Laura Merlin - Morrigan стр 19.

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Immaginavo dove poteva essere finita, ma non volevo pensarci.

La mia mente era impegnata a gioire con il mio fedele amico. Ero talmente impegnata che non mi preoccupai di essere in slip e canottiera in presenza di un ragazzo.

Sonia, talmente rossa in viso che avrebbe potuto mimetizzarsi con i suoi capelli, si avvicinò. ‹‹Non ci posso credere. Non dirmi che lui è…››.

‹‹Lui è Ade, il mio tesoro››, dissi io mostrando un sorriso a trentadue denti e accarezzando il mio cucciolone.

‹‹Sofia, mmm… lo sai che significa questo, vero?››, disse Calien con un tono un po’ troppo serio per i miei gusti, le braccia incrociate sul petto nudo e lo sguardo solennemente triste di chi sta per darti una cattiva notizia.

‹‹Cosa significa questo… cosa?››. Il cuore mi martellava nel petto.

Avevo il terrore che mi dicesse che stavo immaginando tutto, che Ade non era veramente lì con me. Non avrei voluto sentirmi dire una cosa del genere, al solo pensiero mi sentivo male.

Sì, lo so, è solo un cane, ma per me era molto di più. Ero legata a lui quando ero in vita. Era il mio compagno fedele, sempre al mio fianco nel momento del bisogno, e ora più che mai avevo bisogno di lui.

‹‹Ade… il tuo cane. Insomma, non… non ti chiedi come abbia fatto a raggiungerti?››.

La domanda me l’ero posta per soli due secondi, ma la gioia di averlo ancora con me era troppo grande, sovrastava qualsiasi altra cosa.

‹‹Sì, beh, me lo sono chiesta ma…››.

Calien mi interruppe. Si avvicinò a me, ancora inginocchiata a terra, mi posò un braccio sulle spalle.

Brutto segno.

‹‹Vedi, tu e lui avete un legame forte. Come posso spiegarti? Hai mai sentito parlare di imprinting?››.

Sì, sapevo cos’era. L’avevo letto in molte storie e ne avevo sentito parlare molte volte. Era una sorta di teoria per cui un animale era portato a seguire, di solito come sua madre, il primo animale o essere umano con cui veniva in contatto.

Più o meno doveva funzionare così.

Annuii verso Calien, senza dire niente.

‹‹Ecco, Ade è legato a te. Legato talmente tanto che, quando tu sei morta per venire in questa dimensione…›› e non finì la frase.

Qualcosa si illuminò dentro il mio cervello, quella fastidiosa lucina che a volte vorresti bruciare perché ti fa capire cose a cui non avresti mai voluto pensare.

‹‹Vuoi dire che… che…››, un groppo in gola non mi permise di finire la frase.

Mandai giù e feci un respiro profondo. Lacrime umide e calde stavano affiorando sui miei occhi, questa volta non di gioia.

Non volevo piangere.

Distolsi lo sguardo e come una volta, quando ero ancora viva, guardai Ade e lo accarezzai. Forse capì quello che provavo e appoggiò la testa vicino alle mie gambe dandomi un piccolo colpetto con il naso freddo e bagnato.

‹‹Sì, Sofia, è morto per seguirti fin qui››. Calien, che mi stava ancora tenendo il braccio sulla spalla, aumentò la presa e mi scrollò un po’.

‹‹Non essere triste. A volte bisogna saper vedere il lato positivo della morte, anche se è nascosto al nostro cuore. È solo più difficile da vedere››.

Già, il lato positivo.

In questo caso ero felicissima di poter essere ancora insieme al mio Ade. Era come sentirmi realmente viva, di nuovo. Come un legame con la ragazza che ero stata prima.

Ma a questo punto mi venne da pormi una domanda.

‹‹Qual è il lato positivo della mia morte?››. La mia voce fu un sussurro quasi impercettibile e le lacrime scendevano silenziose sul mio viso.

Calien alzò gli occhi verso Sonia. Si guardarono e abbassarono lo sguardo.

Li avevo messi in imbarazzo?

Beh, non mi importava.

Pretendevo una risposta senza mezzi termini.

Sara spiazzò tutti ome sempre. ‹‹Okay, vuoi sapere perché sei morta? Te lo spiego io››.

11

POTERE


Sara ci portò in uno stanzino che non sapevo nemmeno esistesse.

Aveva tirato fuori da non so dove un’altra maglia enorme blu, e me la diede. Avrei dovuto chiedere se nell’armadio dove teneva lo stock di maglie blu c’erano anche dei jeans. O almeno dei pantaloni di qualsiasi tipo.

Spostò qualche scatolone pieno di cianfrusaglie e afferrò qualcosa dal pavimento. Non capii subito che cosa stava facendo, ma poi notai che stringeva fra le mani una maniglia.

Tirò e una parte di pavimento legnoso si alzò. Era una specie di porta, una botola.

‹‹Ta-da!››, disse Sara in tono soddisfatto, e con un gesto secco del braccio ci fece cenno di scendere.

‹‹Scendo prima io, non si sa mai. Preferisco essere sicuro che là sotto non ci sia niente di pericoloso››. Calien dimostrò di essere un vero cavaliere d’altri tempi.

‹‹Sara, hai una pila o una torcia?››.

‹‹Certo››. Si diresse verso gli scatoloni, frugò un po’ e poi trovò una pila che porse al mezzelfo.

Calien scese qualche gradino. Sparì per qualche secondo e poi la sua testa riemerse.

‹‹Via libera. Potete scendere››.

Sonia mi superò e sparì nel buco sul pavimento.

Poi toccò a me.

Guardai dentro. Vedevo solamente pochi gradini e poi il buio. Fortunatamente la scala non era come avevo immaginato, verticale e a strapiombo nel nulla, ma aveva una pendenza dolce e i gradini erano in marmo.

Man mano che scendevo, una luce leggera illuminava l’ingresso di quella che sembrava essere una galleria.

‹‹Ragazzi, guardate qua››, dietro di me Sara stava trafficando con un accendino e un pezzo di legno con una pezza legata all’estremità.

Un leggero odore di benzina scivolò sotto il mio naso. Appena la fiamma toccò la pezza, questa prese fuoco immediatamente con un bagliore caldo e rosso.

Sara si avvicinò alla parete destra e piegò leggermente la torcia verso qualcosa che era attaccato al muro. Era una ciotola che prese fuoco all’istante appena entrò in contatto con la torcia improvvisata.

Una scia calda avanzò velocemente come acqua che scorre lungo il percorso che le è stato imposto dalla natura accendendo, ogni due metri, altre ciotole attaccate al muro.

Sara si spostò verso il lato sinistro della galleria e compì lo stesso rito del fuoco.

Tutto si illuminò e quello che a me poco prima era sembrato un buco stretto, piccolo e buio, era in realtà un enorme tunnel illuminato.

‹‹E questo cos’è? Sara, perché non ne sapevo nulla? Avresti potuto dirmi che sotto casa nostra c’è una galleria››.

Sonia si guardava attorno stupita mentre rimproverava la piccola Sara, la quale si limitò a sollevare le spalle e a dire: ‹‹Beh, questo posto devo conoscerlo solo io, fa parte del mio potere. Vedi, qui… qui c’è la fonte della conoscenza››, disse allargando le braccia con enfasi. ‹‹Io devo proteggerla e nasconderla, come mi è stato detto dalla Dea››.

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