Морган Райс - Un Cielo Di Incantesimi стр 10.

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In un ultimo gesto di disperazione, Luanda si tuffò proprio mentre vedeva un soldato sollevare una lancia dietro di lei. Finì a terra con un tonfo e con la coda dell’occhio vide la lancia che sfrecciava in aria, diretta verso di lei.

Però, non appena ebbe attraversato la linea di demarcazione e fu atterrata nell’Anello, improvvisamente dietro di lei lo Scudo fu di nuovo attivo. La lancia, a pochi centimetri da lei, si disintegrò a mezz’aria. E alle sue spalle tutti i soldati dell’Impero gridarono portandosi le mani al volto mentre prendevano fuoco e venivano distrutti anch’essi.

Dopo pochi istanti di loro rimanevano solo dei cumuli di cenere.

Dall’altra parte del ponte Romolo rimaneva fermo a guardare la scena. Gridava e si batteva il petto. Era un pianto di agonia. Il pianto di qualcuno che era stato sconfitto. Battuto in ingegno.

Luanda rimase a terra, respirando affannosamente, scioccata. Si chinò verso terra e baciò il suolo. Poi sollevò la testa a rise di gusto.

Ce l’aveva fatta. Era salva.

CAPITOLO SEI

Thorgrin si trovava nel mezzo della radura, di fronte ad Andronico, circondato da entrambi gli eserciti. Si erano tutti fermati e guardavano padre e figlio che si affrontavano un’altra volta. Andronico stava lì in tutta la sua gloria, torreggiante su Thor, con una grossa ascia da guerra in una mano e una spada nell’altra. Mentre lo affrontava, Thor cercava di fare respiri lenti e profondi, controllando le proprie emozioni. Doveva mantenere la mente chiara e sgombera, concentrarsi nel combattimento contro quell’uomo come se avesse di fronte qualsiasi altro nemico. Doveva continuare a ripetersi che non stava affrontando suo padre, ma il peggiore dei nemici. L’uomo che aveva fatto del male a Gwendolyn, l’uomo che aveva fatto del male a tutta la sua gente, l’uomo che gli aveva fatto il lavaggio del cervello. L’uomo che meritava di morire.

Con Rafi morto e Argon di nuovo in forze, tutti i morti viventi se n’erano tornati sotto terra e non c’era più nulla a posticipare quello scontro finale, lo scontro tra Andronico e Thorgrin. Era la battaglia che avrebbe determinato l’esito della guerra. Thor non gliel’avrebbe fatta passare liscia, non questa volta, e Andronico, messo alle strette, sembrava finalmente convinto di affrontare suo figlio.

“Thornico, sei mio figlio,” disse con voce bassa e vibrante. “Non è mio desiderio farti del male.”

“Ma è il mio,” rispose Thor, rifiutando di cedere ai suoi giochetti psicologici.

“Thornico, figlio mio,” ripeté Andronico mentre Thor faceva un diffidente passo avanti. “Non ho intenzione di ucciderti. Abbassa le armi e unisciti a me. Unisciti a me come prima. Sei mio figlio. Non sei loro figlio. Porti nelle vene il mio sangue, non il loro. La mia patria è la tua patria; l’Anello non è che un luogo adottivo per te. Tu sei parte del mio popolo. Questa gente non significa niente per te. Torna a casa. Torna nell’Impero. Permettimi di essere il padre che hai sempre desiderato. E diventa il figlio che io ho sempre voluto tu fossi.”

“Non combatterò contro di te,” disse alla fine Andronico, abbassando l’ascia.

Thor ne aveva ormai abbastanza. Doveva fare una mossa adesso, prima che la sua mente venisse manipolata da quel mostro.

Lanciò un grido di battaglia, sollevò in aria la spada e scattò in avanti, calandola con entrambe le mani contro la testa di Andronico.

Andronico lo fissò sorpreso, ma all’ultimo momento riprese l’ascia da terra e riuscì a bloccare il colpo di Thor.

Volarono scintille mentre le due armi si agganciavano e i due avversari si venivano a trovare a pochi centimetri l’uno dall’altro, ansimanti.

“Thornico,” sbuffò Andronico, “hai una forza grandiosa. Ma è la mia forza. Te l’ho data io. Il mio sangue scorre nelle tue vene. Piantala con questa pazzia e unisciti a me!”

