Morais Maria Francesca Rinaldi - Dopo La Caduta стр 2.

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Prima che Rachel potesse rispondergli che non l’avrebbe lasciato per nessun motivo, sentì un soffio d’aria sul collo. Un braccio le circondò con forza la vita e la trascinò lontano dal lago, lontano da Uriel.

“Prendila . . . Gabrielle” ansimò Uriel. “Tienila . . . al sicuro.”

“Hai la mia parola” rispose Gabrielle stringendo Rachel con forza ancora maggiore.

“No!” gridò Rachel, lottando contro la stretta d’acciaio di Gabrielle. “Lasciami andare. Lasciami andare!”

Rachel allargò le braccia, come se questo potesse aiutarla ad avvicinarsi a lui. “Uriel! Uriel!”

Mentre Gabrielle usciva in volo dalla caverna, un forte tuono scosse le pareti, e il suono delle urla di Uriel la lacerarono, unendosi alle sue.

Poi, il silenzio.

Se n’era andato.

Si lasciò cadere senza forza fra le braccia di Gabrielle mentre volavano a ritroso lungo il tunnel glaciale. Il gelo si diffuse al suo viso, alle mani, e poi si intrufolò fino al cuore e fino al profondo della sua anima finché non rimase altro che un oscuro torpore. Non aveva importanza. Niente aveva più importanza oramai.

Quando uscirono dalla cascata nella luce del sole, Rachel guardò quasi senza vederle le nuvole che si muovevano pigramente nel cielo. E sebbene il sole le splendesse sul viso, non riusciva a sentirne il calore. Il vuoto e il gelo nel suo cuore non se ne sarebbero mai più andati, perché Uriel era morto.


“Aspetta un attimo! Uri è morto? Ma proprio morto morto? Nel senso che non esiste più, morto?” Naomi guardò Rachel con gli occhi sgranati e poi si rivolse a Uri. Mentre lui sorrideva sul suo mento si evidenziò la sua tipica fossetta. “Ma tu sei . . . sei qui.”

Rachel guardò in lontananza con un’espressione triste come se si fosse ancora trovata nella caverna.

“Rachel? Stai bene?” Naomi le scosse le spalle, la fronte aggrottata per la preoccupazione. Non era abituata a vedere l’amica così triste. Fra tutti gli angeli che aveva conosciuto nel suo breve tempo in Paradiso, Rachel era la più allegra, sempre indaffarata a diffondere pettegolezzi sugli altri angeli. Naomi avrebbe voluto non averle domandato come avesse incontrato Uri. Non aveva idea del loro passato tragico o che Rachel e Uri fossero mai stati separati. Uri, che aveva abbreviato il nome da Uriel, era sempre al fianco di Rachel.

Quando Naomi l’aveva incontrato per la prima volta, era stata colta di sorpresa dal modo in cui le sorrideva scherzosamente e la prendeva in giro. Ed era uno a cui piacevano gli abbracci, come Rachel. Naomi aveva pensato che Lash sarebbe stato geloso del modo in cui Uri flirtava con lei. Ma poi si era accorta che si comportava in quella maniera con tutti, anche con Gabrielle.

In Paradiso non c’era carenza di angeli belli da togliere il fiato. Sebbene l’aspetto scuro e tenebroso di Lash rispondesse di più ai suoi canoni di bellezza, doveva ammettere che Uri era attraente. Portava i capelli biondo scuro tagliati corti con dei ciuffi che gli ondeggiavano sulla fronte, evidenziando i suoi scherzosi occhi blu. Ciò che più colpiva erano le sue labbra carnose, che sembravano sempre pronte per dare un bacio. La maggior parte degli angeli femmina si scioglievano ogni volta che Uri baciava loro la mano per salutarle o quando lanciava loro un sorriso. E se Uri voleva proprio farle impazzire, accentuava il suo accento russo.

Malgrado tutta l’attenzione che attirava, era chiaro che il suo cuore apparteneva a Rachel. Ogni volta che lei entrava in una stanza il suo viso si accendeva e diventava ancora più meravigliosamente bello. Era come se tutta l’energia che irradiava fosse dovuta a lei.

Rachel sbatté gli occhi un paio di volte e scosse la testa, come se volesse ritornare al presente. “Certo, scusa. Mi sono persa nei ricordi per un attimo. Cosa stavi dicendo?”

“Ah, amore mio, lasciami spiegare a Naomi i dettagli della mia miracolosa risurrezione” disse Uri a Rachel.

