Dal 1884 in poi il sig. Cunningham, per motivi di salute, non potè più viaggiare sulle montagne, ma con ciò non venne meno in lui la riconoscenza chegli pubblicamente professava al nostro Emilio per gli ingenti servigi resigli.
«In tutte le relazioni chebbe con mescrisse il Cunningham nel suo aureo libro The Pioneers of the Alpsnegli impegni dogni anno, nessuna azione venne mai a diminuire, in minimo grado, lalta stima che ho per lui, o a danneggiare la grande amicizia che esiste tra di noi due».E più oltre: «Ricordandomi delle circostanze sopraggiunte, quando i nostri giorni dalpinismo parevano terminare, mi ricordo quanto lidea del pericolo, che mi sembrava inevitabile, scomparisse alla vista delle braccia robuste, della testa calma e del coraggio inflessibile della mia guida».
Verso la fine di luglio del 1885 il Rey fu impegnato dal sig. H. Seymour King, onde accompagnarlo alla prima salita dellarditissima Aiguille Blanche de Pétéret, alla quale era legato il triste ricordo della catastrofe del prof. E. M. Balfour con la guida Petrus. Partiti da Courmayeur il 30 di quel mese, dopo sforzi inauditi (specialmente nellultimo tratto del ghiacciaio di Fresnay), poterono arrivare verso sera a poco più di 3600 metri, sospesi sullarditissima parete Ovest dellAiguille Blanche, dove pernottarono. Dio sa come passarono la notte a quella straordinaria altezza, quasi librati nel vuoto, legati alle roccie e con 20° sotto zero! La «verve» inesauribile di Emilio aveva sempre lo stesso grado di spiritosità, benchè i denti battessero sonoramente le ventiquattro, ed il vento, colle sue folate da intirizzire le pietre, continuamente li molestasse. Solo lalpinista che ha dormito alla bella stella a 3000 metri sul livello del mare, può considerare quale sforzo morale deve luomo operare su sè stesso, affinchè il fisico non soggiaccia alla forza dellambiente.
Al mattino del 31 luglio attaccarono dapprima le roccie che sorpiombano sul ghiacciaio di Fresnay, quindi, lavorando di piccozza su corazze di ghiaccio ed infine per una cresta nevosa che diventa esilissima e vertiginosa, riuscirono sulla vetta. Questa salita, che durò tre giorni con due notti allaperto, non venne poi mai ripetuta, sia perchè è pericolosissima per le roccie disgregate e per le cornici di ghiaccio, sia anche perchè il ghiacciaio di Fresnay, superiormente, alla base della parete Ovest dellAiguille Blanche, si spacca enormemente e forma una bergsrunde insormontabile.
In principio dellestate 1886 il Rey fu con Miss Katharine Richardson, che accompagnò in seguito quasi tutti gli anni. Di questa intrepida alpinista, coraggiosa quanto mai, che mentiva formalmente il suo sesso (in quanto si riferisce alla resistenza, alla vigoria, alla tempra) soleva Emilio parlarne di sovente; e concludeva che nel mondo muliebre, di uno stampo simile se ne incontrano di rado.
Non notiamo nuove imprese compiute dal Rey in quella campagna, se non che guida il sig. H. Dunod allAiguille Verte e alla seconda ascensione dellAiguille des Charmoz, oltre alla già menzionata salita alla Meije, in Delfinato.
Nellagosto del 1887 Emilio ascese moltissime vette della catena del M. Bianco che per brevità non le enumeriamo. Era con J. H. Wicks e W. Muir. AllAiguille des Charmoz scoprì una variante e riuscì pel primo sul Mont Mummery, una delle tante punte di cui è formata lAiguille. Di questa vetta, allora moltissimo in voga, eseguì col sig. Dunod la prima traversata delle sue cinque punte, che divenne poi di prammatica per un abile turista che dimorasse «tant soit peu» al Montanvert. Sempre col Dunod, e nellanno medesimo, dal Grand Dru scese pel primo al Petit Dru. Questo passaggio, se non esige delle qualità tecniche eccezionali, è sempre difficile ed emozionante, specialmente nel tratto pel quale si deve discendere, quasi perpendicolarmente, lungo una corda di 30 metri. In senso inverso, questa traversata venne effettuata da Miss K. Richardson con E. Rey e G. B. Bich. Il Dunod scrisse a proposito di questo passaggio sul libretto del Rey: «cest certainement en grande partie au courage et à ladresse dÉmile Rey que je dois la réussite de ce passage».
