Metta Cecilia - Ogni Bacio стр 2.

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“Mi va benissimo che lui usi il vischio con me.” Karen inarcò le sopracciglia ramate. “Quest’anno potrei anche competere con Lisette.”

Gia scrollò le spalle. Ian era attraente fisicamente, nessuno poteva negarlo, ma l’unico uomo che lei aveva desiderato negli ultimi tre anni era stato Joey.

Joey era stato il suo tutto.

Le mancò il respiro e strinse il sacchetto di plastica dei nastri finché non svanì la minaccia delle lacrime. Si schiarì la gola. “Mi stai dando una soffiata dicendo che dovrei scommettere su di te e non su Lisette?”

“Lisette ha dalla sua parte la vecchiaia e l’inganno. La mia lussuria e la mia determinazione non possono competere con lei.” Karen socchiuse le labbra color rubino e strinse gli occhi, entrando in modalità contabile. Si sistemò distrattamente la matita dietro l’orecchio. “Ma io scommetto due a uno che Lisette metterà Ian nell’angolo almeno cinque volte e che lui per tre volte sgattaiolerà via.”

“Come fai a tenere il conto?” Gia estrasse un nastro di velluto dal sacchetto. “Hai delle telecamere nascoste? Delle spie? Un esercito di ragni che osserva e ti riporta i segreti durante la notte?”

Karen fece finta di annusare. “Non rivelo mai le mie fonti. Lo sai.”

Gia legò il nastro attorno a un rametto di vischio, afferrò il contenitore di plastica delle puntine rosse e verdi che Karen aveva sistemato sulla scrivania e si diresse verso la porta. “Conosco il posto perfetto.”

“Aspetta, ragazza scintillante.” Karen si alzò, con la sua gonna a quadri, il maglione verde bosco con scollo a V e gli stivali di pelle nera. Con i suoi capelli corti color castano e il suo sorriso impertinente secondo Gia assomigliava a una fata troppo cresciuta che si dedicava alle marachelle. Indicò la porta dell’ufficio di Gia. “Hai dimenticato il posto più ovvio.”

“Preferisco ammirare i baci da lontano e mi rifiuto di restare intrappolata nel mio ufficio o di essere costretta a pagare un pedaggio per entrare o uscire.” Esclamò guardando Karen. Anche se Gia avrebbe potuto giocare la carta del dolore e fuggire, c’erano un paio di membri dello staff che avrebbero assolutamente approfittato del vischio appeso all’architrave.

“Hai ragione.” Karen si stropicciò il naso lentigginoso. “Ma stavo pensando più a me che a te. O’Connor gironzola spesso senza motivo nel tuo ufficio.”

“Veramente?”

Karen sollevò la testa con un’espressione completamente incredula. “Veramente non lo hai notato? Come hai potuto non accorgerti di tutta quella bontà maschile? Sono preoccupata per te, G.”

Anche se apprezzava la battuta, tutti i motivi per cui non avrebbe notato un altro uomo rimanevano non detti sulla punta della lingua. Perché ero completamente innamorata di Joey. Perché Joey possedeva il mio cuore. Perché avevo tutto quello che volevo.

Tutti i suoi motivi erano spariti, scomparsi per sempre.

Ma lei era ancora viva e piangere non avrebbe cambiato nulla. Lo aveva fatto abbastanza negli ultimi mesi per saperlo.

Gia sorrise di nuovo. “Se ti dà un vantaggio, mio romantico folletto del gioco d’azzardo, correrò il rischio.”

Karen iniziò a battere le mani saltando da una parte all’altra. “Prendo la scala.”

Mezzo minuto dopo, Gia era in equilibrio sul gradino più alto della scaletta. Nemmeno i suoi tacchi da dieci centimetri erano sufficienti per raggiungere la sporgenza superiore dello stipite della porta. Si allungò tenendo un rametto di vischio con un nastro in una mano e una puntina rossa nell'altra.

“Vedo che la mia premonizione del pericolo non era sbagliata.” Il timbro morbido della voce di Ian O'Connor si avvicinò, ma Gia si concentrò sull'appuntare il vischio. Se si fosse guardata alle spalle, avrebbe potuto perdere l'equilibrio. “Cominciavo a sospettare che quest’anno l'ufficio saltasse il Natale.”

