Arrivati nei pressi del villaggio, voltammo su una stretta strada sterrata, cosparsa di sassi e ghiaia, così stretta che difficilmente due auto sarebbero potute transitare contemporaneamente in senso opposto. Costellata di buche larghe e profonde, qua e là riempite dallâacqua piovana non assorbita dal terreno, la stradina fiancheggiava il canale che si distendeva alla nostra sinistra e sul quale scorgevamo qualche piccola chiatta che procedeva in linea retta. Sulle chiatte la gente rideva allegramente, si guardava attorno disegnando sui volti sguardi carichi di folklore, i visi dalla pelle lucida e ben tesa, di un colore bianco latte macchiato di un rosa confetto e con le gote tendenti al rosso acceso. Gli uomini scattavano fotografie mentre spizzicavano stuzzichini e sorseggiavano avidamente del vino da lunghi calici in vetro. Forse erano già sopraffatti dalla potenza dellâalcol. Donne di mezza età sedevano rilassate, le gambe scomposte sulle panche, di legno scuro e metallo, che arredavano il ponte della barca. Oppure, ove presenti, su sedie sdraio con seduta in telo grezzo, color beige. I bambini appoggiati alle loro madri gustavano i loro gelati, il viso parzialmente nascosto dai loro variopinti berretti per proteggersi dal sole e nascondere lâimbarazzo agli sguardi dei curiosi compagni di viaggio. Davano lâimpressione di assaporare la più assoluta libertà , o qualche cosa di molto simile, la spensieratezza, quasi fossero parte integrante dellâambiente, in comunione con esso. I problemi della vita di tutti i giorni sembravano non sfiorarli nemmeno, come se in realtà non ci fossero proprio problemi da affrontare, come se ne fossero totalmente esenti. Oltre che in lingua francese si sentiva parlare anche in tedesco, in inglese e in spagnolo. Nessun italiano era presente, o quantomeno nessuno che stesse parlando in quel momento. Tuttavia, nessuno dei presenti mostrava lineamenti del viso tipicamente italiani. Passavano davvero molto vicino a noi e si potevano vedere bene, fino quasi a rilevarne i difetti della pelle. Noi osservavamo la barca galleggiare mentre trasportava lâallegra comitiva. Non emetteva rumori assordanti per via dei motori in azione. Dava lâimpressione di scivolare sullâacqua, come sospinta dalla sola forza dellâaria. Dai finestrini della nostra auto, che avevamo opportunamente spento per ammirare e immortalare la scena, entravano il suono delle risate delle persone, i loro discorsi e la sinfonia del canto degli uccellini che popolavano lo spazio aperto alla destra della carreggiata. Su questo lato, unâimmensa distesa verde ricopriva tutto il campo a noi visibile. Era come incorniciato da colline di un verde più scuro e intenso che sembravano essere state messe lì proprio per non svelare subito le bellezze che si dispiegavano dietro di esse.
«Eâ tutto così incredibile qui!», disse Sonia con una voce carica di gioia e palpabile eccitazione, con gli occhi che brillavano di quella luce che non percepivo da qualche tempo con eguale intensità «Sembra un altro mondo! Sembra quasi che imboccando quella strada si sia oltrepassata la linea di confine che divide ciò che è reale da ciò che invece è mero frutto dei sogni. Eâ indescrivibile, sono felice!», concluse.
«Eâ tutto così vero ma è anche così incredibile al tempo stesso! I colori, i suoni, i profumi e le immagini. Tutto sembra avere un suo spazio, una posizione tanto precisa che, se modificata da un profano, farebbe percepire lâoggetto isolato come âfuori postoâ. Tutto è parte del quadro che in questo momento stiamo osservando e sembra portare la firma del suo autore, di unâentità superiore ed esperta, non si percepisce modo alcuno per migliorare quanto agli occhi appare già perfetto fin dallâinizio. Sono felice anchâio!».
