Блейк Пирс - Una Ragione per Correre стр 2.

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Non che il termine ‘relazione’ fosse del tutto accurato.

Da quando aveva fatto fuori Edwin Pesh, uno dei serial killer più strani nella storia di Boston, il suo partner le aveva espresso i suoi sentimenti e Avery gli aveva lasciato capire di provare un interesse simile. Le cose non erano procedute oltre. Avevano cenato insieme, si erano scambiati sguardi amorosi e si erano tenuti per mano.

Ma Avery era preoccupata per lui. Sì, era affascinante e rispettoso. Le aveva salvato la vita durante il fiasco con Edwin Pesh e le era quasi sempre rimasto a fianco durante la sua convalescenza. E tuttavia era il suo partner. Si vedevano cinque giorni alla settimana se non di più, dalle otto del mattino alle sei, le sette o anche oltre, a seconda dei casi. E Avery non aveva una relazione da anni. L’unica volta che si erano baciati, le era sembrato di essere con Jack, il suo ex marito, e si era immediatamente ritratta.

Controllò l’orologio del cruscotto.

Erano in macchina da neanche cinque minuti e già Ramirez parlava di una cena. Devi parlargliene, capì. Ugh.

Mentre si dirigevano verso l’ufficio, Avery ascoltava la frequenza della polizia alla radio, come faceva ogni mattina. All’improvviso Ramirez mise su una stazione radiofonica che dava del jazz e per qualche isolato viaggiarono ascoltando musica mescolata a un operatore della polizia che descriveva le varie attività che stavano avendo luogo a Boston.

“Fai sul serio?” chiese Avery.

“Che cosa?”

“Come faccio a godermi la musica e ad ascoltare le chiamate? Mi confonde. Perché dobbiamo sentirli tutti e due allo stesso tempo?”

“Va bene, d’accordo,” rispose lui con finto disappunto, “ma sarà meglio che riesca ad ascoltare anche la mia musica, oggi. Mi fa sentire calmo e sereno, capisci?”

No, pensò Avery, non lo capisco.

Odiava il jazz.

Fortunatamente alla radio arrivò una chiamata che la salvò.

“Abbiamo un dieci-sedici, dieci-trentadue in atto sulla East Fourth Street vicino a Broadway,” disse una stridente voce femminile. “Non sono stati esplosi colpi. Ci sono delle auto nelle vicinanze?”

“Violenza domestica,” disse Ramirez, “e il tizio ha una pistola.”

“Siamo vicini,” rispose Avery.

“Occupiamocene noi.”

Girò l’auto, accese le luci e prese la ricetrasmittente.

“Qui parla la detective Black,” disse, dando il suo numero di distintivo. “Siamo a circa tre minuti da lì. Rispondiamo alla chiamata.”

“Grazie, detective Black,” rispose la donna, per poi darle l’indirizzo, il numero dell’appartamento e le informazioni di base.

Uno dei vari aspetti di Boston che piaceva di più ad Avery erano le sue case, dei piccoli palazzetti, la maggior parte alti due o tre piani e con una struttura uniforme che dava alla città un distintivo senso di comunità. Svoltò a sinistra su Fourth Street e si avvicinò lentamente alla loro destinazione.

“Questo non significa che oggi possiamo evitare le scartoffie,” sottolineò lei.

“Nah, certo che no.” Ramirez scrollò le spalle.

Il tono della sua voce però, insieme al suo atteggiamento e alle pile disordinate che aveva sulla scrivania, spinsero Avery a chiedersi se quella deviazione di prima mattina fosse stata una buona idea.

Non servì molto lavoro investigativo per trovare la casa in questione. Un’auto della polizia, insieme a una piccola folla di persone al riparo dietro qualcosa, circondavano un edificio dipinto di blu, con le imposte dello stesso colore e il tetto nero.

In piedi nel giardino davanti alla casa c’era un uomo ispanico, in boxer e canottiera. In una mano stringeva i capelli di una donna inginocchiata e piangente. Con l’altra agitava una pistola verso la folla, la polizia e la donna.

“State indietro, cazzo!” gridò. “Tutti quanti! Ti vedo, laggiù.” Puntò l’arma verso una macchina parcheggiata. “Allontanati da quella cazzo di auto! Smettila di piangere!” urlò alla donna. “Continua e ti faccio saltare la testa, così impari a farmi incazzare.”

Due agenti erano ai lati del cortile. Uno gli puntava contro la pistola. L’altro aveva una mano sulla cintura e un palmo sollevato.

“Signore, per favore, metta già l’arma.”