In settembre di quellanno, 1887, troviamo Emilio ad accompagnare il dott. Paul Güssfeldt al Gabelhorn ed al Cervino, per la nuova via scoperta poco tempo prima, da Zermatt a Breuil. Lasciate quindi le Alpi Pennine, si ridussero nel Gruppo del Bernina a compiere una nuova ascensione del Monte Scerscen pel versante italiano. Nel rendere conto di questa salita non posso fare a meno che lasciar la penna al valente alpinista tedesco che ne scrisse una succinta relazione sul libretto della sua guida.
«En partant de la cabane Mannelli (Italie) nous atteignîmes le Roseg-Fuorcla (Güssfeldt-Sattel) dou nous exécutâmes une nouvelle ascension du M. Scerscen, en suivant plus ou moins la grande arête jusquà la «Schreckhaube» et de là, sans plus nous éloigner de larête, jusquau sommet du Scerscen. La descente devait seffectuer par le versant suisse. Pendant 4 heures consécutives E. Rey a dû couper des grandes marches pour frayer un chemin dans ce mur de glace, qui sépare les parties supérieures de la montagne de larête inférieure; celle-ci était toute couverte de neige et nous devions la descendre pendant les premières trois heures de la nuit. La descente entière a duré depuis 1 heure p.m. (22 sept.) jusquà 4 heures a.m. (23 sept.), et seulement 24 heures après avoir quitté la cabane italienne, nous arrivions au Restaurant Roseg. Cest a lexceptionelle adresse de Rey et à son courage à toute épreuve que nous devons la réussite complète de notre tentative un peu hasardée. Il est de mon devoir de professer tout haut ladmiration que jai pour les qualités extraordinaires dÉmile Rey».
Tale è il primo attestato rilasciato dal Güssfeldt al Rey, che divenne, dallora in poi, la sua guida prediletta, accompagnandolo, come vedremo, ad azzardatissime esplorazioni. Fu il Güssfeldt che fece conoscere il nome di Emilio a S. M. lImperatore di Germania, il quale da lui sarebbe stato guidato sulle montagne scandinave se la politica, quella gran brutta megera, non fosse venuta a sventare il progetto.
Al primo accostarsi ad una guida conosciuta e di fama, restiamo titubanti, affascinati da uningenua soggezione che ci fa sembrare quasi ragazzi. Questa sensazione di rimpicciolimento, che svapora il nostro giustificato orgoglio di parer superiori a quegli uomini rozzi, ma pur grandi, non la provarono soltanto gli alpinisti «à leau de rose», ma i più valenti e provetti. Spigolando lepistolario di Emilio Rey, trovo alcuni brani di lettere che meriterebbero di essere trascritti testualmente, perchè farebbero vieppiù risaltare la considerazione che di Emilio si aveva nel mondo alpino.
Così il dott. Güssfeldt nel sollecitargli il favore di accompagnarlo, ebbe cura di aggiungere: «Jai assez dexpérience dans les hautes montagnes, pour pouvoir apprécier vos qualités extraordinaires, et vous pouvez être sûr que je vous causerai peu dembarras, même dans des situation difficiles».
Tutti poi badavano di notificargli il loro stato di servizio e a che punto giungeva la loro forza di resistenza, perchè sapevano che il Rey ripugnava di accompagnarsi, in salite difficili, con neofiti in alpinismo. Ma torniamo in carreggiata.
Verso la fine di dicembre del 1887 i signori Corradino, Gaudenzio, Erminio e Vittorio Sella, accompagnati dai tre Maquignaz, padre e figli, e da Serafino Henry di Courmayeur, tentavano il M. Bianco, partendo dalla Capanna Q. Sella al Rocher du Mont Blanc. Furono ricacciati in basso dallo scatenarsi improvviso di una tormenta. Non iscoraggiti da questo tiro birbone del tempo, al mattino del 4 gennaio 1888 ritentavano la prova, nella speranza che il Monte li volesse benignamente ricevere per augurargli il buon capo danno. Invece di Henry, questa volta colla comitiva Sella, partiva Emilio Rey.