Juan Moisés De La Serna - Il Misterioso Tesoro Di Roma стр 8.

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Rimasi lì resistendo al forte odore, aspettando che i miei occhi si abituassero alloscurità per cercare di individuare qualche oggetto allinterno, mentre provavo a ascoltare un qualsiasi rumore per quanto insignificante che fosse, ma tutto ciò fu vano, nessun suono echeggiò lì dentro, lunica cosa che potevo sentire era la mia respirazione accelerata e non vidi nulla che non fosse loscurità assoluta, quindi dovetti concludere che quella porta conducesse a una stanza chiusa, fredda e umida.

Ma cosa poteva essere? Forse un vecchio negozio di alimentari o la portineria abbandonata di una casa.

Con grande attenzione e avvertendo della mia presenza nel caso ci fosse stato qualcuno allinterno di quel luogo sinistro, mi decisi a entrare.

Per evitare di scontrarmi con qualsiasi oggetto, lasciai la porta aperta, ma non aiutò molto perché quelloscurità nera si trasformò solo in una fitta penombra dove la mia ombra si proiettava come una sagoma sinuosa e spettrale sulla parete di fondo.

Dopo essere quasi caduto perché allingresso cerano tre gradini in discesa di cui non mi ero accorto, mi ripresi e cercai di non urtare nulla, camminando molto lentamente fino a quando non andai a sbattere contro un muro.

Non ci saranno stati nemmeno due metri di distanza dalla porta in fondo alla lugubre stanza e non sembrava esserci altro accesso, un vicolo cieco.

In nessun modo la ragazza sarebbe potuta entrare lì e anche lo avesse fatto non sarebbe stato volontariamente, ma dove poteva essere? Mi stavano finendo le idee, quindi continuai a esplorare quella piccola stanza, appigliandomi a qualsiasi cosa.

Con le mani continuavo a toccare ogni centimetro di quella stanza finché non trovai una fessura nella parete, era lintelaiatura di unaltra porta, che toccai poco dopo.

Al tatto era ruvida e umida, molto simile a quella che avevo dovuto spingere per accedere a quella stanza cupa.

Feci scivolare la mano sul davanti cercando di sentire il pomello per aprirla, ma non riuscivo a trovarlo, trovai solo un buco allaltezza dellombelico, che immaginavo fosse il buco della serratura.

Spinsi con forza come avevo fatto con la porta di accesso, ma non si mosse. Dato che non cedeva, pensai che potesse aprirsi verso di me, quindi cercai di tirarla, mettendo le dita come potevo in quella piccola cavità della serratura, ma tutti i miei sforzi furono vani perché nemmeno in questa direzione cedeva.

Mi abbassai fino allaltezza dellapertura nella porta, per vedere se almeno potessi vedere qualcosa attraverso e lunica cosa che riuscii a vedere, in modo abbastanza parziale, fu un cortile quadrato, simile a un chiostro, circondato da colonne erette come sbarre di una prigione.

Queste sembravano custodire e proteggere i numerosi grandi dipinti appesi alle pareti adiacenti. Nulla che mi aiutasse a identificare il posto, perché case signorili del genere, le avevo già viste diverse volte durante la mattinata, ma non vedevo la ragazza o qualsiasi altra persona a cui chiedere aiuto per spostare quella porta pesante e dovetti rassegnarmi davanti al mio clamoroso fallimento. Sapendo che non avrei potuto fare nulla di più per quella bambina e che i miei compagni di classe, dopo aver terminato la loro visita alla chiesa dove li avevo lasciati, mi avrebbero cercato, tornai quindi nella piazza con la fontana al centro da dove mi ero allontanato.

Ero ancora preoccupato per la bambina che solo un momento prima di scomparire mi aveva regalato quel delicato fiore, ma allo stesso tempo non ero nemmeno sicuro che le fosse successo qualcosa.

Tornai dove erano e i miei colleghi mi stavano già aspettando, cercandomi nei dintorni. Dopo averli rassicurati e chiesto loro come fosse stata la loro visita, continuammo in unaltra nuova via e di fronte a noi emerse un vecchio monumento da scoprire.

