Морган Райс - Vincitore, Vinto, Figlio стр 7.

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Vi entrò e iniziò a trafficare con le funi per farla calare in acqua. Le carrucole cigolarono come un cancello arrugginito e da qualche parte sopra di lei udì le grida dei marinai che cercavano di capire cosa fosse quel rumore. Stefania non esitò. Tirò fuori un coltello e iniziò a segare la fune che teneva sospesa la barca. Cedette subito e lei precipitò per il resto della breve distanza che la separava dalle onde.

Afferrando i remi iniziò a remare, dirigendosi verso il porto mentre dietro di lei i marinai si rendevano conto che non avevano modo di seguirla. Stefania remò fino a che arrivò al molo, poi scese dalla barca senza neanche curarsi di ormeggiarla. Di certo non sarebbe tornata indietro da quella parte.

La capitale di Cadipolvere era in tutto e per tutto quello che aveva promesso di essere guardandola dal largo. La polvere vi cadeva sopra in ondate, mentre attorno a lei delle figure si muovevano con intenti misteriosi. Un uomo le si avvicinò e Stefania gli puntò contro il coltello facendolo arretrare.

Si addentrò nella città. Sapeva che Lucio era venuto qui e si chiese come si fosse sentito in quel momento. Forse impotente, perché Lucio non sapeva come relazionarsi con la gente. Lui ragionava solo in termini di saltare addosso alla gente e chiedere, minacciare e intimidire. Era stato uno sciocco.

Stefania non era una sciocca. Si guardò attorno fino a che non vide la gente che per certo doveva avere delle informazioni: mendicanti e prostitute. Andò da loro con l’oro rubato e pose sempre la stessa domanda, più e più volte.

“Ditemi di Ulren.”

Lo chiese nei vicoli e lo chiese nelle case da gioco dove la posta sembrava essere il sangue, oltre al denaro. Chiese in negozi dove vendevano stracci per proteggersi dalla polvere, e chiese nei luoghi dove i ladri si riunivano al buio.

Scelse una locanda e vi entrò, spargendo voce che c’era oro per coloro che le avrebbero dato delle informazioni. Andarono da lei portandole brandelli di storie e pettegolezzi, voci e segreti in un miscuglio che Stefania era ben avvezza a gestire e districare.

Non fu sorpresa quando vennero a cercarla, due uomini e una donna, tutti avvolti nei panni tipici della città, quelli per proteggere dalla polvere, tutti con addosso l’emblema della ex Seconda Pietra. Avevano lo sguardo duro di persone abituate alla violenza, ma quella era una cosa che si poteva dire di quasi tutti lì a Cadipolvere.

“Stai facendo un sacco di domande,” disse la donna piegandosi in avanti contro il tavolo. Era tanto vicina che Stefania avrebbe potuto facilmente colpirla con un coltello. Era tanto vicina che avrebbero potuto benissimo essere delle amiche che si scambiavano confidenze a qualche ballo di corte.

Stefania sorrise. “Sì, è vero.”

“Pensavi che quelle domande non attirassero attenzioni? Che la Prima Pietra non abbia chi origlia nell’ombra?”

Stefania allora rise. Pensavano davvero che lei non avesse considerato la possibilità che ci fossero delle spie? Aveva fatto ben di più: ci aveva fatto affidamento. Era andata a caccia di risposte nella città, ma la verità era che stava andando a caccia più di tutto di attenzione. Qualsiasi sciocco poteva andare a un cancello e trovarsi l’accesso negato. Una donna intelligente faceva in modo che fossero gli altri a farla entrare.

Dopotutto, pensò Stefania con un certo divertimento, una donna non avrebbe mai dovuto essere quella che andava a caccia in una storia d’amore.

“Cosa c’è di tanto divertente?” chiese la donna. “Sei matta o solo stupida? Chi sei, comunque?”

Stefania tirò indietro il cappuccino in modo che l’altra donna potesse vederle il volto.

“Sono Stefania,” disse. “Ex sposa dell’erede dell’Impero, ex governatrice dell’Impero. Sono sopravvissuta alla caduta dell’Impero e ai migliori sforzi di Irrien per uccidermi. Penso che il tuo capo gradirebbe parlarmi, no?”

