Un rabbì originario di Nazareth di Galilea e dodici suoi seguaci sâerano riuniti al primo piano della dimora amica di Marco e di sua madre, per celebrare la cena pasquale entro la città santa di Gerusalemme comâera prescritto a tutti gli ebrei quando possibile. Lâagnello tradizionale di Pasqua che sarebbe stato consumato dai tredici al culmine del solenne convivio era stato comprato dal discepolo del rabbì e tesoriere del gruppo Giuda Bar Simone detto lâIscariota6 e presentato al tempio dovâera stato ritualmente scannato da un ministro del culto.
La vedova di Gionata Paolo aveva conosciuto il maestro nazareno nella prossima Betania in casa delle amiche Marta e Maria e del loro fratello Lazzaro, e affascinata dal carisma dellâuomo ne era divenuta spiritualmente seguace. Per simpatia, gli aveva concesso il proprio cenacolo perché potesse celebrare coi suoi la cena pasquale nella città , al riparo da occhi nemici; la sua vita era infatti minacciata dai membri del consiglio supremo giudaico di Gerusalemme, il sinedrio, in cui sedevano sacerdoti, scribi e certi anziani della comunità , ricchi potenti che tramavano per arrestarlo al più presto e consegnarlo al tribunale romano con unâaccusa passibile di morte, poiché li aveva pubblicamente criticati e ingiuriati sulla piazza antistante il tempio. Per quei potenti non si trattava solo di vendetta, essi lo temevano perché in suoi insegnamenti erano una minaccia continua per loro; egli insegnava infatti, senza mezze parole, che in ogni tempo i capi delle collettività non devono esigere dâesser lodati e serviti ma, al contrario, devono essere a disposizione del popolo; e affermava che lâEterno aveva stabilito che purità e impurità dâun essere umano non stanno nellâadempiere o no i precetti formali della Legge, non nel commissionare per adorazione sacrifici dâanimali7 e offerte di primizie e nello svolgere i rituali inventati da sacerdoti e dottori della Legge per averne prestigio e guadagno, ma nelle scelte dâamore o di odio per il prossimo. Se questi insegnamenti avevano allarmato assai i capi dâIsraele, avevano all'inverso entusiasmato molti come la Maria la vedova.
Il giovane Marco non era fra i seguaci del rabbì, ma essendo ufficialmente il padrone di casa e religiosamente maggiorenne da un biennio,8 avrebbe avuto il diritto di stendersi al posto dâonore sulle stuoie della mensa pasquale assieme agli invitati. Se nâera tuttavia astenuto perché, seguendo gli usi farisaici paterni, egli con la madre e i servi avrebbe festeggiato la Pasqua la sera seguente, e difatti un altro agnello era stato immolato per loro nel tempio. Dunque i tredici erano stati lasciati soli nel cenacolo, completamente liberi di celebrare la festa fra di loro.
Inaspettatamente, a un certo punto della serata uno del gruppo, quel Giuda che aveva provveduto allâagnello, era sceso spedito al pian terreno con una brutta smorfia sul volto, le guance porporine, e aveva infilato la porta di casa senza nemmeno salutare Marco, châera nellâatrio. Il giovane sâera chiesto se quellâuomo avesse ricevuto un improvviso, urgente incarico dal maestro, al suo carattere piaceva infatti moltissimo indagare su fatti in ombra; ovviamente avrebbe voluto, prima di tutto, scoprire e far arrestare gli assassini del padre, ma ormai lo riteneva irrealistico: mancava qualche anno ancora allo straordinario sogno che lâavrebbe spinto a investigare. Non vedendo più tornare Giuda, la curiosità del ragazzo sâera accresciuta. Quando il gruppo del nazareno aveva lasciato la casa dietro al maestro per recarsi a dormire, su concessione di Maria, nel capanno dellâuliveto detto Getzemani che Marco aveva ereditato, il giovanissimo proprietario aveva detto alla madre che avrebbe accompagnato i dodici, sarebbe rimasto anchâegli per la notte e avrebbe fatto rientro alle prime luci: sâaugurava in cuor suo che, cammino facendo, avrebbe conosciuto le ragioni dellâuscita imprevista dellâIscariota e del mancato suo ritorno.
Maria restava assai protettiva verso il figlio, come di norma le madri ebree, almeno in quei tempi; allarmata, aveva esclamato con tono acceso, pur sapendo che le sue parole non sarebbero servite affatto contro la testardaggine del ragazzo: ââ¦ma cosa vai a fare là di notte?! à mai possibile che tu debba sempre farmi preoccupare? Perché non ascolti per una volta la tua mamma?!â.
