Andrea Calo' - Una Bolla Fuori Dal Tempo стр 6.

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«Io dico semplicemente che non è solo questo. Lei non è una donna serena in questo momento, mostra paura verso qualche cosa, dà lidea di essere qui alla ricerca di qualche cosa che teme di non trovare o, al contrario, di rimanere sconvolta nel caso dovesse trovare ciò che cerca. Una donna in fuga da o verso qualcosa. Proprio questo, lei sembra una donna che sta scappando da qualche cosa a gambe levate. Comunque le chiedo scusa, questi non sono affari miei e su questo ha tutte le ragioni del mondo, mi perdoni».

Ripiombammo nel silenzio, un mutismo imbarazzante. Minfastidiva che John avesse tutto quel rispetto per me, per i miei pensieri e per la mia riservatezza. Pensai che provare a conoscerlo un po forse non mi avrebbe causato problemi. Forse sarei riuscita a ringraziarlo alla fine del nostro tragitto.

«E lei come mai è qui John? Vive a Portland?». Immediatamente pensai che, con il mio comportamento, lui potesse risentirsi per la mia domanda. Perché mai io potevo fare domande e lui no? «Ovviamente si senta libero di non rispondermi se non lo ritiene opportuno». John mi guardò e ammiccando un sorriso andò a segno.

«Perché mai dovrei comportarmi come lei Katherine?». Scoppiò a ridere mentre mi guardava chinare il capo per proteggermi dal suo sguardo. Mi comportai come una bambina che era appena stata sgridata.

«A Portland vive ancora mia madre. Ci trasferimmo qui poco dopo la morte di mio padre, prima abitavamo a Joseph, proprio dove lei è diretta, nel Wallowa. Conosco bene la zona, per questo motivo poco fa la mettevo in guardia sulle rigide condizioni atmosferiche».

«E, lutto per la morte di suo padre a parte, come mai avete deciso di trasferirvi a Portland?».

«A dire il vero non si trattava di un trasferimento, ma piuttosto di un ritorno. Mia madre è nata e vissuta nella periferia della città. Non avendo più nessun legame con il Wallowa, ha deciso di ritornarsene qui. Io lho seguita, nonostante avessi allora un buon lavoro a Joseph. Lasciai tutto, feci i bagagli e venni a stare qui con lei. Ora, ultra settantenne, ha più che mai bisogno di me. E una donna ancora autosufficiente nonostante letà, ma come lei può ben immaginare comincia ad avere serie difficoltà sotto diversi aspetti della vita quotidiana. A volte ha dei momenti di buio nella sua mente, durante i quali non ricorda più nemmeno il suo nome o il mio viso. Fortunatamente sono momenti ancora rari e brevi, ma la costringono a rimanere chiusa in casa. Lei è sempre stata una donna molto dinamica e questa limitazione è per lei al pari di una condanna alla reclusione. Ha una badante che si prende cura di lei».

«Era allaeroporto John. Da dove proveniva?», chiesi forse osando troppo.

«Io ero con lei sullaereo, Katherine, vengo anchio da New York. Sono andato nella città per attendere a una convention, ero loratore».

«Non mi ero accorta di lei John».

«A dire il vero lei non poteva accorgersene, presa comera dai suoi pensieri. Durante il volo poi, subito dopo il decollo, si è assopita. Io invece lho notata subito. Lei è una donna che non passa inosservata, dovrebbe saperlo questo». John parlava con sincerità e senza inibizioni, con il suo sorriso continuamente stampato in viso e uneleganza che raramente avevo riscontrato prima in un uomo. Lo guardai e forse arrossii un poco. Si, sono sempre stata una bella donna. Mio padre lo sosteneva fin da quando ero bambina, mentre mia madre era preoccupata maggiormente per altri aspetti della mia vita, che le facevano porre largomento bellezza in secondo piano. Più volte me lo sono sentita dire dagli uomini, al punto da essere giunta a convincermene. Ma lo ero, molto di più, nel mio corpo precedente. Ero una donna elegante, di una bellezza raffinata, quasi rara. Ma questo io non avrei potuto dirlo a John. Almeno non ancora.

«La ringrazio John», accennai timidamente.