Si alzò in piedi mentre gli altri si guardavano tra loro, ovviamente cercando di decidere cosa fare in quella situazione. Alla fine fu la donna a prendere una decisione.

“Portiamola.”

Si misero al fianco di Stefania, ma lei fece in modo che muoversi insieme a loro apparisse come una sorta di nobile scorta, piuttosto che la conduzione di una prigioniera. Posò addirittura una mano suo braccio della donna, nel modo in cui avrebbe potuto fare con un’accompagnatrice durante una passeggiata in giardino.

Fecero strada attraverso la città, e dato che si trattava di una delle rare pause dalle tempeste di sabbia che imperversavano sulla città, Stefania non si preoccupò di mettersi il cappuccio in testa. Lasciò che la gente la vedesse, sapendo che le voci sulla sua identità e su dove stesse andando avrebbero avuto presto inizio.

Ovviamente, per quanto la stesse facendo apparire, era ancora ben lungi dall’essere una piacevole passeggiata. Quelli accanto a lei erano pur sempre degli assassini che non avrebbero esitato a ucciderla se lei gliene avesse dato il motivo. Mentre si avvicinavano a un grosso complesso nel cuore della città, Stefania poté sentire la paura annodarle lo stomaco, respinta solo dalla determinazione a fare le cose per cui era venuta a Cadipolvere. Si sarebbe vendicata di Irrien. Avrebbe ripreso suo figlio dallo stregone.

La fecero entrare nell’edificio, passando accanto a schiavi che lavoravano e guerrieri che si allenavano, accanto a statue che raffiguravano Ulren da giovane, in piedi sui corpi dei nemici uccisi. Stefania non aveva alcun dubbio che si trattasse di un uomo pericoloso. Essere secondo solo a Irrien significava che si era fatto strada lottando fino alla cima di uno dei luoghi più pericolosi esistenti.

Qui perdere significava morire, o peggio, ma Stefania non intendeva morire. Aveva imparato la lezione dell’invasione, e anche del suo fallimento nel controllare Irrien. Questa volta aveva qualcosa da offrire. Ulren voleva le stesse cose che desiderava lei: il potere e la morte della ex Prima Pietra.

Stefania aveva sentito di gente che fondava i matrimoni su cose ben peggiori.

CAPITOLO SEI

Ceres scese dalla piccola imbarcazione e si portò sulla banchina, meravigliata che potesse esistere sottoterra un posto come quello. Sapeva che centravano i poteri degli Antichi, ma non capiva perché avessero fatto una cosa del genere. Perché creare un giardino nel mezzo di un incubo?

Ovviamente dal poco che aveva visto degli Antichi, il fatto che ci fosse un incubo poteva essere un motivo sufficiente per volere un giardino come quello.

E poi c’era la cupola, che sembrava composta di pura luce dorata. Ceres si fece più vicina. Se c’era una risposta da trovare qui, era certa che si trovasse da qualche parte all’interno della cupola.

C’era una leggera foschia in quella luce e all’interno le parve di vedere un paio di figure. Sperava solo che non fossero due stregoni per metà morti. Non era certa di avere le forze per combatterne altri.

Andò contro la luce e non poté fare a meno di prepararsi a qualche genere di shock o forza che avrebbe potuto respingerla indietro. Invece ci fu solamente un attimo di pressione, e poi si trovò all’interno della cupola e si guardò attorno.

Sembrava l’interno di una qualche lussuosa stanza, con tappeti e divani, statue e decorazioni che sembravano pendere dall’interno della cupola. C’erano anche delle altre cose: oggetti di vetro e libri che suggerivano l’arte della stregoneria.

Al centro si trovavano due figure. L’uomo aveva lo stesso aspetto di grazia e pace che Ceres aveva visto in sua madre, e indossava gli abiti chiari che aveva notato nei ricordi degli Antichi. La donna aveva indosso la tunica scura di uno stregone, ma diversamente da quelli che aveva incontrato prima, sembrava ancora giovane, non sciupata e raggrinzita dal tempo.

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