«È un piacere conoscerti, Jean-Philippe» rispose Veronica, poi scosse la testa con rammarico. «Non ero al corrente di questa usanza, quindi oggi niente regali, ma prometto che, se rimango, ti porterò qualcosa la prossima volta che vado in città. Sei d’accordo?»
Lui dondolò la testolina mentre annuiva, i suoi bei capelli biondi luccicarono nonostante la luce fioca di quella giornata uggiosa. «Va bene» concordò. «Spero che tu vada presto in città.»
Quella volta Veronica non avrebbe potuto nascondere il suo sorriso nemmeno se ci avesse provato, quindi non se ne preoccupò. Un altro rumore le fece alzare di nuovo lo sguardo verso la porta, dove notò una giovane donna leggermente preoccupata. Il suo petto si alzava e si abbassava rapidamente, come se avesse corso. Indossava una specie di uniforme, non quella bianca e nera tipica del personale di servizio, ma qualcosa fece pensare a Veronica che potesse essere una domestica o una governante. Lo sguardo che quella donna rivolse a Jean-Philippe era un misto di esasperazione e affetto.
L’uomo entrato subito dietro di lei, però, fece scattare Veronica in piedi e la costrinse a raddrizzare la schiena. Era alto, probabilmente vicino ai due metri, e le spalle e il petto erano ampi e muscolosi. Indossava un abito che doveva essere stato fatto su misura per adattarsi così bene alla sua figura imponente, ed emanava un’aura di puro potere. Sicuro di sé. Avrebbe dovuto essere cieca o completamente incurante per non essere consapevole della prestanza di un uomo simile.
Nonostante la sua stazza e la sua stessa presenza sembrassero riempire la stanza, fu il suo viso ad affascinarla davvero. I capelli scuri e ondulati incorniciavano il volto più attraente che avesse mai visto. Non avrebbe potuto definirlo bello, il suo naso romano era un po’ troppo prominente, ma i suoi lineamenti erano virili, forti e assolutamente stupefacenti. Notò, anche da quella distanza, che i suoi occhi erano di un marrone intenso come il cioccolato fondente fuso, incorniciati da spesse ciglia scure, e sembravano scrutarla dentro dall’altra parte della stanza. Sentì la pelle d’oca salirle sulle braccia e sul collo, e non riuscì a distogliere lo sguardo.
Quando lui cominciò a muoversi, qualsiasi incantesimo l’avesse stregata si ruppe. Con stupore, notò che camminava appoggiandosi a un bastone con passi misurati e che sembravano celare un dolore nascosto.
«Oh, Monsieur, mi dispiace tanto. È scappato via, quando invece avrebbe dovuto seguirmi» si scusò la giovane donna con l’uomo che Veronica immaginò fosse Monsieur Reynard.
Lui inclinò leggermente la testa e, sebbene il suo viso fosse rimasto impassibile, Veronica vi scorse una certa indulgenza.
«Capisco, Yvette. Puoi tornare al tuo lavoro.» Il suo tono era profondo e tenebroso, roco. Si diffuse attraverso la stanza silenziosa, riempiendo ogni angolo, anche se parlava a bassa voce.
La giovane donna fece un piccolo inchino e uscì in fretta dalla stanza con gratitudine, lasciando soli Veronica, Jean-Philippe e Monsieur Reynard.
«Papà!» esclamò il ragazzino, confermando l’ipotesi di Veronica sull’identità dell’uomo. Lo vide fare una smorfia quasi impercettibile quando il suo bambino gli andò a sbattere contro una gamba in una dimostrazione di affetto infantile.
«Vedo che hai incontrato la signorina Carson, figliolo» disse guardando Veronica, mentre arruffava la fine capigliatura del bimbo.
«Oh sì! Ti piace? Può rimanere?»
La domanda cadde pesantemente nella stanza silenziosa, e Veronica si voltò per prendere di nuovo la cartellina.
«Ho portato una copia del mio curriculum e un elenco di referenze...»
«Non ce n’è bisogno» la interruppe Monsieur Reynard, facendo un gesto con la mano come per scacciare le sue parole. «Ho visto abbastanza. Il lavoro è suo.»
La bocca di Veronica si spalancò. «Io, uh ... ci siamo appena conosciuti.»
Lui sollevò le sopracciglia scure. «È vero.»
Lei scosse la testa. Perché era così turbata? Santo cielo, di solito era più spigliata di così! «Voglio dire, non mi ha fatto il colloquio. Non vuole sapere... di più?»
