Laura Merlin - Morrigan стр 8.

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Gli feci notare che le cose non quadravano e intanto, con molta calma, mi ero messa a sedere massaggiandomi il collo tutto intorpidito.

‹‹Ottima osservazione››, disse Gabriel facendomi l’occhiolino. ‹‹Però devi sapere che qui c’è qualcuno dotato di un’intelligenza superiore che, guarda caso, sarei io! Per prevenire questo genere di cose ho nascosto due splendidi cavalli››.

Odiavo quel tono e odiavo quel suo fare da ragazzo strafottente.

Sarà anche stato l’angelo della morte, ma se la tirava un po’ troppo per i miei gusti.

‹‹Okay, Mister Intelligenza, cosa vuoi? Che ci prostriamo ai tuoi piedi e cominciamo a venerarti?››. Imitai un inchino.

‹‹Non sarebbe male, potresti cominciare tu dando il buon esempio››.

Lo odiavo!

Mi alzai, goffa e instabile perchè mi girava ancora un po’ la testa. Per fortuna lì vicino c’era Sara e mi appoggiai a lei.

Era seria e mi guardava come se fossi un extraterrestre.

Avevo qualcosa tra i capelli? Cercai di metterli apposto meglio che potevo, ma continuava a guardarmi allo stesso modo.

I suoi occhi di ghiaccio sembravano penetrarmi dentro e un brivido mi corse su per la schiena.

‹‹C’è qualcosa che non va, Sara?››.

Nessuna risposta, si limitò ad abbassare lo sguardo e scuotere la testa.

Poi se ne andò verso Sonia.

‹‹Sofia, andiamo? Gabriel è andato a prendere i cavalli che ha nascosto››, disse Sonia.

‹‹Certo, arrivo››.

Andai verso di loro scrollandomi via un po’ di polvere dal vestito.

Ero davvero preoccupata. Mi ero resa conto di essere svenuta prima, solo che nessuno mi aveva detto nulla di quello che mi era successo dopo aver percepito la presenza di un corpo estraneo nella mia testa.

Perché?

Cosa mi stavano nascondendo?

Forse chi si era impossessato di me non era così buono come credevo. Però se le cose stavano così, perché non mi avevano accennato nulla?

Ciò che mi preoccupava di più era il modo con cui continuava a guardarmi Sara. Sembrava quasi avere timore di me.

Sentii il rumore degli zoccoli. Mi girai e vidi Gabriel arrivare con due splendidi Frisoni occidentali dal manto nero e dalla chioma ondeggiante che sembrava di seta.

Il loro portamento rispecchiava quello di Gabriel. Erano splendidi, come lo era lui. La maglia a maniche corte nera metteva a risalto il suo fisico asciutto e perfetto e i jeans neri aderivano con perfezione ai suoi muscoli a ogni passo.

‹‹Magnifici, non è vero?››. Sonia aveva uno sguardo malizioso.

‹‹Sì… magnifici davvero››, risposi io sovrappensiero.

‹‹Sembra un cavallo forte e sicuro di sé, ma in realtà ha un carattere docile, sai. Il tutto sta nell’imparare ad andarci d’accordo e conoscere i suoi punti deboli››.

Si stava riferendo al cavallo? No, parlava di Gabriel.

‹‹Perché mi dici questo? Non ho nessuna intenzione di conoscere meglio il cavallo›› dissi secca, incrociando le braccia come fossi offesa.

‹‹Andiamo, gli stai sbavando addosso. L’abbiamo fatto tutte appena arrivate in questo mondo. Il suo bacio è qualcosa di unico›› e sospirò al ricordo. ‹‹Però… avrai notato anche tu come diventa irascibile ogni volta che ti sta accanto››.

‹‹Mi odia, è questo il fatto. Se mi piace una persona non cerco di aggredirla ogni volta che dice una cosa››.

Sonia rise. ‹‹Non capisci, è proprio questo il punto››.

