â La fontana â disse Lucibello, e senza aspettare risposta, partì di corsa. Lo seguimmo senza esitare. In effetti, una delle due fontane era vicinissima, e ci arrivammo nel giro di qualche battito di cuore, prendendo alla sprovvista i nostri avversari.
Le donne che stavano lavando si misero a ridere. Avevano le gonne sollevate, che lasciavano scoperte gambe grassocce e rosee, magre e pelose, e ogni via di mezzo. Cominciarono a spruzzarci di acqua insaponata, e Jues scivolò sulle pietre bagnate, finendo disteso per terra. Una delle lavandaie lo sollevò di peso, e con una pacca sul sedere lo spedì nella direzione della porta opposta a quella da cui eravamo entrati. Unâaltra gridò ai ragazzini della Piazza dei Miracoli di lasciarci in pace. Io e Lucibello seguimmo Jues senza bisogno di incoraggiamenti.
In breve: trascorremmo lâintera estate a cercare la torre del Cortile Segreto. Provammo ogni tetto, ogni campanile, ogni terrazza, ogni torre accessibile. Penetrammo in ogni androne (diciamo: quasi ogni androne), salimmo ogni scala, uscimmo da ogni abbaino. I proprietari dei tetti avevano ormai imparato a riconoscerci, e si lamentarono con i nostri genitori. Fummo puniti; tornammo liberi; ricominciammo da capo. In piena estate, ci aggiravamo sui tetti nelle prime ore del pomeriggio, quando il sole a picco teneva tutti lontani dalle terrazze, e le tegole bruciavano i nostri piedi nudi.
Provammo anche l'intrico dei corridoi interni, dopo essere penetrati negli edifici più vicini al cortile segreto. Come in un labirinto, ci perdemo irrimediabilmente in un intrico di di passaggi spesso ciechi.
Avvistammo la Torre varie volte. Ma senza alcuna corda che ne penzolasse. O era stata ritirata, o nessuna di esse era la vera Torre.
Alla fine, diventò una sorta di miraggio, un fuoco fatuo, un fantasma, un sogno. Ci aiutava a trascorrere le lunghe e pigre giornate estive. O meglio: aiutava i miei due amici. Per me la Torre era solo un possibile ma remoto contatto con Lia, con le sue marionette, con Lelius.
Ci appostavamo per lunghe ore, al tramonto, presso la porta del Cortile Segreto. Non la vedemmo mai aprirsi; le finestre rimanevano sempre buie. Seguimmo varie figure dallâaria misteriosa che passarono davanti ad essa: scoprimmo pescivendoli e sellai, tintori e ciabattini, garzoni di bottega e servette. Cercammo più volte di esplorare la Piazza dei Miracoli, anche di sera, senza scoprire la scala da cui ero disceso.
Interrogammo tutti quelli da cui ci aspettavamo qualche risposta circa il Cortile Segreto e i suoi abitanti. Ottenemmo risposte ambigue, ironiche, irritate, alzate di spalle e risolini. In qualche caso anche il consiglio di desistere.
Lucibello, che era il meno ingenuo ma anche il più audace di noi tre, propose ad un certo punto di provare i sotterranei. Si dice infatti che nel sottosuolo di Morraine esista una seconda città , una rete di passaggi analoga a quella che conduce da un cortile all'altro, da un corridoio all'altro, da un tetto allâaltro. Lucibello stesso affermava di aver trovato una porta nella cantina della sua casa. Chiusa, peraltro.
Il piano era emozionante e inattuabile (e sospetto che Lucibello ce lâavesse proposto perché sapeva che lâavremmo rifiutato): nessuno di noi aveva mai provato a percorrere i sotterranei; non avremmo saputo come orientarci; infine, câerano leggende sugli inquietanti abitanti del sottosuolo...
Scartammo lâidea. Del resto, lâestate stava ormai finendo, e quel gioco che ci aveva occupato per tanto tempo cominciava a perdere un poâ del suo fascino.