«Anche la roccia si sfalda quando dimostra di avere un cuore! E vero quindi!», disse con tono sicuro.

«Che cosa intende dire con queste parole?»

«Lei mi ha appena ringraziato, Katherine. Non se nè accorta? O forse mi sbaglio?», disse, strizzandomi locchio in segno di complicità. Io sorrisi e annuii solo con un cenno del capo, qualunque altra parola sarebbe stata del tutto superflua e fuori luogo in quel momento.

«Le devo chiedere scusa John. Perdoni il mio comportamento scortese nei suoi confronti. Lei è così gentile con me ed io lho saputa ricambiare solo trattandola piuttosto male. Sono stata poco carina».

«Potrei accettare le sue scuse, ma a una sola condizione! Mi deve concedere il piacere di fare colazione con lei domani mattina, che ne dice?». Non sapevo cosa rispondere, ero imbarazzata. Poi mi venne in mente che la mattina seguente avrei dovuto prendere lautobus per il Wallowa.

«Accetterei volentieri John, ma domani mattina dovrei tornare in aeroporto molto presto per prendere lautobus diretto nel Wallowa. Non farei in tempo altrimenti», risposi.

«Non ne ha bisogno Katherine. La porterò io nel Wallowa se mi vorrà onorare della sua piacevole compagnia».

«No John, lho già disturbata anche troppo. Non permetterei mai di farle sprecare tempo prezioso per accompagnarmi fin laggiù, è troppo lontano».

«Una cosa che non ho fatto ancora in tempo a dirle nel mio racconto è che io lavoro ancora nel Wallowa».

«Come dice? Ha lasciato nuovamente Portland, quindi?», chiesi sorpresa.

«Si. Qui non mi sentivo a casa. Se non fosse stato per mia madre, non ci sarei nemmeno mai ritornato», rispose, «Non ho trovato nemmeno un lavoro che mi gratificasse come quello che avevo a Joseph. Parlai allora con mia madre e le comunicai che sarei ritornato nel Wallowa. Sarei andato a trovarla spesso. Potevo farlo perché in quegli anni non aveva mai mostrato segnali di cedimento, potevo stare tranquillo. Dopo una prima reticenza iniziale, accettò la mia scelta e mi lasciò andare via. Tornai nel Wallowa, a Joseph. Fortunatamente non era stato trovato un rimpiazzo alla mia posizione lavorativa e fui reinserito nellorganico. Vivo in una casa non molto lontana dal mio lavoro, non potrei stare meglio di così».

«E sposato John? Ha dei figli?»

«Sono divorziato e non ho figli». Si stava completamente aprendo a me, ogni mia domanda trovava subito una risposta. Avrei potuto chiedergli qualunque cosa e lui mi avrebbe risposto senza problemi. Io non ci sarei mai riuscita. Come si può essere tanto trasparenti verso un completo estraneo? Lui ed io eravamo due persone molto diverse a prima vista.

«Mi scusi John, non vorrei aver rievocato con le mie domande pensieri o sentimenti per lei dolorosi»

«Assolutamente no Katherine. Mia moglie ed io siamo tuttora in buoni rapporti. Si era spento quellamore che ci aveva in precedenza unito, tutto qui. Non si va avanti in un rapporto se non cè lamore, giusto?». Giusto, pensai. Giustissimo. Le mie esperienze passate a riguardo non potevano che confermare quanto da lui detto. Non ero mai stata lasciata da un uomo, ero sempre stata io a fare il primo passo. Non conoscevo lo stato danimo in cui ci si trova quando è laltro a dirci che è finita, quella sensazione di rifiuto giustificata con le più disparate ragioni. A volte ci si giustifica assumendosi per scelta tutte le colpe per la decisione presa, consci del fatto che non si tratta della pura verità bensì di un modo per chiudere la questione in fretta e senza seguiti. Provavo a immaginarlo ma riuscivo solamente ad assimilarlo a quello di una morte improvvisa, doveva essere un dolore enorme quello che segue la parola addio pronunciata da una persona che si ama veramente. Gli feci capire che ero daccordo con lui e non continuai oltre sullargomento, non avevo alcun diritto o alcuna necessità di farlo.

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