La guardai a bocca aperta. Non capivo davvero dove volesse arrivare. Gabriel era stato chiaro con me, non voleva avermi attorno. E nemmeno io lo volevo.

O forse sì?

Arrossii al pensiero che fra noi potesse nascere qualcosa. Sonia lo notò e abbassai lo sguardo, non volevo ammettere che forse aveva ragione.

‹‹Andiamo, dai››. Mi diede una leggera pacca sulla spalla.

Salì a cavallo con un’eleganza che le invidiai. Io non l’avevo mai fatto prima e al solo pensiero mi tremavano le gambe.

Dietro di lei salì Sara.

Mancavo solo io.

Mi ritrovai davanti Gabriel. Il cavaliere nero sul suo nero destriero, pensai. Gli si addiceva come figura.

Cercai di concentrarmi sulla sella e presi coraggio. Se mi fossi distratta avrei rischiato davvero di ritrovarmi con il sedere per terra.

Come diavolo si faceva a salire su quel coso?

Avevo bisogno di aiuto ma non lo volevo ammettere. Non volevo farmi aiutare proprio da lui, che se ne stava a guardarmi con le braccia incrociate appoggiate al collo del cavallo in un modo alquanto irritante.

‹‹Dai, metti il piede destro sulla staffa››. Lo sentii trattenere una risata. ‹‹Appoggiati a me, ti tirerò su››.

Non ci trovavo nulla da ridere!

Sbuffai e misi da parte l’orgoglio di potercela fare da sola. Misi il piede destro sulla staffa, mi attaccai al braccio di Gabriel e, con un movimento agile e senza fatica, mi alzò.

Me lo ritrovai di fronte, gli occhi poco distanti dai miei. ‹‹È stato facile, vero?››.

Avrei voluto dirgli quanto lo odiavo, però mi limitai a un semplice e acido: ‹‹Grazie, ce l’avrei fatta anche da sola››.

‹‹Non ne dubito››, disse in tono sarcastico. Poi tornò subito serio. ‹‹Attaccati a me, dovremmo sbrigarci ad arrivare al castello. Più veloci siamo, meno attenzioni attiriamo››.

Appoggiai le mani sui fianchi e mi attaccai più stretta che potevo alla maglia.

Gabriel si girò scocciato. ‹‹Tu non mi ascolti allora››.

Mi prese le mani e se le portò davanti. ‹‹Ora non rischierai la vita. Tieniti forte››, e poi si rivolse alle ragazze gridando ‹‹Possiamo andare››.

Mi ritrovai schiacciata contro la sua schiena. Stavamo andando a una velocità impensabile, tanto che il paesaggio attorno risultava sfocato. Riuscivo a malapena a distinguere le immense praterie e qualche monte in lontananza, ma niente più.

Mi girava ancora la testa, così decisi di chiudere gli occhi.

Il vento mi scompigliava i capelli e con gli occhi chiusi mi sembrava di volare.

Volare!

Gabriel era un angelo, avrebbe dovuto avere le ali. Allora perché non le vedevo? La sua schiena sembrava perfetta. Oltre ai muscoli non notavo nessuna imperfezione. O almeno stando appoggiata a lui era quello che mi sembrava.

Ebbi un flash in cui vidi una sagoma con un paio di ali nere, maestose e terrificanti.

Spalancai gli occhi all’improvviso per lo spavento, e nello stesso istante la nostra folle corsa rallentò.

Attorno a me c’era un paesaggio fantastico immerso nel verde.

Gabriel notò che ero distratta e per richiamare la mia attenzione appoggiò una mano sopra le mie. Passò con delicatezza il pollice sul dorso per avvisarmi che eravamo arrivati.

Mi si fermò il cuore.

‹‹Guarda, Sofia, non è magnifico questo posto?››. La sua voce nascondeva un velo di tristezza, quasi come se quei luoghi gli facessero tornare alla mente ricordi lontani, o forse mi stavo sbagliando. Non l’avrei mai creduto capace di provare sentimenti.

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