“Non è quello che intendo,” spiegò Avery. “Scusa. Quello che sto cercando di dire è che non so se sono pronta per una relazione vera e propria. Siamo partner. Stiamo insieme tutta la settimana. Mi piace flirtare e vederti al mattino. Solo che non so se sono pronta ad andare oltre.”
“Accidenti,” disse Ramirez.
“Dan…”
“No, no.” Sollevò una mano. “Va bene, sul serio. Credo di averlo sempre saputo.”
“Non so dicendo che voglio che finisca tutto,” lo rassicurò Avery.
“Tutto cosa?” chiese lui. “Voglio dire, non lo so nemmeno io! Quando stiamo lavorando, pensi solo all’indagine, e quando provo a vederti dopo il lavoro, è praticamente impossibile. Sei stata più gentile con me quando eri in ospedale che nella vita di tutti i giorni.”
“Non è vero,” ribatté, ma una parte di lei capì che aveva ragione.
“Mi piaci, Avery,” disse lui. “Mi piaci molto. Se hai bisogno di tempo, mi sta bene. Voglio solo essere certo che provi davvero qualcosa per me. Perché se non è così, non voglio sprecare il tuo tempo, né il mio.”
“Sì che provo qualcosa per te,” insistette lei e lo guardò per un rapido istante. “Veramente.”
“Ok,” rispose. “Va bene.”
Avery continuò a guidare, concentrandosi sulla strada e sul nuovo quartiere, costringendosi a ritornare rapidamente in modalità lavorativa.
I genitori di Henrietta Venemeer vivevano in un complesso residenziale appena oltre il cimitero su Central Avenue. Dal detective Simms, Avery aveva saputo che erano entrambi in pensione e probabilmente li avrebbe trovati a casa. Non li aveva chiamati in anticipo. Una dura lezione che aveva imparato era che una chiamata di avvertimento poteva allertare un possibile assassino.
Arrivata all’edificio, Avery parcheggiò ed entrambi si avviarono fino alla porta d’ingresso.
Ramirez suonò il campanello.
Ci fu una lunga pausa prima che una donna anziana rispondesse.
“Sì? Chi è?”
“Signora Venemeer, sono il detective Ramirez del distretto di polizia A1. Sono qui con la mia partner, Avery Black. Possiamo salire per parlare con lei?”
“Chi?”
Avery si fece avanti.
“Polizia,” disse seccamente. “Per favore, apra la porta.”
La porta venne aperta.
Avery sorrise a Ramirez.
“È così che si fa,” disse.
“Non smetti mai di sorprendermi, detective Black.”
I Venemeer vivevano al quinto piano. Quando Avery e Ramirez uscirono dall’ascensore, trovarono una donna anziana che li sbirciava da dietro una porta chiusa.
Avery prese il comando.
“Salve, signora Venemeer,” disse, con la sua voce più chiara e gentile. “Sono la detective Black e questo è il mio partner, il detective Ramirez.” Entrambi mostrarono i distintivi. “Possiamo entrare?”
La signora Venemeer aveva una folta capigliatura disordinata proprio come la figlia, solo che la sua era bianca. Portava grossi occhiali scuri e indossava una camicia da notte bianca.
“Di che cosa si tratta?” si preoccupò.
“Credo che sarebbe meglio se potessimo parlare dentro,” rispose Avery.
“Va bene,” mormorò e li lasciò entrare.
L’appartamento puzzava di canfora e vecchiaia. Sul divano c’era un uomo grasso che Avery immaginò essere il signor Venemeer. Indossava solamente boxer rossi e una maglietta che probabilmente usava per dormire, e non sembrò fare caso alla loro presenza.
Stranamente la signora Venemeer si sedette sul divano accanto al marito, senza dare alcuna indicazione su dove potessero sedersi Avery e Ramirez.
“Che cosa posso fare per voi?” chiese.
Alla televisione davano un gioco a premi. Di tanto in tanto, il marito si raddrizzava per applaudire, si riaccomodava e borbottava tra sé e sé.
“Può spegnere la televisione?” domandò Ramirez.
“Oh, no,” rispose la donna. “John deve guardare La Ruota della Fortuna.”
“Si tratta di vostra figlia,” aggiunse Avery. “Dobbiamo davvero parlare con voi, e vorremmo avere la vostra totale attenzione.”
“Tesoro,” disse lei toccando il braccio del marito. “Questi due agenti vogliono parlare di Henrietta.”
Lui si scrollò e ringhiò.
Ramirez spense la televisione.
“Ehi!” gridò John. “Che cosa hai fatto?! Riaccendila!”
