«Scusa» le dissi. La sua resistenza a parlarmi di quel tipo stava facendo sbocciare la mia curiosità.
Entrò nel vialetto, spense il motore e poi posò una mano sulla mia. Non sembrava affatto una donna di settantacinque anni. E io avevo ereditato quella qualità. Le mie amiche venivano chiamate signora, mentre a me veniva ancora chiesta la carta di identità quando dovevo comprare anche solo del vino in cartone. «Non volevo insinuare che tu sia stata irrispettosa. Ma considera quella di oggi una lezione. E dimenticati di quell’uomo.»
«Okay per la prima cosa.» Mi chinai e la baciai su una guancia. «Ma per la seconda? Impossibile.»
Capitolo 2
Tyson
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Nora Whynot era la peggior incantatrice del mondo. Ma essendo l’unica un po’ professionale di Summerland, era ancora in attività. La sua magia aveva più cortocircuiti di una scheda madre bruciata, e avrei dovuto lasciare quella svendita nel momento in cui l’avevo vista gironzolare tra i tavoli.
Avrei davvero dovuto.
Forze più potenti di lei mi avevano trattenuto lì, distraendomi dal mio scopo. Ora dovevo dire al resto dei ragazzi che Nora Whynot aveva avuto la meglio su di noi. Ancora.
Il nome con cui chiamavamo gruppi come il nostro era tuono, una parola evocativa che rendeva bene l’idea di chi, o cosa, noi fossimo.
«Dov’è la scatola?» mi chiese mio fratello Chance. Tecnicamente, era più vecchio di me. Secondo Chance la cosa aveva ancora un certo peso, ma per me era una cazzata. Nella nostra forma umana, noi cinque membri rimanenti del tuono ci presentavamo come uomini sulla trentina. Un’età perfetta, in cui si era degni di fiducia in un contesto professionale, ma in cui la gente si chiedeva perché fossimo ancora single.
Era passato così tanto tempo da quando qualcuno di noi aveva assunto la sua forma di drago, che non riuscivo a ricordare che aspetto avessimo così. E dovevamo ringraziare Nora Whynot per essere rimasti bloccati come esseri umani negli ultimi cinquant’anni.
Ora aveva lei la reliquia che avrebbe potuto porre fine a quell’incantesimo. O a quella maledizione, come ci eravamo abituati a definirla negli ultimi decenni.
«Dannazione, speravo che anche solo toccare quel cazzo di affare sarebbe stato sufficiente per farti mutare.» Jax, mio cugino, scosse la testa. «Non vedevo l’ora che stasera ci fosse una piccola tempesta di fuoco su Summerland.»
«Somiglia alle rappresentazioni presenti nei grimori?» Tanner era il nostro storico, quello che si aggrappava alla tradizione e che aveva ancora un po’ di magia residua, ma non abbastanza per farlo mutare. «La mia visione era corretta? Se lo era, non posso credere che proprio Jerry, tra tutte le persone, avesse un manufatto sacro nella sua cantina. È pazzesco che fosse un essere umano ad avere ciò di cui abbiamo bisogno, proprio sotto il nostro naso. Cosa diavolo ancora ci sta nascondendo?»
Anche Rafe, che vedeva il lato peggiore di ogni cosa, era senza parole. Si era già alzato per aprire la teca di vetro che conteneva i nostri antichi libri di incantesimi.
Nessuno di loro pensava che sarei tornato senza la reliquia.
«È una scatola, e assomiglia a quella nei nostri grimori.» L’acido mi bruciava la lingua in attesa della dichiarazione che stavo per fare. «Ma ora ce l’ha Nora Whynot.»
«Cazzo.» Rafe richiuse la teca con così tanta forza da farla traballare, e il suo inestimabile contenuto vibrò a causa di quel movimento. «Come ha fatto quella strega a mandare tutto a puttane anche questa volta?»
«C’era sua nipote con lei.»