Maria aveva solo quindici anni più del figlio ed era ancora una bella donna, piccolina ma dai tratti fini e un corpo florido che molto piaceva in quei tempi, e terminato il periodo del lutto aveva ricevuto proposte di matrimonio da diversi vedovi, anche perché avrebbe ereditato beni alla morte dei propri genitori: proposte tutte rifiutate in quanto la donna aveva deciso di dedicarsi interamente a Marco.
Con viso mesto, senzâaggiungere altre parole la madre aveva ordinato ai servi di preparare lâoccorrente, tre lanterne per illuminare la via e tredici teli di lino dove avvolgersi durante il sonno. Quattro dei discepoli sâerano caricati le lenzuola, tre avevano avuto ciascuno una lampada accesa e il gruppo sâera avviato dietro al maestro, con in coda Marco châera uscito ignorando la madre: Maria sâera piantata appena fuori dalla porta e aveva seguito muta il suo passaggio, cogli occhi umidi, accompagnandolo poi con lo sguardo finché il gruppo non era sparito alla vista.
Il rabbì nazareno era silenzioso, assorto in qualche grave pensiero. I suoi, per non infastidirlo, parlavano a bassa voce e a Marco parevano inquieti: forse temevano un arresto? Eppure, ragionava il giovane, era impossibile che quegli uomini venissero rintracciati nellâuliveto, fuori città e al buio, e certo si sarebbero messi in salvo se, ancor prima dellâalba, avessero lasciato la zona e fossero tornati nella loro Galilea; tanto ormai, soggiungeva a sé stesso, avendo soddisfatto lâimpegno dei festeggiamenti pasquali a Gerusalemme, non avevano più motivo di restare.
Marco non aveva resistito per molto e aveva domandato allâappena più anziano di lui Giovanni Bar Zebedeo, châera in coda al gruppo al suo fianco e, unico, pareva del tutto tranquillo: âPerché il tuo condiscepolo ha abbandonato quasi di corsa la cena e non è più tornato?â.
âAveva avuto un improvviso incarico dal maestroâ, aveva risposto lâaltro confermando la sua ipotesi, âma quale non saprei perché gli aveva parlato a bassa voce. So che, in tono più alto, lâaveva infine esortato dicendogli: âQuello che devi fare, fallo presto!â. Avevo presunto lâavesse inviato a cercare altre provviste, ma visto che Giuda non è più tornato, ora non saprei che pensare, né oso chiederlo al rabbìâ.
Era intervenuto Giacomo Bar Alfeo, parente del maestro, che procedeva sùbito innanzi ai due e voltando la testa aveva sussurrato al condiscepolo: âIo non sono affatto tranquillo dopo che, a cena, il rabbì ci ha annunciato che uno di noi lo tradirà e lui sarà arrestato, mentre noi fuggiremoâ.
âIl traditore non potrebbe essere Giuda?â sâera frapposto Marco.
âMahâ, aveva considerato Bar Alfeo, sempre sottovoce, âil maestro gli avrebbe dato un incarico di fiducia se avesse sospettato di lui?! e poi, solo dopo che Giuda era uscito ci ha detto che lâavremmo abbandonato, perciò penso che il rinnegato sia tra noi undici, anche se certamente non sono ioâ.
ââ¦e nemmeno io! e non lâabbandonerò mai!â sâera risentito Giovanni, come se lâaltro avesse sospettato proprio di lui; e aveva proseguito: âHai trascurato dâaggiungere che il maestro ha pur detto che uno di noi invece non fuggirà e sarà con lui fino alla morte; e io sento dâessere quel discepoloâ: la sua voce appassionata aveva attratto lâattenzione di tutto il gruppo compreso il rabbì, il quale sâera fermato e voltato. A questo punto era stato tutto un vociare rivolto al maestro, per primo un certo Simon Pietro che aveva esclamato: âIo non ti lascerò mai, mai, mai!â; suo fratello Andrea, per non essere da meno aveva espresso con foga: ââ¦e figuriamoci un poâ se me ne andrò io, rabbonì!â, parola che significa maestro mio ed esprime la massima devozione possibile verso il proprio rabbì; da Giacomo Bar Alfeo era giunto un urlo, o quasi: âNon dare retta a Giovanni! Sono io quello che non tâabbandonerà â; un tale di nome Taddeo aveva espresso: ââ¦e chi potrebbe lasciarlo, un maestro come te?!â; insomma, uno per uno tutti avevano promesso assoluta fedeltà ; quindi, per buon peso, nemmeno si fossero messi dâaccordo prima, avevano pronunciato allâunisono: âNessuno di noi tâabbandonerà mai, o rabbonì!â.