Il postino passava una volta a settimana, in genere il sabato mattina. Una qualche volta avrei voluto chiedergli uninformazione, ma evidentemente era sempre troppo presto per me. Certo che il mio non era un proposito molto fermo, sia perché si trattava comunque di una faccenda di secondaria importanza, sia perché nei fine settimana avevo sempre avuto labitudine di poltrire liberamente. E questa mia inclinazione, favorita dallaria fine e dallallegro cinguettare degli uccelli, si era ulteriormente accentuata da quando abitavo in quella villa.
Volevo chiedergli di una cartolina che mi era arrivata, destinata ad una persona che chiaramente non ero né io né, per quanto mi pareva di ricordare, nessuno della famiglia che prima abitava lì. Ma daltronde cosa poteva saperne il postino? (Se anche si impicciasse della posta che consegna non lo verrebbe certo a dire a me). Avrei dovuto chiederlo allex proprietario. Ma già una volta, incontrandolo, mi l'ero lasciata sfuggire l'opportunità di parlagliene. Quando però di cartolina ne arrivò unaltra, sempre al mio indirizzo e per la stessa persona, ho pensato che valesse la pena fargli una telefonata.
Mi scusi se la disturbo, dottor Beltrami: ma il nome di Clara Bagnucci, a lei, dice qualcosa?
Clara Bagnucci? Ah, si, ha ragione: avrei dovuto avvertirla. Immagino che abbia ricevuto qualche cartolina per lei da parte di Aristide.
Infatti. Lei sa di chi si tratta?
Si, certamente. I Bagnucci abitavano in quella casa prima di me: anzi, penso che siano stati loro a farla costruire. Gran brave persone, in verità, anche se un po sfortunate. Ma dopo che i due figli maggiori si sono sposati la casa è diventata troppo grande per loro, e poi troppo fuori mano visto che ormai non guidavano più. Così si sono trasferiti in paese. Se vuole posso darle lindirizzo, non le sarà difficile trovarli: li conoscono tutti. Forse ho anche il numero di telefono.
Lidea di fare da postino supplementare per questa Clara non mi attirava affatto. Avrei potuto farlo fare a qualche ragazzetto dietro compenso, ma non certo a mie spese. E poi mi irritava il fatto che in tanti anni - perché di anni si trattava - nessuno si era preso la briga di comunicare a quel tal Aristide la variazione di indirizzo. Doveva trattarsi di un caso di palese imbecillità da parte di qualcuno, se non di tutti. Eppure mi pareva strano che neppure il dottor Beltrami, apparentemente una persona molto in gamba, fosse riuscito a cambiare questo stato di cose. Forse cera dietro una storia ben più complessa e interessante, ma non riuscii a farmi spiegare molto di più dal mio interlocutore.
Non ho idea di dove abiti questo Aristide. Mi pare che le sue cartoline provenissero sempre dai luoghi più disparati, da tutto il mondo. Potrebbe essere stato un ex fidanzato, ma forse invece un cugino o anche solo un amico di penna. Sempre saluti affettuosi, niente di più: sa, me le leggevano quando gliele portavo. Veramente non saprei proprio dirle altro.
Così telefonai ai Bagnucci.
Pronto?
Buongiorno, cercavo la signora Bagnucci.
Si, sono io: chi parla?, mi rispose una voce con uno spiccato accento veneto.
Cercavo Clara, Clara Bagnucci: ho fatto il numero giusto?
Sì, Clara è mia figlia. Dica pure a me.
E per via di alcune cartoline che arrivano ancora a casa mia, o meglio, quella che da qualche mese è diventata casa mia.
Ah, capisco. Il dottor Beltrami mi aveva accennato alla possibilità di trasferirsi. Peccato: una persona tanto cara e premurosa. E sempre un piacere quando viene a trovarci. A pensarci bene, in effetti, è già da un po che non passa. Comunque per le cartoline, se per lei non è troppo disturbo mettercele da parte, quando poi passa uno dei miei figli facciamo un salto a prenderle. Sa, alla mia Clara fanno così piacere, che lei davvero non si immagina.
Va bene, signora, non si preoccupi. Quando volete. Magari mi date un colpo di telefono prima, per non fare il viaggio a vuoto. Al limite posso anche passare io da lei, qualche volta che già mi trovo ad essere in paese.
Grazie, grazie mille, ma non voglio che si disturbi troppo per noi, per due cartoline, signor a proposito, come ha detto che si chiama?
Finii per andare io da loro. Suonai alla porta. A dire il vero non ottenni una risposta molto sollecita: forse avevo disturbato qualche pennichella.
Chi è?
Riconobbi laccento veneto della signora Bagnucci.
Sono venuto per le cartoline. Si ricorda? Le ho telefonato un paio di giorni fa.
Seguì un lungo armeggiare di chiavi e serrature, poi la signora, in abiti casalinghi, mi aprì e mi invitò ad entrare.
Prego, venga, si accomodi pure.
Non cè bisogno che si disturbi, signora, anche perché non ho molto tempo e ho parcheggiato la macchina Non mi stava affatto ascoltando, da come iniziò a chiamare sua figlia.
Clara! Clara! Vieni che ci sono delle cartoline per te!, chiamò a un discreto volume annientando così le mie timide scuse. Tra laltro non avevo nessun vero impegno per il pomeriggio, e per non lasciarmi trattenere avrei dovuto inventarmene uno.
Venga, si accomodi in salotto. Stavo giusto per preparare del tè. O preferisce qualcosaltro?
Mentre riordinavo le idee per organizzare una fuga rapida e decorosa, sentivo in arrivo dallaltra stanza dei rumori affrettati e indefinibili.
Fai piano, Clara, attenta a non farti male. Poi rivolgendosi a me: Lei non ha idea di come scendeva le scale, quando abitavamo in villa. Anche per questo labbiamo venduta: ci mancava anche di cadere dalle scale, oltre a tutti i guai che già avevamo. Per il resto la villa è un vero paradiso, non trova?
Quando il trambusto si placò, la ragazza era apparsa allingresso affannata. Portava occhiali da sole scuri, ed accarezzava un grosso cane altrettanto scuro che le scodinzolava festoso tra le gambe.
Andiamo a sederci in salotto, disse la signora. Il cane, dopo qualche annusatina esplorativa, sembrava trovarmi interessante.
Sente lodore di Rintintin. A proposito, dottore, come sta il suo cane? Clara aveva una voce squillante, da bambina, in contrasto con il suo incedere malfermo e quasi barcollante.
Se ti fossi tolta gli occhiali ti saresti già accorta che non è il dottor Beltrami. La ragazza, dopo quella ramanzina in veneto, si tolse gli occhiali malvolentieri e mi fissò.
Anchio la fissai a lungo, incantato. Non ricordo di aver mai visto degli occhi così belli. Sfumature di verde e marrone che li facevano somigliare a piccole stelle. Due preziose finestrelle colorate da cui si intravedeva un lago di purezza e di ingenuità fanciullesca: la sua anima semplice traboccava bellezza dallo sguardo, dalla voce e dal sorriso.