Philippe erano eccellenti, molto meglio di qualsiasi altro bambino di quattro anni che lei avesse incontrato prima, ma rifletté sul fatto che quello era probabilmente un aspetto molto più normale della sua vita di quanto lo sarebbe stato per lei o per i suoi fratelli alla stessa età. Si meravigliò di quanto spesso dicesse “per favore” e “grazie”, della sua postura formale e di come non battesse ciglio davanti al formaggio di pecora o all’insalata mista. In effetti, pensò che probabilmente lei avrebbe avuto bisogno di migliorare le sue stesse maniere.

Quando ebbero finito di leccare fino all’ultima deliziosa goccia di crema pasticcera dai loro cucchiai d’argento e nessuno era venuto a dire nulla riguardo a Jean-Philippe o ai suoi impegni, capì che avrebbe dovuto improvvisare per il resto della serata. Alzò il mento, segretamente compiaciuta della possibilità di mostrare quanto bene si stesse ambientando.

«Ho sentito che hai già fatto il bagno, giusto?» chiese.

Jean-Philippe annuì, facendo sobbalzare i suoi riccioli biondi. «Sì, adesso è l’ora della storia! Nel mio letto, ma non devo andare a dormire. A volte chiudo gli occhi, ma non devo.» Intuì dal sottofondo ostinato che “dormire” era probabilmente considerata alla stregua di una parolaccia, ma era incoraggiante che almeno il resto della routine notturna gli piacesse.

«E allora, che ora della storia sia! E scommetto che hai anche una bella camera da letto.» Sorrise passando davanti a Monsieur Hormet, e le parve di vedere l’approvazione sul suo volto.

Jean-Philippe le raccontò tutto della sua fantastica stanza mentre saliva al piano di sopra, e lei si rese conto che era proprio dall’altra parte del corridoio rispetto alla sua. Pratico. Il suo cuore fece una piccola capriola quando lui mise la sua manina paffuta nella sua con assoluta fiducia, e lei riconobbe ciò che avrebbe potuto non essere ovvio durante il giorno, quando il piccolo correva in giro come un pazzo: era pur sempre solo un bambino.

Le decorazioni nella cameretta erano una combinazione selvaggia di animali, creature marine, pianeti e dinosauri, ma tutto sembrava pulito e confortevole. Dovette nascondere un sorriso quando pensò allo sguardo che doveva avere avuto quel povero decoratore d’interni quando aveva scoperto il progetto per quella stanza, specialmente considerando quanto gusto ed eleganza sembrava avere la maggior parte del resto del castello. Ogni angolo era pieno di tesori e giocattoli per bambini, e anche di scaffali di libri. C’era un tavolo da gioco, un tavolo da pranzo, un cavalletto, una lavagna e persino una finta cucina che sembrava abbastanza grande per preparare pasti veri, santo cielo! Jean-Philippe aveva la camera da letto dei sogni di ogni bambino, ma le sue preferenze individuali erano anche impresse in modo inconfondibile.

Il suo letto, che era un tradizionale e grande letto a baldacchino in legno scuro, con una comoda sedia posta accanto – forse da Yvette? – era coperto da uno spesso piumone nero, che era praticamente l’unica cosa semplice nella stanza. Ripiegato sopra le coperte c’era un pigiama fatto di una stoffa decorata con navi spaziali, e sul pavimento c’erano anche delle piccole pantofole a forma di dinosauro. Jean-Philippe andò subito a mettersi il pigiama, poi le mostrò il bagno attiguo, dove aveva lo spazzolino e il dentifricio. Entrambi erano a tema dinosauro.

La guardò sospettoso prima di iniziare a lavarsi i denti. «La tata Marie mi leggeva sempre una storia, ma da quando se n’è andata, Yvette di solito dice che non ha tempo.»

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