L’uomo prese di mira il poliziotto con la pistola spianata.

“Cosa? Vuoi provarci?” disse. “Allora sparami! Sparami, figlio di puttana, e vedi cosa succede. Merda, non mi importa. Moriremo tutti e due.”

“Non sparare, Stan!” gridò l’altro poliziotto. “State tutti calmi. Nessuno morirà oggi. Signore, per favore…”

“Smettila di parlarmi, cazzo!” ruggì l’uomo. “Lasciatemi in pace. Questa è casa mia e questa è mia moglie. Stronza traditrice,” abbassò la voce e le spinse la canna della pistola contro una guancia. “Dovrei dare una lezione a questa lurida boccaccia del cazzo.”

Avery spense le sirene e si avvicinò al marciapiede.

“Un’altra poliziotta?!” fremette l’uomo. “Siete peggio degli scarafaggi. Va bene,” disse con tono calmo e determinato. “Oggi qualcuno morirà. Non mi riporterete in prigione. Potete tornarvene tutti a casa, o qualcuno ci rimetterà la pelle.”

“Non morirà nessuno,” disse il primo agente, “per favore. Stan! Abbassa la pistola!”

“Neanche per sogno,” gridò il suo partner.

“Maledizione, Stan!”

“Rimani qui,” disse Avery a Ramirez.

“Col cazzo!” affermò. “Sono il tuo partner, Avery.”

“Va bene, ma ascolta,” disse lei. “Altri due poliziotti e questo posto si trasformerà in un bagno di sangue. Stai calmo e fai quello che ti dico.”

“E cioè?”

“Seguimi e basta.”

Avery uscì dall’auto.

“Agente,” ordinò al poliziotto con l’arma puntata, “metti giù la pistola.”

“Chi cazzo sei?” chiese lui.

“Già, chi cazzo sei tu?” volle sapere l’aggressore ispanico.

“Tutti e due, allontanatevi dalla zona,” disse Avery ai due agenti. “Sono la detective Avery Black dell’A1. Qui ci penso io. Vale anche per te,” ordinò a Ramirez.

“Mi hai detto tu di seguirti!” gridò lui.

“E ora ti sto dicendo di allontanarti. Torna alla macchina. Tutti quanti, via di qui.”

L’agente con la pistola sputò e scosse la testa.

“Maledetta burocrazia,” disse. “Cosa vuoi? Solo perché sei apparsa in qualche giornale credi di essere una super poliziotta o qualcosa del genere? Beh, lo sai che c’è? Non vedo l’ora di vedere come te la cavi, super poliziotta.” Con lo sguardo sull’aggressore, sollevò la pistola e indietreggiò fino a quando non svanì dietro un albero. “Fai pure.” Il suo partner lo seguì.

Non appena Ramirez fu di nuovo sull’auto e gli altri agenti furono abbastanza lontani, Avery si fece avanti.

L’uomo ispanico sorrise.

“Guarda qua,” disse e puntò la pistola. “Sei la poliziotta dei serial killer, giusto? Ottimo lavoro, Black. Quel tizio era fuori di testa. Lo hai conciato per le feste. Ehi!” gridò alla donna in ginocchio. “Piantala di agitarti. Non vedi che sto cercando di parlare?”

“Che cosa ha fatto?” chiese Avery.

“La maledetta puttana si è scopata il mio migliore amico, ecco cosa ha fatto. Non è vero, troia?”

“Accidenti,” commentò Avery. “Che crudeltà. Ha mai fatto una cosa del genere prima?”

“Sì,” ammise lui. “In effetti ha tradito il suo ultimo uomo per me, ma merda, io questa puttana l’ho sposata! Questo dovrebbe valere qualcosa, giusto?”

“Certo,” confermò Avery.

Lui era di corporatura snella, con un volto lungo e senza denti. Lanciò un’occhiata all’audience crescente, poi guardò Avery come un bambino colpevole e sussurrò:

“Non è una bella situazione, vero?”

“No,” rispose Avery. “Proprio no. La prossima volta è meglio se te ne occupi dentro casa tua. E senza fare rumore,” disse piano facendo un passo in avanti.

“Perché ti stai avvicinando?” chiese lui con un sopracciglio inarcato.

Avery scrollò le spalle.

“È il mio lavoro,” disse come se fosse un compito sgradevole. “Per come la vedo io tu hai due possibilità. La prima: vieni con me tranquillamente. Hai già sbagliato. Troppo rumore, troppo pubblico, troppi testimoni. Nel peggiore dei casi, lei sporge denuncia e ti devi trovare un avvocato.”

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