«Sì, lo sappiamo, è una tipa sexy» gemette Jax. Il tuono teneva d’occhio Nora, nel caso avesse lanciato altri incantesimi mal riusciti. Quindi, quando era andata a vivere con lei una ragazza che sembrava la sua versione più giovane, uguale a come era stata Nora ai tempi in cui era stato commesso quel crimine, ce ne eravamo accorti. «Ha il tipo di curve morbide che sono pericolose perché non pensi di dover rallentare quando le incontri. Ma, ovviamente, se non stai attento, ti fa andare a sbattere dritto contro un muro di mattoni. Come ha fatto con te oggi. E se stesse lavorando con Nora per tenerci lontani dalla scatola?»
«È potente.» Non sapevo nemmeno il suo nome, ma aveva fatto sfrigolare l’elettricità sulla mia pelle, e io desideravo ardentemente provare ancora quella sensazione. «Solo che non credo che lei lo sappia ancora.»
«Ottimo. Può annullare la maledizione in modo da farci finalmente mutare, cazzo.» Tanner sorrise. «Se non hai preso la scatola, sei riuscito almeno a recuperare il codice che contiene?»
«Non ancora.» Ma avevo intenzione di farlo.
«Quindi sei stato distratto da quella piccola strega. Ma perché la scatola ce l’ha Nora e non tu?» chiese Rafe.
La solita fortuna. «Perché penso che Nora mi abbia lanciato un altro incantesimo.»
Mi aspettavo il coro dei gemiti. Cinquant’anni prima, quando il Tuono delle Rocky Mountains aveva perso tutti i suoi draghi fino ad allora sopravvissuti, eravamo rimasti noi l’unico tuono del Nord America. Ed eravamo solo in cinque. Eravamo nati per proteggere le montagne. Senza compagne, stavamo perdendo la nostra forza.
Avevamo chiesto aiuto a Nora.
Avevamo sperato che lei attirasse dei draghi femmine, in modo da farle avvicinare a noi. Sarebbero arrivate da altri tuoni, o magari sarebbero giunte a noi dopo essere state abbandonate o dimenticate ai piedi della massiccia catena degli Appalachi, di cui proteggevamo la sezione meridionale. Là fuori potevano esserci altre creature della nostra specie, che eravamo stati troppo deboli per accogliere, alla ricerca di noi come noi lo eravamo di loro.
Non eravamo esattamente immortali, ma potevamo vivere per molti millenni. Non volevamo essere l’ultima generazione. Le montagne avevano bisogno di noi nella nostra piena potenza e gloria. Nora aveva promesso di lanciare un incantesimo che avrebbe attirato le nostre compagne, facendole venire da noi, in cambio di un enorme pezzo di quarzo dal nostro tesoro.
Non era stata una decisione unanime a sancire quel patto. Rafe ancora insisteva, dopo tutti quegli anni, che le avevamo dato troppo potere. Era convinto che fosse quello il motivo per cui l’incantesimo era andato terribilmente storto, facendoci rimanere bloccati, da allora, nelle nostre forme umane.
«Com’è che si dice, se male non fai...?» Chance scosse la testa. Non aveva bisogno di dirlo. Avevo fatto un casino. «Qualcuno ha bisogno di spruzzare della vernice sulla porta d’ingresso del suo negozio di tarocchi. Dannazione. Quando gli ultimi cinque draghi del Nord America moriranno, nessuno se ne accorgerà, perché siamo umani da troppo tempo. Probabilmente pensano già che siamo morti.»
Quel pensiero faceva riflettere, perché probabilmente era vero. Dopo tanto tempo nella mia pelle umana, riuscivo a malapena a definirmi un drago. Summerland era una città sicura, ma se fosse successo qualcosa di serio, saremmo stati fottuti. I nostri poteri erano un ricordo e non una minaccia.
«Ci ha fregati, ma prenderemo quella scatola e saremo pronti a combattere.» Oggi avevo fallito, ma quella scatola sarebbe presto stata mia. Senza di essa, nessuno sapeva cosa sarebbe potuto accadere.
«Combattere per cosa?» ringhiò Rafe. «Non ci sono altri draghi nel Nord America. Abbiamo esaurito l’oro da vendere. E se fossimo costretti a dare via la nostra terra?»
«Nessuno è intenzionato ad acquistare una catena montuosa» lo presi in giro.
Mosse la mano davanti a sé. «Ci sono case che spuntano ovunque, sulle montagne. Alla fine, un imprenditore ci farà un’offerta che non potremo rifiutare. Se ci spostiamo, non avremo più alcuna protezione.»