Nel salone del banchetto cera un vociare tale che, entrando, mera scoppiato subito uno dei miei mali di testa. Gli ospiti serano zittiti allarrivo del governatore, ma solo per alzarsi in piedi e tributargli un applauso così fragoroso da essere, per me, una stilettata nel cervello.
Tra gli altri sedevano al nostro tavolo due attori quarantenni, Burt Cooper, famoso interprete teatrale prestato qualche volta al cinema, alto, magro e di pochi capelli chegli teneva rasati, e Robert Avallone, detto il toro per la sua straordinaria muscolatura, interprete solo cinematografico. Non era stato per caso cherano stati posti assieme a noi; essi avevano infatti interpretato un film basato sulla mia avventurosa esperienza americana di tre anni prima, il Cooper nella parte del matto che aveva cercato duccidermi dopo avermi torturato, e il toro quale mio alter ego; poi il solo Avallone, sempre nella parte di me stesso, Ranieri Velli, scrittore e giornalista italiano e, in passato, poliziotto agli ordini dellamico DAiazzo, era stato protagonista d'un secondo e terzo film ispirati a miei successivi romanzi, anchessi sostanzialmente autobiografici. Non cera alcuna somiglianza fisica tra noi due; intanto, lattore era barbuto e io no, anzi detestavo i peli sul viso tanto che, poiché pure lamico Vittorio portava la barba, più volte lavevo spinto a radersi, anche se invano; inoltre lAvallone era bruno e io biondo, portava i capelli molto lunghi mentre io li avevo cortissimi e con sfumatura alta, ed era alto un metro e settanta centimetri mentre io arrivavo alluno e novanta; ma era stato scelto lui dalle produzioni perché, a quel tempo, era il divo che indirizzava più soldi ai botteghini: il pettegolo Mark, quando avevamo preso posto, poco prima che lattore giungesse, avendo notato il cartellino sul tavolo col suo nome, maveva riferito che Robert portava la barba per nascondere una profonda cicatrice al mento infertagli con una rasoiata quando, ancora adolescente, era stato uno dei tanti teppistelli del Bronx; maveva inoltre invitato a osservare, quandegli fosse arrivato, le speciali scarpe ortopediche che indossava per sembrare più alto di otto centimetri. Più che lAvallone però, aveva attratto il mio interesse Burt Cooper che non mera parso affatto tranquillo: sera guardato attorno alcune volte, circospetto, mentre raggiungeva la nostra tavola, e a più riprese anche in seguito, con viso costantemente inquieto.
Dopo gli antipasti, sebbene non provassi gran simpatia per il Montgomery che, per come lavevo conosciuto in passato, consideravo un freddo robespierre, su nuovo invito di Mark avevo accettato dalzarmi e recarmi al leggio che affiancava il tavolo dominante, dove sedeva il Montgomery coi suoi, per pronunciare verso di lui parole di stima e di ringraziamento per avermi salvato la vita. Ovviamente, cogliendo loccasione, avevo anche parlato del mio romanzo in prossima uscita e del film che ne sarebbe stato tratto. Al termine, mentre si levavano gli applausi di prammatica, ero tornato senzaltro al tavolo, mentre il Montgomery sera alzato ed era andato a sua volta al leggio: qui aveva ringraziato me per la stima, poi aveva evocato nei dettagli quel caso criminale, calcando sul peso della propria partecipazione. Dopo di lui sera alzato un suo collaboratore e, giunto al suo fianco, aveva sottolineato che nel 1969 lintervento intelligente e sprezzante del pericolo del governatore contro quel pazzo, noto criminale cosmopolita, era stato essenziale per la salvezza della salute nazionale e la difesa della democrazia. A quel punto il mal di testa mera talmente salito che avevo solo desiderato andarmene a letto, anche perché la mattina dopo avevo il volo per Torino. Stavo per dire a Mark che, educazione o no, me ne sarei andato, quando
CAPITOLO II
Eravamo tutti balzati in piedi al rintronare degli spari e, in un attimo, ceravamo ritrovati sotto i tavoli, compreso Donald Sprezzante-del-pericolo Montgomery.