L’uomo si strinse nelle spalle e inclinò la testa di lato. «Mademoiselle, sono conosciuto per essere un ottimo giudice del carattere delle persone, con pochissime eccezioni. È ciò che mi ha reso un uomo di successo. Jean-Philippe ha bisogno di qualcuno che sia bravo con i bambini, esperto e parli francese. Da quello che ho potuto sentire, lei possiede questi requisiti.»
Veronica avvertì un caldo rossore salirle dal collo, dritto alle guance e poi fino all’attaccatura dei capelli. Per qualche ragione l’idea di non conoscere nulla di quell’uomo, con la sua soverchiante personalità, la rendeva oltremodo agitata. «Stava ascoltando?» chiese con un tono di voce che, si congratulò con se stessa, apparve quasi normale.
Lui si strinse nelle spalle in uno stile meravigliosamente mediterraneo. «Non di proposito, ma la porta era socchiusa e le voci sono arrivate al corridoio.»
Ripensando alla sua conversazione con Jean-Philippe, Veronica non riuscì a capire cosa avesse potuto dire, per giustificare quella immediata accettazione. «E ho detto abbastanza per darle questa sicurezza?»
Se aveva pensato di aver superato lo shock iniziale riguardo alla bellezza di lui, come qualcuno che dopo essere saltato nell’acqua fredda inizia ad acclimatarsi, aveva torto. Quando rivolse su di lei tutta la forza dei suoi occhi scuri e profondi e alzò gli angoli della bocca in quello che avrebbe potuto essere l’inizio di un sorriso, lei dovette quasi riprendere fiato. Sentì la pelle d’oca sollevarsi di nuovo sulle braccia.
«Ha superato il controllo delle referenze a pieni voti e deve essere consapevole che il suo accento è perfetto. Ma, soprattutto, non ha perso un colpo, quando mio figlio ha insultato il suo ehm... ensemble.» Indicò con tatto il vestito e lei aprì la bocca per l’indignazione, solo per richiuderla di scatto alle parole che lui pronunciò di seguito. «Credo davvero che lei sia una giovane donna di buon senso, pazienza e gentilezza. Queste sono le qualità che apprezzo più di tutte le altre.»
Le sue lodi la riscaldarono, ed erano così vicine a descrivere il tipo di persona che lei sperava di essere, che Veronica sentì come se un altro pezzo si fosse incastrato in quella connessione che stava iniziando a sentire con lui.
«Grazie. In tal caso, accetto il lavoro.» Lui non ricambiò il suo sorriso, ma a lei sembrò che suoi occhi si fossero leggermente increspati agli angoli.
«Chiederò a Monsieur Hormet di portarle i documenti. Vieni, Jean-Philippe» disse lui, voltandosi e dirigendosi verso la porta con passi lenti e misurati, con un’andatura che lei sospettò dissimulasse un dolore molto ben nascosto. Jean-Philippe lo superò per correre fuori dalla porta prima di suo padre.
Tutto considerato, Veronica fu davvero soddisfatta e sollevata di aver evitato lo stress di un vero e proprio colloquio, poi udì le ultime parole di Monsieur Reynard prima che lasciasse la stanza.
«Che sollievo incontrare una giovane donna che non si preoccupa troppo del proprio abbigliamento.»
Capitolo Due
Mentre consegnava a Veronica un fascio di carte da esaminare, Monsieur Hormet passò in rassegna qualche dettaglio, alcuni dei quali lei già conosceva e altri che le erano nuovi. Riassumendo brevemente, le disse che era desiderio del suo nuovo datore di lavoro che Jean-Philippe parlasse inglese per la maggior parte del tempo, ma che voleva anche che suo figlio si sentisse a suo agio a parlare francese con la sua ragazza alla pari se il bimbo lo avesse desiderato. A quanto sembrava, Jean-Philippe aveva avuto una tata che era andata in pensione solo di recente, subito dopo “l’incidente”. Monsieur Hormet lo disse in tono sommesso, quasi come se desiderasse non doverne parlare affatto. Da allora, una delle cameriere, Yvette, aveva fatto un lavoro extra, occupandosi anche di Jean-Philippe, e per questo motivo Veronica avrebbe dovuto iniziare immediatamente, se per lei fosse stato accettabile. Un po’ frastornata da quel vero e proprio diluvio di informazioni, soprattutto dopo tanta segretezza, Veronica annuì. Dopotutto, non aveva nessun altro posto dove stare.