Si allungò sul tavolo e prese la mano di Naomi fra le sue. Fece una pausa e guardò verso Lash. “Posso?”

Lash annuì e si sedette più comodamente. “Finché tieni sotto controllo un po’ del tuo fascino.”

Naomi levò gli occhi al cielo. “Mi sta solo tenendo la mano. Ma perché mi stai tenendo la mano, Uri?”

“Dimmi, bellissima Naomi. Cosa senti?” le chiese Uri facendo l’occhiolino a Rachel.

Naomi sbatté gli occhi, confusa. “Uh, beh, sento la tua mano.”

“Sì, senti la mano di Uri” disse, stressando la pronuncia della “r”. “Ma chi è Uri?”

“Cosa?” Naomi guardò verso Lash, non sapendo cosa pensare. Lui scrollò le spalle.

“Questo è Uri, in carne e ossa?” Passò la mano di Naomi sul suo braccio muscoloso. “O Uri è questo?” disse mettendole la mano sul suo petto scolpito.

Lash si alzò di scatto sulla sedia. “Hey, attento adesso.”

“Shh.” Naomi lo silenziò con la mano. “Credo di stare capendo qualcosa.”

“A me pare che tu stia palpeggiando Uri” borbottò Lash.

Rachel fece una risatina e raccolse le carte dal centro del tavolo. “Naomi ha ragione. Sei carino quando sei geloso.”

“Non sono . . . aw, dammi le carte.” Le strappò il mazzo di mano.

Naomi poteva sentire Lash che metteva il muso mentre mischiava le carte. Voleva tranquillizzarlo, ma era vicina a capire ciò che Uri cercava di spiegarle. Era a un passo dal capirlo.

“Stai dicendo che è cambiato solo il tuo corpo?”

Uri le sorrise. “Molto bene. Questo”—indicò il proprio petto con la mano di Naomi—“è un Uri nuovo e migliorato. Ti piace?” Le fece l’occhiolino.

“Sì.”

Lui fece un largo sorriso, e Rachel rise sotto i baffi.

Naomi si sentì arrossire mentre toglieva la mano dal suo petto. “Voglio dire . . . sei un . . . buon amico” balbettò.

Fece un respiro e cercò di riportare la conversazione sull’argomento principale. “Quindi, stai dicendo che il tuo vero io, la tua anima, non è mai morto. Era ancora vivo.”

“È in gamba, vero?” disse Uri a Lash.

Lui fece un grugnito.

“Lo prendo per un ‘sì’.” Naomi riportò l’attenzione sul gioco che stavano facendo. Tolse i fagioli dalla scheda della tombola e ne cercò un’altra. Quella che stava usando doveva essere iellata. Non aveva vinto neanche una volta in tutta la serata.

Aveva insegnato la tombola messicana a Uri e a Rachel poche settimane prima, sperando di potersi divertire un po’ nelle pause fra un allenamento e l’altro. Rachel la adorava—probabilmente perché vinceva quasi sempre—e per questo lei e Uri venivano a giocare tutte le sere.

“Imparo qualcosa di nuovo ogni giorno. Non sapevo che gli angeli potessero morire, o perlomeno i loro corpi. Deve essere stato un sollievo sapere che Uri sarebbe tornato” disse Naomi.

Nella stanza si fece silenzio.

“Non tutti tornano indietro” disse Rachel a bassa voce. Il suo sorriso onnipresente era scomparso.

“Oh, ma io l’ho fatto.” Uri si alzò dal tavolo, sollevò Rachel dalla sedia, e se la mise in grembo. “Ci sono voluti molti anni, ma sono tornato da te, mia amata.”

“Tremila trecento ottantasei anni, cinque mesi, due giorni, quarantotto minuti e ventitré secondi” disse Rachel sottovoce.

Naomi sussultò. Era mancato così a lungo? Sentì il petto stringersi guardando Uri che asciugava teneramente una lacrima dalla guancia di Rachel. Se gli angeli potevano morire, allora questo poteva succedere anche a Lash, e non c’era la certezza che sarebbe risorto. Per tutto questo tempo aveva pensato che niente avrebbe potuto separarli. Aveva pensato che avrebbe avuto l’eternità da trascorrere insieme a lui.

“Quando sei morto?” chiese.

“Nel 1400 a.C. E non sono tornato fino al. . . hmm, fammi vedere, il 1967 o giù di lì, quando sono rinato in un corpo umano. In un modo non molto diverso da come tu sei nata nel tuo.”

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