Lattore Burt Cooper, accovacciato di fronte a me e a Mark, tremava visibilmente, continuando a girare la testa a destra e a sinistra e ansimando forte a bocca semiaperta; poi: Hanno mirato al nostro tavolo? aveva chiesto con voce appena udibile.
Non saprei, gli aveva risposto il suo collega Robert Avallone, accosciato alla sua destra e che, come Mark e me, era riuscito a mantenere sufficiente sangue freddo.
I colpi erano partiti da uno dei quattro ingressi del salone, piantonati ciascuno da una guardia allesterno, ma lasciati aperti: un uomo dal barbone grigiastro con occhiali neri sul naso, chero riuscito appena a intravedere, vestito con un elegante completo ma con uno stonato berretto di lana in testa, risultato un passamontagna quando se lera calato sul volto durante la fuga, e che indossava inoltre visibilissimi guanti bianchi, era corso via riuscendo, grazie alla sorpresa, a uscire dallalbergo senzessere bloccato: sparando in aria, aveva avuto la strada aperta. Nella foga, esploso lultimo colpo, aveva lasciato cadere larma scarica sul marciapiede, estraendo contemporaneamente unaltra pistola; aveva puntato questa alla testa dun passante, perché la scorta del governatore che gli era corsa dietro si bloccasse; aveva fermato unauto di passaggio, o forse dun complice? e abbandonato lostaggio, era salito e sera dileguato, sparando dal finestrino qualche colpo a vuoto.
Fuori dalla porta da cui erano risuonati gli spari, nel largo corridoio, era rimasta a terra, freddata da un solo colpo in testa, la guardia che aveva avuto lincarico di custodirla. Dentro, giaceva morta a terra una bella signora trentaquattrenne che, a suo tempo, avevo ben conosciuto e che, fin ad allora, in mezzo a tutta quella gente non avevo notato, una donna chera stata, tanti anni prima, la moglie del mio amico Vittorio DAiazzo: nel 1958, non ancora ventenne, ella laveva abbandonato per un facoltoso americano, sera divorziata e risposata con lui negli Stati Uniti; era poi divenuta una ricca vedova e, da pochi mesi, come avevo saputo da Mark, sera risposata con un altro magnate, un certo Peter White, non presente al banchetto perché sostenitore del presidente Richard, mentre lei era stata una grande elettrice del Montgomery.
Più volte, dopo labbandono, Vittorio maveva parlato di Bimba come usava chiamarla durante il matrimonio, durato appena un anno; oppure di mia moglie, come ancora la definiva dato che lui, cattolico rigoroso diversamente da me, agnostico, continuava a considerarsene il marito: Il matrimonio in chiesa è un sacramento e non lo si può sciogliere! maveva detto con enfasi in un paio doccasioni. Adesso, era vedovo.
CAPITOLO III
I media serano detti convinti che vittima designata fosse stato il governatore Donald Montgomery e non la povera signora White: Come per Bob Kennedy, ma hanno sbagliato mira! intitolava il quotidiano che avevo comprato allaeroporto. Avevo pensato: Una gran pubblicità politica, per lui. Lunica domanda che i mezzi di comunicazione serano posta era stata: Perché lassassino sè tirato il passamontagna sul viso solo dopo avere sparato, nelliniziare a fuggire? Già, perché?
La notizia era certamente già arrivata in Italia, data la notorietà del giovane candidato alla Presidenza, forse con la foto della signora White, e in questo caso Vittorio poteva già sapere del suo assassinio, nonostante il nuovo cognome della defunta moglie. Se sì, chi sa come aveva accolto la notizia? Con dolore? Io sospettavo che di Bimba fosse ancora innamorato, nonostante labbandono di lei, il quindicennio trascorso dalla separazione e una decennale relazione del mio amico con unaltra donna, durata fino a tre anni prima. Riflettendoci durante il volo, avevo pensato che, dopotutto, la morte della moglie fosse stata per Vittorio una liberazione, in quanto gli aveva aperto la via per un nuovo, eventuale matrimonio religioso. Peraltro non mi risultava che avesse unamica dopo il passato rapporto, durato finché lamante aveva, inaspettatamente, sposato un altro.