Mentre i pomeriggi si accorciavano, cominciammo a riprendere le nostre occupazioni normali. Con lâapprossimarsi della vendemmia, Jues accompagnava sempre più spesso suo padre nella vigna. Lucibello fu spedito a fare il garzone presso un panettiere: si alzava in piena notte per impastare e infornare, dormiva durante il pomeriggio; la mattina ci portava pezzi di focacce, dolci, pane ancora caldo.
Quanto a me, aiutavo mio padre, che faceva il falegname e teneva bottega nel Cortile del Nano, così detto a causa di una figura incurvata, dalle fattezze indecifrabili, che reggeva un obelisco posto al centro del cortile.
Nel frattempo, io conducevo una mia indagine personale. Volevo sapere se Lelius era già venuto a Morraine altre volte, a parte le due che conoscevo; e di conseguenza, se ci sarebbe tornato. Poiché a me, molto più del Cortile Segreto, interessava Lia.
Appresi pochissimo. Quasi nulla. La cosa più singolare fu questa: non trovai nessuno che avesse assistito alla rappresentazione della storia di Teseius e Phenissa, o che ne avesse sentito parlare.
Taluni ricordavano un attore che poteva o non poteva essere Lelius, venuto a Morraine tre, quattro, o forse sei anni prima. Del resto, molti attori girovaghi capitavano ogni anno in città , e chi poteva ricordarli tutti?
Ogni volta che arrivava una compagnia di comici, cercavo anche presso di loro notizie sul dottor Lelius Abramus. Impresa non facile: gli attori, scoprii, sono per natura e professione gelosi e maldicenti dei loro colleghi. La fama di un attore è la sua principale fonte di guadagno, e per evitare che quella dei rivali si diffonda, preferiscono affettare ignoranza, piuttosto che suscitare curiosità dicendone male. In breve: nessuno conosceva o voleva ammettere di conoscere Lelius e la sua compagnia di trapezisti, giocolieri, domatori, saltimbanchi, eccetera. Una sola volta, un vecchio capocomico, sentendo il nome, sputò a terra.
Non osai chiedere altro.
Ma ormai una cosa era chiara: restando a Morraine non avrei potuto apprendere molto di più.
(7) LA PROVA
Nel mese della Nebbia-fra-i-rami-spogli, come viene chiamato a Morraine il periodo in cui lâautunno declina nellâinverno, presi la mia decisione. La decisione più importante della mia vita.
Qui il nostro narratore si interruppe e sorrise. Senza di essa, infatti, non sarei fra di voi. Ma è necessaria una spiegazione.
Come già sapete, Morraine è unâunica casa, racchiusa nelle mura di una normale città . Ciò significa che tutto il suo spazio interno è in gran parte già occupato. E data lâindole dei suoi abitanti, nessuno ha mai costruito la sua abitazione fuori dalle mura.
Per un raggio di venti leghe intorno a Morraine ci sono solo capanne per gli attrezzi agricoli, o per trascorrere qualche notte nella stagione del raccolto. Oltre, cominciano i villaggi e i paesi di coloro che vengono a Morraine per i mercati settimanali: gente che parla con la voce forte e alta di chi ha intorno alla sua casa uno spazio vuoto, e che noi ragazzini guardavamo con un misto di timore e sufficienza.
Ma a parte questo, che câentra poco o niente, quello che voglio dire è che lo spazio, a Morraine, è limitato. Le possibilità di costruire nuove abitazioni sono prticamente nulle, per motivi igienici ed estetici, come minimo. Con qualche piccola eccezione, come vi racconterò a suo tempo...
Ma Morraine è ragionevolmente ricca e prospera: la sua pianura fertile, i fiumi abbondanti di acque, i suoi artigiani famosi anche dove gli uomini parlano altre lingue.
E a seconda delle circostanze (o dellâinflusso degli astri, come vogliono alcuni), la sua popolazione aumenta.
Che fanno coloro che sono in eccesso? Se ne vanno, naturalmente. O non tanto naturalmente. Leggende antiche alludono a sparizioni misteriose, a rapimenti da parte di gnomi o di fate, e in queste leggende un ruolo importante giocano i cunicoli sotterranei della città . Ma ai miei tempi, posso giurarlo, nulla di tutto questo accadeva.