Sembrava ubriaco.
Accanto a sé aveva una bottiglia mezza vuota di bourbon.
Avery si affiancò a Ramirez e fece nuovamente le presentazioni.
“Salve,” disse, “io sono la detective Black e questo è il mio partner, il detective Ramirez. Abbiamo delle notizie molto difficili da darvi.”
“Ve lo dico io cosa è difficile!” gridò John. “È difficile dover parlare con un mucchio di poliziotti quando sto guardando il mio programma. Riaccendi quella maledetta televisione!” esplose e cercò di alzarsi dal divano, ma sembrò non riuscire a muoversi.
“Vostra figlia è morta,” disse Ramirez, e si abbassò per guardarlo dritto negli occhi. “Mi ha capito? Sua figlia è morta.”
“Cosa?” sussurrò la signora Venemeer.
“Henrietta?” borbottò John risedendosi.
“Mi dispiace moltissimo,” disse Avery.
“Come?” mormorò la donna anziana. “Io non… no. Non Henrietta.”
“Diteci di che cosa state parlando!” sbuffò John. “Non potete entrare qui e dire che nostra figlia è morta. Che diavolo volete dire?!”
Ramirez si sedette.
Negazione, pensò Avery. E rabbia.
“È stata trovata morta questa mattina,” spiegò Ramirez, “ed è stata identificata per via del suo ruolo nella comunità. Non siamo certi del perché sia successo. Al momento abbiamo molte domande. Per favore, abbiate pazienza e aiutateci a capire alcune cose. ”
“Come?” pianse la madre. “Come è successo?”
Avery si sedette accanto a Ramirez.
“Temo che l’indagine sia ancora in corso. Al momento non possiamo dare informazioni specifiche. Ora abbiamo bisogno di sapere qualsiasi cosa voi possiate dirci per aiutarci a identificare l’assassino. Henrietta aveva un fidanzato? Un amico intimo che voi conosciate? Qualcuno che poteva avercela con lei?”
“È certa che sia proprio Henrietta?” domandò la madre.
“Henrietta non aveva nemici!” gridò John. “Tutti le volevano bene. Una dannata santa, ecco cosa era. Passava una volta alla settimana con la spesa. Aiutava i senzatetto. Non può essere vero. Deve esserci un errore.”
Negoziazione, pensò Avery.
“Vi assicuro,” disse, “che sarete chiamati entrambi per dare un’identificazione certa del corpo. So che è difficile da accettare. Avete appena ricevuto delle notizie terribili, ma vi prego, concentriamoci per cercare di capire chi può averlo fatto.”
“Nessuno!” strillò John. “È chiaramente uno sbaglio. Avete trovato la ragazza sbagliata. Henrietta non aveva nemici,” dichiarò. “È stata investita da un autobus? È caduta giù da un ponte? Almeno dateci una qualche idea di cosa siamo parlando!”
“È stata assassinata,” rispose Avery, “È tutto quello che posso dire.”
“Assassinata,” sussurrò la madre.
“Vi prego,” ripeté Ramirez. “Non c’è niente che vi venga in mente? Qualsiasi cosa. Anche se vi sembra insignificante, per noi potrebbe essere di grande aiuto.”
“No,” rispose la madre. “Non aveva un fidanzato, ma aveva molte amiche. L’anno scorso sono venute qui per il Ringraziamento. Nessuna di loro avrebbe potuto fare qualcosa del genere. Deve essere un errore.”
Li guardò con sguardo supplichevole.
“Deve!”
CAPITOLO CINQUE
Avery parcheggiò l’auto per strada, tra le altre macchine della polizia e si preparò, osservando il quartier generale del dipartimento di polizia A7 su Paris Street, nell’East Boston. Fuori dalla stazione c’era tutto il circo mediatico. Era stata indetta una conferenza stampa per parlare del caso e vari furgoni della televisione, telecamere e giornalisti bloccavano la strada, nonostante diversi agenti cercassero di convincerli a spostarsi.
“Il tuo pubblico ti aspetta,” notò Ramirez.
Sembrava che non vedesse l’ora di essere intervistato. Teneva la testa dritta e sorrideva a ogni giornalista si voltasse verso di lui. Con suo grande disappunto, nessuno si avvicinò. Avery stava a capo chino e camminò più velocemente possibile per entrare nella stazione. Odiava le folle. C’era stato un momento della sua vita, quando faceva l’avvocato, in cui le era piaciuto che la gente conoscesse il suo nome e le si radunasse attorno durante i processi, ma da quando lei stessa era stata metaforicamente processata dalla stampa, aveva imparato a disprezzare la loro attenzione.