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AVEVA MALE DAPPERTUTTO. Se era morto, James non avrebbe dovuto sentirsi più leggero? A meno che non fosse finito all’inferno, il che non aveva senso, visto che era sicuro di avere visto un angelo prima di perdere di nuovo i sensi. Un bell’angelo dai capelli dorati che aveva recuperato la sua anima direttamente dall’oceano. Era completamente inzuppata, come si sentiva lui ora.
Quando un’onda lo colpì direttamente dietro la nuca, il suo corpo fu spinto in avanti e l’acqua salata gli entrò in gola, facendogli bruciare gli occhi e le narici.
“Le mie scuse”. La voce era melodiosa e dolce, e lui si lamentò, quando si rese conto che la donna era rimasta con lui. Lo teneva tra le braccia e la sua pelle morbida e liscia strusciava contro di lui mentre lo portava a riva a nuoto. Il suo angelo. James si girò per guardarla. I capelli dorati e la pelle perfetta, senza alcun difetto, che ricordava. Mio Dio, era...
Colpì la sabbia con le ginocchia e ricevette un’altra ondata in faccia. Erano approdati sulla spiaggia e lei lo stava trascinando lontano dalle onde...con una notevole difficoltà. Avrebbe dovuto aiutarla, ma metà del suo corpo era insensibile e l’altra metà avrebbe voluto esserlo.
Allungò le mani per appoggiarsi alla spiaggia e tirarsi su, ma il suo moncherino ancora aperto e bruciato toccò la sabbia. Trattenne il respiro e si lasciò cadere, anche se erano immersi nell’acqua fino al ginocchio. Aveva perso la mano. In qualche modo aveva dimenticato quel dettaglio altrimenti indimenticabile, distratto com’era dal bel viso dietro di lui e dal fatto che aveva male dappertutto.
“Sei ferito!”, esclamò la donna con la sua voce melodiosa. Era una persona terribile, visto che sentiva sollievo perché lei si strusciava contro di lui?
“Solo un graffio, in realtà”. Perché voleva impressionarla? Era chiaro che fosse mezzo morto. Perché cercava di proteggere il proprio orgoglio? Lei lo aveva tirato fuori dall’acqua ed avevano nuotato fino a riva.
Strabuzzò gli occhi quando scoprì che la sua ipotesi, prima di avere il viso pieno di sabbia, era corretta. Lei non indossava niente.
James si lasciò cadere sulla schiena, deciso a dare un bello sguardo alla sua salvatrice senza appoggiarsi al braccio sinistro. Capì immediatamente di essere stato vittima di un’illusione febbrile, perché aveva compreso che la donna non era affatto un angelo- sentiva troppo dolore per essere in Paradiso- ed era sicuramente nuda, ma non poteva essere umana. Era troppo perfetta, troppo bella, e si sentiva troppo a suo agio nell’acqua. Quando abbassò lo sguardo, e si maledisse perché gli mancava l’autocontrollo di un gentiluomo- trattenne il respiro. Era impossibile. Lei non poteva esistere, a meno che lui non stesse impazzendo. “Sei una...”
Lei si guardò. La maggior parte della metà inferiore del suo corpo restava nascosta nell’acqua poco profonda, ma le scaglie dorate della coda da pesce arrivavano fino al suo addome, per fermarsi al di sopra dell’ombelico, e risalivano un po’ più in alto sui lati fino a coprirle i fianchi. I suoi capezzoli nudi erano dello stesso colore delle sue scaglie e dei suoi capelli. Anche se c’era poca luce, i suoi occhi sembravano della stessa sfumatura. Con la sua pelle morbida ed abbronzata, anche al chiaro di luna sembrava fatta d’oro. Lui desiderava toccarla, ma strinse le dita della mano che gli restava per reprimere quel bisogno. Le storie di sirene che aveva sentito durante i suoi giorni in mare le descrivevano come perverse cacciatrici con un bel viso, ma con motivazioni sanguinarie. Avrebbe perso l’altra mano se avesse osato?
La sirena distolse lo sguardo da lui e guardò l’acqua. “Sono deludente ai tuoi occhi come lo sono agli occhi della mia gente?”
Cosa? Come poteva una donna così bella credere di essere deludente? “Non capisco”. La sua affermazione era vera sotto molti punti di vista. L’esistenza della donna, cosa gli era successo e il fatto che lei credesse di avere dei difetti nel suo aspetto.
