Burnz Arial - Conquista Di Mezzanotte стр 11.

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Davina si calmò quando il fiato le uscì di colpo dal petto... mentre tutti gli altri scoppiavano in applausi, gioivano e festeggiavano quella grande occasione. Kehr afferrò l'idromele, fece un cenno a Davina e sollevò la tazza. Lei ricambiò il cenno con un sorriso forzato. Suo fratello si sedette tra gli applausi, mentre la famiglia si congratulava con lui per quella scena e per le meravigliose notizie.

Davina aveva fatto ogni sforzo possibile per apparire felice, proprio come in quel momento, sforzandosi di mantenere la maschera di un sorriso e aggrappandosi alla consapevolezza che Kehr e suo padre non sarebbero andati in guerra, dopotutto. Per fortuna, i discorsi sulla guerra la tenevano sempre lontana dalla Corte, dove odiava passare il tempo. Inoltre, voleva Ian sul campo di battaglia... non suo fratello o suo padre.

“Resisti, Ian”, lo ammonì Kehr e riversò su di lui un assalto di fendenti, colpi e affondi che fecero arretrare Ian per tutta la lunghezza della stanza. Poiché non faceva attenzione ai propri passi, inciampò e cadde all'indietro, ma si rimise rapidamente in piedi e si voltò, per evitare l'assalto di Kehr.

“Ti stai facendo prendere dall'eccitazione, nipote?” Tammus, il fratello di sua madre, si fermò accanto a Davina.

Davina si accorse di essersi aggrappata allo schienale della sedia, mentre guardava il fratello e il marito impegnati in quella finta battaglia, come parte dell'addestramento di Ian. Allontanò le mani dal legno duro e solo allora si accorse del dolore alle dita. Rivolse lo sguardo allo zio, il viso del quale era illuminato da una tinta arancione calda, a causa della luce delle torce disposte nella stanza. “Sì, Zio, mi preoccupo per entrambi,” mentì.

Tammus le mise un braccio intorno alle spalle con affetto e la strinse a sé. “Oh, non preoccuparti, ragazza. Di sicuro una finta battaglia è diversa da quella vera che, per fortuna, non dovremo combattere affatto.”

“Sì, Zio.” Davina sorrise e rivolse di nuovo l'attenzione ai duellanti.

Quando Kehr le fece l'occhiolino, con la schiena rivolta a Ian, quest'ultimo lo colpì al sedere con la parte piatta della spada, strappando un grido al fratello di Davina. Ian inarcò le sopracciglia con finta sorpresa e Kehr partì al suo inseguimento, ma Ian scappò gridando come una ragazza e facendo il giro dell'ampia superficie della stanza. Tutti scoppiarono a ridere per quella scena comica, eccetto Davina, perché quella scena di Ian la fece stare male. Nelle ultime sei settimane, da quando il marito era stato punito con una stretta ai lacci del borsellino, Ian aveva organizzato un'incredibile messinscena per conquistare la famiglia di Davina ad ogni occasione. Anche se loro due non venivano mai lasciati soli, con suo grande sollievo, nei rari momenti nei quali lui riusciva a gettare un'occhiata nella sua direzione o la metteva con le spalle al muro nel castello, le faceva capire in privato che tutto ciò sarebbe tornato a perseguitarla, quando lui avesse ottenuto lo scopo di avere di nuovo il controllo e il denaro.

“E' un gioco delizioso tra il gatto e il topo, vero?” le aveva chiesto una volta in cui l'aveva bloccata in un angolo.

“Non riuscirai ad ingannare la mia famiglia,” gli aveva detto Davina con sicurezza.

Lui l'aveva bloccata, facendola arretrare nel vano delle scale ed appoggiando le braccia alla parete. “Pensano di potermi controllare,” sibilò, “di controllare i fili di questa marionetta, facendomi misere concessioni del loro denaro? Vedremo se a loro piace essere controllati. Sono dei tipi fiduciosi, proprio come te.” La maledisse con un sorriso malvagio e si allontanò impettito. Davina aveva iniziato a tenere un pugnale nello stivale, dopo quell'incontro. Adesso, mentre osservava la sua famiglia diventare un giocattolo nelle mani di Ian, quell'affermazione del marito le sembrò piuttosto vera. A Ian piaceva quella messinscena, gli piaceva manipolare la gente, fargli credere e fare quello che voleva lui, un gioco nel quale riusciva alla perfezione. Fino a che punto si sarebbe spinto?