“E perdere l'occasione di vedere il signor Hamilton ballare Jingle Bell Rock alla festa annuale di Natale?” Non era possibile non notare nella risata di Karen la sua volontà di flirtare. “Neanche per sogno. Anche quest'anno distribuisci regali, vero?”

“Qualsiasi cosa per lenire la mia reputazione di Grinch per un giorno.”

“Stai sopravvalutando il potere dei regali. Per te, comprano solo un'ora di buon umore, al massimo.” Karen fece quasi le fusa con la sua voce. “Poi torni a essere un bastardo dal cuore di ghiaccio di due taglie troppo piccole.”

“Come dovrei essere.”

Gia sbuffò dolcemente e appuntò il vischio. Ian Non sembrava preoccupato che qualcuno potesse considerarlo senza cuore e considerando la sua reputazione - tutti denti e una pelle abbastanza dura da sopportare qualsiasi attacco verbale - la sua mancata reazione non l’aveva sorpresa. Fuori dall'aula, la fama di Ian era altrettanto brutale. Si atteneva alla regola ferrea di una sola notte prima di freddare le sue partner romantiche, senza eccezioni. Eppure sembrava avere sempre una selezione di vittime consenzienti. Doveva essere particolarmente abile in camera da letto.

Non che fosse interessata.

“Signorina Hellman, credo che il nastro sia storto.”

Gia si accigliò di fronte alla decorazione perfettamente dritta. “La mia abilità con i nastri è irreprensibile, signor O'Connor. Come si permette?”

“Non mi riferivo al bel nastro legato a un qualsiasi rametto di vegetazione.”

Aggrappandosi allo stipite della porta per non perdere l'equilibrio, Gia diede un'occhiata sopra la spalla. Ian le stava fissando le gambe e le fiamme nei suoi occhi blu non avevano niente a che fare con l'allegria o la gioia, ma piuttosto con i regali che lei avrebbe potuto offrirgli più tardi.

Ian sollevò lentamente lo sguardo verso di lei, scrutandone ogni centimetro. Anche se era stato sorpreso a guardare, la sua espressione non tradiva un barlume di vergogna o di rimorso. “Sto parlando del delicato nastro rosa sull'orlo della sua gonna, naturalmente”.

“Lo sapevo.” Il viso di Gia avvampò un po', ma si rifiutò di distogliere lo sguardo. Non lo stava lasciando andare così facilmente né ammetteva alcuna debolezza, specialmente l'inaspettato traballare delle sue ginocchia.

Ian fece scivolare fuori le mani dalle tasche dei pantaloni. “Posso?”

“Purché continui a comportarsi in modo educato.” Gia gli fece il suo sorriso più dolce.

Una corrente d'aria che trasportava la colonia di lui, leggermente speziata e ridicolmente costosa, le invase i polmoni quando Ian si avvicinò. Dopo un leggero strattone all'orlo della gonna, l’uomo si raddrizzò e inclinò la testa, studiando il suo lavoro. “Così va meglio”.

“Mi dispiace che il nastro indisciplinato della mia gonna abbia offeso la sua sensibilità delicata, signor O'Connor.”

“Scuse accettate, signorina Hellman.”

Gia avvertì uno sfarfallio nello stomaco e scese dalla scala prima di fare qualcosa di sconveniente, come poter riconoscere il motivo di quella sensazione. Si girò verso di lui. Guardando Ian, non poteva negare perché una ragazza potesse essere tentata di sprecare una notte con lui. Vestito in modo impeccabile con pantaloni blu, camicia gessata e cravatta rosso sangue, poteva darle del filo da torcere in una gara di moda. Doveva aver finito le sue udienze in tribunale per quel giorno, perché si era tolto la giacca e aveva arrotolato le maniche della camicia. I suoi avambracci nudi lo facevano sembrare pronto a giocare invece che a lavorare.

“Quante di quelle mostruosità intende piantare – mi perdoni, appendere – quest’anno in posti poco appariscenti?” Lanciò un'occhiata al vischio sopra la scala.

“Questo è un'informazione riservata.” Gia sbatté le ciglia, con un’aria innocente, e l'innegabile voglia improvvisa di adescarlo. “E il suo nome non è su quella lista, quindi dovrà trovarli tutti come tutti gli altri, un bacio alla volta”.

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