Alessandro Manzoni - I PROMESSI SPOSI стр 36.

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- Se fosse vero, Lucia! - disse Renzo, guardandola con un'aria d'aspettazione supplichevole.

- Come! se fosse vero! - disse Agnese. - Anche voi credete ch'io dica fandonie. Io m'affanno per voi, e non sono creduta: bene bene; cavatevi d'impiccio come potete: io me ne lavo le mani.

- Ah no! non ci abbandonate, - disse Renzo. - Parlo così, perché la cosa mi par troppo bella. Sono nelle vostre mani; vi considero come se foste proprio mia madre.

Queste parole fecero svanire il piccolo sdegno d'Agnese, e dimenticare un proponimento che, per verità, non era stato serio.

- Ma perché dunque, mamma, - disse Lucia, con quel suo contegno sommesso, - perché questa cosa non è venuta in mente al padre Cristoforo?

- In mente? - rispose Agnese: - pensa se non gli sarà venuta in mente! Ma non ne avrà voluto parlare.

- Perché? - domandarono a un tratto i due giovani.

- Perché... perché, quando lo volete sapere, i religiosi dicono che veramente è cosa che non istà bene.

- Come può essere che non istia bene, e che sia ben fatta, quand'è fatta? - disse Renzo.

- Che volete ch'io vi dica? - rispose Agnese. - La legge l'hanno fatta loro, come gli è piaciuto; e noi poverelli non possiamo capir tutto. E poi quante cose... Ecco; è come lasciar andare un pugno a un cristiano. Non istà bene; ma, dato che gliel abbiate, né anche il papa non glielo può levare.

- Se è cosa che non istà bene, - disse Lucia, - non bisogna farla.

- Che! - disse Agnese, - ti vorrei forse dare un parere contro il timor di Dio? Se fosse contro la volontà de' tuoi parenti, per prendere un rompicollo... ma, contenta me, e per prender questo figliuolo; e chi fa nascer tutte le difficoltà è un birbone; e il signor curato...

- L'è chiara, che l'intenderebbe ognuno, - disse Renzo.

- Non bisogna parlarne al padre Cristoforo, prima di far la cosa, - proseguì Agnese: - ma, fatta che sia, e ben riuscita, che pensi tu che ti dirà il padre? Ah figliuola! è una scappata grossa; me l'avete fatta . I religiosi devon parlar così. Ma credi pure che, in cuor suo, sarà contento anche lui.

Lucia, senza trovar che rispondere a quel ragionamento, non ne sembrava però capacitata: ma Renzo, tutto rincorato, disse: - quand'è così, la cosa è fatta.

- Piano, - disse Agnese. - E i testimoni? Trovar due che vogliano, e che intanto sappiano stare zitti! E poter cogliere il signor curato che, da due giorni, se ne sta rintanato in casa? E farlo star lì? ché, benché sia pesante di sua natura, vi so dir io che, al vedervi comparire in quella conformità, diventerà lesto come un gatto, e scapperà come il diavolo dall'acqua santa.

- L'ho trovato io il verso, l'ho trovato, - disse Renzo, battendo il pugno sulla tavola, e facendo balzellare le stoviglie apparecchiate per il desinare. E seguitò esponendo il suo pensiero, che Agnese approvò in tutto e per tutto.

- Son imbrogli, - disse Lucia: - non son cose lisce. Finora abbiamo operato sinceramente: tiriamo avanti con fede, e Dio ci aiuterà: il padre Cristoforo l'ha detto. Sentiamo il suo parere.

- Lasciati guidare da chi ne sa più di te, - disse Agnese, con volto grave. - Che bisogno c'è di chieder pareri? Dio dice: aiutati, ch'io t'aiuto. Al padre racconteremo tutto, a cose fatte.

- Lucia, - disse Renzo, - volete voi mancarmi ora? Non avevamo noi fatto tutte le cose da buon cristiani? Non dovremmo esser già marito e moglie? Il curato non ci aveva fissato lui il giorno e l'ora? E di chi è la colpa, se dobbiamo ora aiutarci con un po' d'ingegno? No, non mi mancherete. Vado e torno con la risposta -. E, salutando Lucia, con un atto di preghiera, e Agnese, con un'aria d'intelligenza, partì in fretta.

Le tribolazioni aguzzano il cervello: e Renzo il quale, nel sentiero retto e piano di vita percorso da lui fin allora, non s'era mai trovato nell'occasione d'assottigliar molto il suo, ne aveva, in questo caso, immaginata una, da far onore a un giureconsulto. Andò addirittura, secondo che aveva disegnato, alla casetta d'un certo Tonio, ch'era lì poco distante; e lo trovò in cucina, che, con un ginocchio sullo scalino del focolare, e tenendo, con una mano, l'orlo d'un paiolo, messo sulle ceneri calde, dimenava, col matterello ricurvo, una piccola polenta bigia, di gran saraceno. La madre, un fratello, la moglie di Tonio, erano a tavola; e tre o quattro ragazzetti, ritti accanto al babbo, stavano aspettando, con gli occhi fissi al paiolo, che venisse il momento di scodellare. Ma non c'era quell'allegria che la vista del desinare suol pur dare a chi se l'è meritato con la fatica. La mole della polenta era in ragion dell'annata, e non del numero e della buona voglia de' commensali: e ognun d'essi, fissando, con uno sguardo bieco d'amor rabbioso, la vivanda comune, pareva pensare alla porzione d'appetito che le doveva sopravvivere. Mentre Renzo barattava i saluti con la famiglia, Tonio scodellò la polenta sulla tafferìa di faggio, che stava apparecchiata a riceverla: e parve una piccola luna, in un gran cerchio di vapori. Nondimeno le donne dissero cortesemente a Renzo : - volete restar servito? -, complimento che il contadino di Lombardia, e chi sa di quant'altri paesi! non lascia mai di fare a chi lo trovi a mangiare, quand'anche questo fosse un ricco epulone alzatosi allora da tavola, e lui fosse all'ultimo boccone.

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