Kehr riuscì a fare inciampare Ian, che finì lungo disteso sul pavimento di pietra. Tutti accorsero in suo aiuto, Kehr primo tra tutti, scusandosi. Ian rimase per un attimo stordito e Davina si concesse un sorriso segreto. Dopo essersi ripreso, Ian si pulì il sangue sul labbro inferiore e la guardò. Sollevò un sopracciglio e sorrise brevemente- solo abbastanza perché lei lo notasse- prima che il suo viso diventasse di nuovo serio, poi abbassò lo sguardo, come se soffrisse. Rivolgendo un'occhiata a Davina, si alzò da terra e si spolverò i calzoni. Il suo lieve gesto fece voltare verso Davina suo fratello e suo padre. Prima che lei capisse il piano di Ian, era stata sorpresa a gongolare per l'incidente del marito, proprio come voleva lui.

Il calore le risalì fino alle guance. Parlan la fulminò con lo sguardo, spingendo il resto del gruppo a voltarsi verso di lei. Davina si scusò per dover lasciare la scena, uscì dalla Sala Grande, attraversò il corridoio oltre il salotto, la cucina e il cortile verso le scuderie, cercando di soffocare i singhiozzi. Il crepuscolo avvolgeva il castello, gettando su tutte le cose delle sfumature grigie. Degli aloni di luce ambrata circondavano le torce disposte nei terreni intorno, per illuminare almeno un po' il percorso. Davina entrò nelle scuderie e colpì con il piede un secchio vuoto sul pavimento. Il rumore svegliò i gattini, che si stiracchiarono.

“Come possono credere alla sua messinscena?” sibilò incrociando le braccia sotto il petto, stringendo i pugni e camminando avanti e indietro. Dopo il primo incidente, Davina era andata da suo padre per svelargli il piano di Ian e lui le aveva creduto. Tuttavia, quando Ian era stato portato davanti a Munro, Parlan e Davina per spiegarsi, aveva affermato che Davina lo aveva capito male e si era scusato per essere un inetto con le parole, incapace di dire le cose nel modo giusto. All'inizio, persino Davina aveva creduto di aver sentito male, fino a quando Ian non l'aveva messa un'altra volta con le spalle al muro. Era impossibile sbagliarsi. Dopo un po', il padre aveva iniziato a credere che Davina stesse cercando di screditare Ian, mentre lui si stava sforzando di cambiare. Comunque, quei fallimenti non l'avevano scoraggiata e aveva continuato a tentare.

Due gattini sbucarono da sotto una cesta sul retro della zona di lavoro di Fife. Davina si fermò e li fissò, aspettando. Dov'erano gli altri gattini? Si chinò sui talloni, sbirciando nell'oscurità. Un altro gattino strisciò fuori, miagolando. Erano cresciuti così tanto nelle ultime sei settimane... ma solo di taglia. Il ridursi del loro numero era quello che preoccupava Davina. Quando aveva visto i gattini per la prima volta, ne aveva contati otto. Una settimana dopo- quella successiva all'inizio della punizione e della supervisione di Ian- ce n'erano sette. Aveva rimosso quella differenza nel numero, pensando di aver contato male. Quando la settimana successiva era scomparso un altro micetto, aveva pensato che quel poveretto fosse stato catturato da un gufo o da qualche altro predatore. Giusto, un altro predatore. Fife le aveva detto del terzo gattino che era scomparso due settimane dopo e aveva affermato che Ian glielo aveva portato con il cuore quasi spezzato. La testa era stata schiacciata... da un cavallo, aveva immaginato Fife. Davina aveva cercato di parlargli dei suoi sospetti, ma lui le aveva detto in un tono paterno che era troppo dura con il padrone Ian, che doveva imparare a perdonarlo per le sue passate trasgressioni e come Ian si fidasse di lui riguardo al modo di provare ad essere un marito migliore.

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