Di nuovo rimasi fuori, ma questa volta mi rifugiai allombra di un balcone in modo che non mi arrivasse troppo sole.

Essendo lì, un po più calmo, ripreso dalle emozioni provate pochi minuti prima, mi sono ricordato di aver vissuto qualcosa di simile in precedenza, una situazione molto compromettente del mio passato, che pensavo fosse dimenticata, sbiadita nel corso degli anni, ma la ricordai nella mia mente come se la stessi rivivendo in quel preciso momento.

In quelloccasione sarei dovuto intervenire e non lho fatto per paura o codardia, non lo so bene, ma se fosse stato per me si sarebbe salvata.

Mi riferisco a mia sorella, a quando eravamo piccoli, io non avevo nemmeno sette anni e lei ne aveva circa cinque.

Era una giornata calda come oggi, nella piscina alla base, alla quale appartenevamo perché nostro padre era un militare. Uscimmo entrambi a mezzogiorno, quando sapevamo che non ci sarebbe stato nessuno in giro, perché gli adulti in quel momento stavano dormendo e noi ne approfittammo per fare il bagno.

I nostri genitori erano usciti per fare una di quelle visite a cui eravamo tanto abituati, a causa della costante attività sociale di nostra madre, a volte incompatibile con la vita rigida e strutturata di nostro padre, ma è così che lei aveva superato le sue assenze costanti, quando lo assegnavano a missioni diverse per mesi.

Iniziò come una forma di intrattenimento e a poco a poco iniziò ad occuparle sempre più tempo, fino a diventare una parte importante della sua vita.

Allinizio era solo un modo per distrarsi, quindi iniziò ad andare una volta a settimana a un innocuo corso di pittura, poi due, poi allestì una delle stanze come suo studio di lavoro e da lì a diventare professionista fu una questione di tempo e molta pratica, perché aveva lessenziale, una grande abilità con il pennello e un buon occhio per i dettagli.

I suoi professori orgogliosi del suo lavoro furono quelli che la incoraggiarono a iniziare a fare mostre per il resto dello staff della base, ma a piccoli passi.

Successivamente, iniziò un tour delle diverse basi militari vicine, che la invitavano conoscendo il suo talento e la destrezza con i pennelli e poi trascorse la sua vita pubblica, per modo di dire, in diverse città che la invitavano a partecipare a mostre collettive o individuali per presentare i suoi progressi.

Inoltre, lesercito la sosteneva, perché migliorava limmagine del corpo militare tra i civili, dimostrando che la vita allinterno di una base non dovesse per forza essere noiosa e monotona e che le donne dellesercito non dovevano rinunciare alle loro ambizioni e alla loro vita, potendosi realizzare proprio come tutte le altre.

In breve tempo, quella famiglia cambiò identità, passò dallessere la famiglia di mio padre, conosciuto come il famoso capitano, decorato in vari contesti e rispettato da tutti coloro che avevano servito al suo comando, allessere la famiglia di mia madre, nota allintero paese, per essere la pioniera e in molti casi lesempio delleccellenza delle donne allinterno e allesterno dellesercito, al punto che lhanno persino invitata in uno di quei programmi in prima serata (con massimo pubblico).

Ciò che allinizio era una gioia per tutti, perché vedevamo felice nostra madre, poi si rivelò in qualche modo problematico per la questione economica.

Mia madre iniziò ad avere la tanto attesa indipendenza economica, con le proprie entrate, che le permisero di acquistare una serie di oggetti e veicoli non di proprietà del personale militare o delle famiglie.

Mio padre, insisteva sul fatto che dovesse trattenersi, che ciò che guadagnava avrebbe potuto essere destinato a qualsiasi altra cosa, ma che non si sarebbe dovuta distinguere per i suoi sprechi allinterno della base, ma mia madre lo ignorava, stanca, a suo dire, di vivere come gli altri, potendo permettersi più comfort.

Inoltre, cominciò a fare continui viaggi, di diversi giorni, in musei e mostre, o per presentare le sue opere, si stava persino preparando a partecipare alla creazione di una fondazione per giovani artisti, per la quale trascorse diversi mesi visitando diverse istituzioni finanziarie, affinché appoggiassero con borse di studio coloro che erano entrati nella fondazione.

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