Laura Merlin - Morrigan стр 13.

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Lo sentivo, tutto mi diceva che stavano aspettando la reincarnazione della Dea per combattere, perché era l’unica speranza per entrambi i Regni.

E ora la speranza si era tramutata in certezza.

‹‹Sonia, hai perfettamente ragione, ma la sibilla vive isolata in una caverna del Regno di Tenot e nessuno avrebbe osato cercarla. Nemmeno Morrigan la cercava. Semplicemente si faceva viva tramite il corvo. Solo lui sa come comunicare e arrivare a lei››, stava per aggiungere qualcos’altro, quando lo interruppi.

‹‹Ho fatto un sogno, prima che arrivasse il corvo››.

Raccontai tutto nei dettagli. Brividi di freddo mi salirono lungo la schiena ancora imperlata di sudore per il brusco risveglio, per il ricordo di quelle ali nere che sembravano voler inghiottire la notte e per la spada lucente che aveva cercato di trafiggermi.

‹‹Non voglio assolutamente pensare che Gabriel volesse ucciderti fin da bambina››, esplose la piccola Sara.

Aveva ragione, nessuno voleva credere che Gabriel fosse malvagio.

Ma qualcosa in lui mi diceva di stargli distante, di non avvicinarmi né a lui né al suo passato e questo mi faceva sospettare della sua buona fede.

Avrei dovuto parlarne con lui.

L’idea però non era delle migliori e la scartai subito.

La mia mente cercava mille motivi per scagionarlo da queste accuse, però ogni volta che mi veniva in mente qualcosa…puff, esplodeva come un palloncino.

Riuscivo solo a trovare mille motivi per accusarlo e una vocina pungente mi sussurrava Stagli distante, ti farà solo del male.

C’era qualcosa che non andava.

‹‹Chi altro conoscete con un paio di ali nere come la notte? In tutti e due i Regni esiste solo un angelo della morte con delle ali nere, Gabriel. Dobbiamo trovarlo, metterlo in prigione e punirlo››. Ares sembrava animato dal fuoco della vendetta.

Avevamo tante ipotesi con cui poterlo accusare e nessuna prova in mano. A meno che la giustizia da queste parti funzionasse diversamente, io sapevo che si accusa e si processa qualcuno quando si hanno delle prove tangibili.

‹‹Non possiamo farlo, Ares! Non abbiamo niente in mano. Lascia fare a noi, le mie sorelle lo conoscono da più tempo di me e sapranno sicuramente cosa fare e come difendermi››.

Non ne ero molto convinta. Le vedevo fragili contro un angelo nero vendicativo, ma se questo poteva dare un po’ più di tempo a Gabriel…

E poi volevo parlargli io! Volevo scoprire perché non mi aveva ucciso quella sera.

Lo stavo accusando? Già.

Avevo i pensieri poco coerenti e non mi piaceva.

‹‹E va bene,›› disse Ares. ‹‹Ma se lui ti strappa anche solo un capello io…io…aaah››, e si alzò di scatto lasciando cadere il discorso.

Il corvo che aveva sulla spalla si spaventò e volò fuori dalla finestra con uno stridulo cra cra.

Ares strinse i pugni e diede un calcio all’aria di fronte a sé, poi si girò verso di me, i suoi riccioli biondi resi ancora più chiari dal sole.

Rimase a fissare i miei occhi per qualche secondo, poi mi prese il viso fra le mani e baciò la fronte.

‹‹È meglio che vada, ora. Fra poche ore è giorno. Anche se con questo sole non si direbbe, sono le tre di notte. Cerca di riposare, mia Dea››. Uscì dalla stanza e se ne andò.

‹‹Stai bene?›› chiese Sara girandosi verso di me, visibilmente preoccupata.

‹‹Sì, ho solo preso uno spavento. Prima il sogno, poi il corvo… il corvo! Dove se n’è andato ora?››.

‹‹Non preoccuparti per lui, ritornerà o con un altro messaggio o perché percepirà il tuo richiamo. Dovrebbe funzionare così, da come mi dice la fonte della conoscenza››. Fece un sorriso che mi ricordò una bambina felice che quel che ha studiato sia tornato utile.

Sonia andò a chiudere la finestra e cominciò a tirare i tendoni. ‹‹Vuoi che lasci passare un po’ di luce? Ti farebbe sentire più tranquilla?››.

‹‹Veramente sarei più tranquilla se voi restaste a dormire qui con me››.

Speravo davvero che restassero, da sola non avrei avuto il coraggio di chiudere occhio.

Loro mi davano forza.

Notai che il cuore rosso del ciondolo che avevo addosso aveva iniziato a scintillare e un brivido caldo percorse tutto il mio corpo.

Sembrava una cosa rassicurante, o almeno era quello in cui avevo un disperato bisogno di credere in quel momento.

‹‹Certo, per me va benissimo››, esultò Sara lanciandosi sotto le coperte.

‹‹Per me anche, se questo serve a farti stare più tranquilla››, rispose Sonia.

Dopo poco mi addormentai, risucchiata da un vortice nero e tranquillo.

E stavolta nessun sogno disturbò il mio riposo.

7

VERITÀ NASCOSTE


Troppe cose erano successe in un solo giorno.

Morire.

Andare in un altro mondo.

Scoprire di essere una Dea che cerca vendetta.

Scoprire che qualcuno mi voleva morta e che ci stava provando fin da quando ero bambina.

Insomma, per me era troppo!

Indossai di nuovo il vestito del giorno precedente.

Lo trovavo splendido, e a essere sincera da sempre sognavo di poter indossare una cosa del genere.

Però scoprii che non era proprio il massimo della comodità se dovevi affrontare una lunga cavalcata a cavallo.

Volevo un paio di jeans e una maglietta!

Lo desideravo ardentemente!

Quella mattina Ares ci svegliò di soprassalto. Era entrato nella stanza dicendoci che dovevamo far presto e tornare a casa perché i messaggeri di Mefisto stavano arrivando.

Sapevano che ero lì.

Ma come avevano fatto a scoprirlo?

Da quando eravamo arrivate non avevamo incontrato nessuno, eccetto il paggio che ci aveva accompagnate al castello, Ares e il corvo che mi aveva portato il messaggio.

Nessuno di loro mi sembrava una spia.

Il paggio era troppo giovane e troppo fragile per mettersi contro qualcuno più forte di lui, il corvo era il messaggero della Dea, perciò anche lui era da scartare e Ares… no!

Ares ci aveva accolte nel suo castello, mi aveva aiutato a capire cosa mi stava succedendo, mi aveva dato il ciondolo per proteggermi e per aiutarmi a capire come usare i miei poteri.

Di certo non poteva essere lui.

Uscii dalla stanza, percorsi il corridoio e scesi le enormi scalinate di marmo bianco che portavano direttamente alla porta d’ingresso.

Le adoravo.

Decisi di prendermi un po’ di tempo per sognare di essere una principessa.

Con una mano mi appoggiai al corrimano liscio e bianco e con l’altra alzai leggermente la gonna per permettere ai piedi di scendere senza intoppi. Non volevo rischiare di pestare l’orlo e rotolare giù dalle scale.

Scesi lentamente: un gradino, poi un altro e un altro ancora.

Quando arrivai a metà scalinata, vidi Ares che mi stava osservando con un misto di curiosità e ammirazione. Sembrava un principe appena uscito da un libro di favole. Aveva raccolto i riccioli biondi in una coda, indossava un paio di pantaloni neri e una camicia bianca con le maniche arrotolate fino al gomito.

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