Girai la chiave per riaccendere lâauto e con un sorriso la invitai a proseguire verso la nostra meta ormai prossima, la casa sulla chiusa 34s. Mentre avanzavamo, gli alberi dietro di noi chiudevano il tunnel sulla strada come fossero i tendoni di un sipario teatrale alla conclusione dellâopera.
CAPITOLO 2
La gente dice: âà mattoâ.
Oppure: âVive in un mondo di fantasiaâ.
O ancora: âCome può confidare in cose prive di logica?â.
Ma il guerriero continua ad ascoltare il vento
e a parlare con le stelle.
[Paulo Coelho - Manuale del guerriero della luce]
La casa era piccola, con i muri costruiti in pietra viva. Il tetto mostrava una notevole pendenza su entrambe le facciate della casa. Era necessaria per favorire lo scarico delle nevi durante il periodo invernale, evitando la formazione di pesanti lastre di ghiaccio pericolose per la struttura di travi di legno visibili anche allâinterno delle stanze. I proprietari di casa e custodi della chiusa si chiamavano Urs e Doris, una coppia molto affiatata. Avevano diviso la casa in due parti, una più ampia a loro riservata, lâaltra ceduta in affitto ai turisti come alloggio per le vacanze. Nella sua semplicità la casa aveva tutto quanto potesse servire: un salotto con angolo cottura, un cucinino ben attrezzato e magnificamente fornito delle necessarie stoviglie, pentolame e posate in quantità , un comodo divano, un bagno privato molto raccolto ma con ampia doccia. La zona notte soppalcata sfruttava la parte più alta della struttura. Vi si accedeva tramite una robusta scala interna. Era disponibile ogni sorta di elettrodomestico, utile o meno, câerano una radio, la televisione satellitare, persino la connessione ad Internet senza fili. Tutto questo sembrava quasi fuori luogo in una contestualizzazione allâapparenza tanto semplice, rurale, naturale e minimalista. Non potevo non apprezzare tutte queste comodità ormai entrate prepotentemente a far parte della mia vita di uomo di città , feci comunque promessa a me stesso di limitarne lâuso al minimo indispensabile. Eravamo alla ricerca di tranquillità assoluta, del distacco dal superfluo, dellâimmersione nella natura. Non volevamo di certo consumare del tempo prezioso ripetendo le azioni della caotica vita di tutti i giorni. Allâesterno la casa non era circondata da fiori o piante tipiche dei giardini preziosi. Era al contrario tinteggiata da chiazze di colore delicato, donato da fiori e arbusti spontanei, dai papaveri rossi e altri eleganti fiori di un colore arancio intenso, dalle campanule bianche e viola arrampicate sui muri o cosparse sul terreno, così belle e fitte che ci si obbligava a porre attenzione per non calpestarle mentre si camminava. Câerano erbe e arbusti che io avrei sicuramente rimosso se nati nel giardino della mia casa in città , perché non adatti o non belli se guardati con uno sguardo superficiale. Questi fiori dalla forma unica mostravano venature e sfumature di colore sui soffici petali, vellutati al tatto. E il loro dinamismo, il modo in cui oscillavano consegnandosi allâaria per via del loro lungo stelo, li faceva sembrare ballerini istruiti da un grande maestro. Tutto questo ci affascinava, catturandoci in una sorta dâincantesimo, dâipnosi. Perché ciò avveniva solo lì e in quel momento? Ne ho viste tante di campanule e di papaveri fioriti nella mia vita, perché non ho mai fatto caso a quanto fossero belli, delicati ed eleganti? Realizzai la mia profonda superficialità e in parte mi rattristai. Su un angolo della casa si sviluppava invece una stupenda rosa dal colore rosso intenso, aveva petali soffici come il velluto più pregiato e rilasciava un profumo che avvolgeva completamente, annientando i sensi. Avevamo a disposizione due biciclette, fondamentali per muoversi nei dintorni senza dover usare lâautomobile.