Andronico spinse Thor indietro e Thor barcollò.

“Mai!” gridò con tono di sfida. “Non tornerò mai dalla tua parte. Non sei un padre per me. Sei uno sconosciuto. Non meriti di essere mio padre!”

Thor si lanciò di nuovo all’attacco, gridando, e calò la sua spada. Andronico lo bloccò e Thor, aspettandosi quella mossa, ruotò velocemente e lo colpì al braccio.

Andronico gridò di dolore mentre il sangue zampillava dalla ferita. Arretrò e guardò Thor incredulo, portandosi una mano al taglio e fissando poi il sangue che ne usciva.

“Tu intendi uccidermi,” disse, come rendendosene conto per la prima volta. “Dopo tutto quello che ho fatto per te.”

“È quello che farò,” rispose Thorgrin.

Andronico lo fissò attentamente, come se stesse studiando una nuova persona e presto la sua espressione mutò da meraviglia e disappunto, poi a rabbia.

“E allora non sei figlio mio!” gridò. “Il grande Andronico non fa la stessa domanda due volte!”

Andronico gettò a terra la spada, sollevò l’ascia da guerra con entrambe le mani, gridò e si lanciò contro Thor. Finalmente la battaglia aveva inizio.

Thor sollevò la spada per parare il colpo, ma quello scese con una tale forza che con sua grossa sorpresa spezzò la sua arma, rompendola a metà.

Thor improvvisò velocemente, schivando il colpo che continuava la sua discesa contro di lui. Lo sfiorò appena, mancandolo di un centimetro, finendogli così vicino che sentì lo spostamento d’aria sferzargli la spalla. Suo padre aveva una forza tremenda, era più potente di qualsiasi altro guerriero avesse mai affrontato e Thor sapeva che non sarebbe stato facile. Suo padre era anche veloce: era una combinazione letale. E ora lui era pure disarmato.

Andronico continuò a far roteare l’ascia senza esitazioni, mirando al fianco con l’intento di tagliare Thor a metà.

Thor balzò in aria, al di sopra della testa di Andronico, facendo un salto mortale grazie ai suoi poteri interiori che gli diedero la spinta e lo portarono in aria per poi atterrare alle spalle di Andronico. Atterrò in piedi, afferrò la spada di suo padre da terra, si voltò e lo attaccò, mirando alla sua schiena.

Ma con sua sorpresa Andronico era velocissimo e preparato. Ruotò su se stesso e bloccò il colpo. Thor sentì l’impatto del metallo che colpiva altro metallo scuotendogli tutto il corpo. La spada di Andronico, almeno, tenne il colpo: era più forte della sua. Era strano tenere in mano la spada di suo padre, soprattutto ora che stava lottando contro di lui.

Thor fece roteare la spada e la calò contro la spalla di Andronico che però parò il colpo e ne lanciò un altro contro di lui.

Continuarono in questo modo, attaccando e parando; a momenti Thor faceva indietreggiare Andronico, poi i ruoli si invertivano. Volavano le scintille, le armi si muovevano velocissime, luccicando alla luce e risuonando nel campo di battaglia. I due eserciti guardavano immobili. I due grandiosi guerrieri si spingevano avanti e indietro nella radura e nessuno dei due riusciva ad avere il sopravvento.

Thor sollevò la spada per colpire un’altra volta, ma questa volta Andronico lo sorprese facendo un passo avanti e dandogli un calcio al petto. Thor volò all’indietro, atterrando sulla schiena.

Andronico corse in avanti e calò la sua ascia. Thor rotolò via dalla traiettoria, ma non abbastanza velocemente: l’ascia gli colpì un braccio e lo fece sanguinare. Thor gridò, ma lo stesso ruotò di lato e con la spada riuscì a colpire il polpaccio di Andronico.

Andronico barcollò e gridò, Thor si rimise in piedi ed entrambi – feriti – si ritrovarono uno di fronte all’altro.

“Sono più forte di te, figlio,” disse Andronico. “E ho più esperienza sul campo di battaglia. Arrenditi adesso. I tuoi poteri da druido non funzionano contro di me. Siamo solo noi due uno contro l’altro, uomo contro uomo, spada contro spada. E come guerriero io sono migliore. Lo sai bene. Arrenditi a me e non ti ucciderò.”

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