Lei sospirò e guardò il moncherino ferito nel polso sinistro. Lui avrebbe quasi voluto immergerlo di nuovo nell’acqua per nascondere l’imperfezione agli occhi di lei. Se c’era qualcuno di deludente da guardare, quell’onore spettava a lui. Sarebbe stato considerato un invalido al suo ritorno a Londra. C’erano anche delle cose peggiori, ma il nome della sua famiglia avrebbe occupato i pettegolezzi per mesi. Qualcosa che non avrebbe certo giovato a sua sorella durante la sua prima stagione.
“Devo portarti più avanti sulla terraferma”, disse lei di nuovo, interrompendo le sue preoccupazioni. “Se mi permetti di toccarti di nuovo.” Quando lo guardò, non mostrò alcuna compassione. Lui le fu grato per tutto ciò.
James aprì e chiuse la bocca varie volte, mentre si sforzava di trovare le parole per rispondere a quell’affermazione. “Perché non dovrei permetterti di toccarmi?” Mentre iniziava a scuotere la testa e diventava sempre più consapevole del dolore al braccio e nel fianco, l’idea delle sue mani sul proprio corpo gli diede conforto. Il suo tocco gli avrebbe procurato un sollievo temporaneo? Moriva dalla voglia di scoprirlo.
“Pochi istanti fa, hai esitato e sei sfuggito alla mia presa, quando hai visto che non sono come vorresti.”
“Volere...cosa? Sei la più bella donna sulla quale abbia mai posato lo sguardo. Se ti ho spinta via, era perché non riuscivo a vederti dalla posizione in cui mi trovavo e ne avevo disperatamente bisogno.” Era evidente che le donne sulla terra e in mare avevano bisogno di essere rassicurate e di parole dolci. Non era un compito difficile, ma era comunque divertente.
“Oh.” Lei distolse lo sguardo e giocherellò con i capelli fingendo timidezza. Il fatto di non potere dire se fosse arrossita o no, gli fece maledire l’assenza di luce. Sarebbe stata luccicante e scintillante alla luce del sole? Le sue scaglie erano ruvide o lisce al tocco? Balzò all’indietro quando si rese conto che si era chinato più vicino a lei. Dannazione, lei lo avrebbe consumato come una falena che non si rende conto dei pericoli nascosti nel volare troppo vicino a una fiamma. Forse c’era una ragione se le sirene erano spesso chiamate “fanciulle del mare”. Chi aveva bisogno di una canzone quando si aveva quell’aspetto?
“Come ti chiami?” Non aveva mai pensato che le sirene fossero reali, nonostante le sciocche superstizioni del suo equipaggio, e adesso che se ne trovava davanti una, non sapeva proprio cosa dirle. Fortunatamente i capelli le erano ricaduti sul seno, e ciò lo aiutava a controllare il desiderio di guardarlo. Lo avrebbe comunque trasformato in un libertino.
“Ione.” Un sorriso brillante le illuminò il viso, poi gli prese la mano e posò il palmo sulla propria guancia. “Il mio nome è Ione.”
La sua pelle era così morbida e calda, nonostante la freschezza della brezza marina. “Grazie per avermi salvato, Ione. Io sono il cap...James. Puoi chiamarmi James.” Non gli importavano le formalità, visto che lei non apparteneva al suo mondo e non le sarebbe importato cosa potesse significare il suo nome di famiglia o la sua posizione. “Sfortunatamente, penso di stare morendo. Non dovresti assistere a queste brutture. Aiutami ad allontanarmi dalla marea e non ti terrò lontana dalla tua destinazione.” Non capiva come sarebbe potuto sopravvivere quella notte. Se fosse riuscito a tornare alla tenuta, sicuramente avrebbe ceduto alla febbre e sarebbe morto di malattia o infezione. Nessuno meritava di assistere a tutto ciò, se poteva evitarlo.
Il sorriso di Ione si spense poi, alzando il mento con determinazione, lasciò la sua mano e lo afferrò di nuovo sotto le braccia. Il suo corpo brillò per un attimo, prima che le scaglie scomparissero e si trasformassero in gambe umane. Mentre si muoveva ed i suo capelli si separavano, James prese nota vagamente che i suoi capezzoli stavano diventando più scuri, fino a un normale rosa, mentre accadeva tutto ciò. Intrigante. Lui serrò gli occhi mentre lei si alzava, per non essere beccato a fissare la parte superiore delle sue cosce. Tuttavia era troppo tardi. Non aveva peli e niente la proteggeva dal suo sguardo. Il sangue che non aveva perso iniziò a risalirgli fino all’inguine.