Ma come dice un noto proverbio sottomarino, il banco si muove sempre in gruppo. E così a quellevento ne seguirono altri non meno strani e preoccupanti, tutti molto ravvicinati sia nello spazio che nel tempo.
Non trascorse più di un giorno che cominciò a percepirsi un tremito. Era lo stesso tipo di rumore che da anni si erano abituati (e rassegnati) a sopportare, ma sempre isolatamente e per pochi istanti. Questo nuovo, continuo ed ininterrotto, era però ben altra faccenda. Disturbava loro il sonno e la veglia; faceva scappare le prede. Non riuscivano neanche più ad accoppiarsi. Presto erano tutti così nervosi ed agitati, che per un nonnulla scoppiavano risse e litigi. Decisero perciò di riunire il consiglio di zona (era tantissimo che non si faceva più). La proposta che stava avendo maggior seguito era quella di emigrare tutti in unaltra regione abissale, con i rischi che ciò avrebbe comportato.
Erano ancora riuniti in questa loro assemblea, quando una fastidiosa luce cominciò a calarsi dallalto. Dapprima si intravvide appena; poi, mano a mano che scendeva, diventava sempre più abbagliante e fastidiosa. A partire dai più anziani cominciarono a disperdersi e a cercare rifugio. Il presidente, prima di allontanarsi, proclamò che il consiglio avrebbe ripreso la riunione dopo pochi minuti più in là, ai confini con la valle delle punte. Era una scelta non del tutto priva di pericoli ed incognite, perché quel territorio costituiva motivo di continue scaramucce con unaltra tribù di tentacolati.
Dirko e Dalko, insieme ad unaltra mezza dozzina di giovani, non digerirono questa decisione.
Questo territorio è nostro, e lo difenderemo a qualunque costo. Nessuno si è mai permesso di disturbare le nostre riunioni, e tantomeno di contrastare il nostro predominio tra questi confini. Dovranno vedersela con noi.
Un drappello di tentacolati li seguì mentre salivano verso quella luce. Alcuni cercarono di intorbidare lacqua con la sabbia, oltre che con tutto linchiostro che avevano in corpo. Altri, che avevano notato come i raggi luminosi fossero indirizzati verso il basso, cercarono di raggiungere lobiettivo dall'alto, con una manovra aggirante. Quella lampada, ed il sottile cavo che la sorreggeva, furono aggrediti da una schiera di forti tentacoli impazziti dallodio; chi tirava da una parte, chi dallaltra, con la rabbia e la forza in genere riservata ai pesci più feroci e pericolosi. In quello scuotimento la luce cominciò prima a vacillare e poi ad attenuarsi, finché, portata a fracassarsi contro una parete rocciosa, si spense completamente lasciando precipitare alcuni suoi frammenti verso il fondale nuovamente oscuro.
La lotta non fu del tutto indolore. Qualcuno nella foga ci rimise qualche pezzo di tentacolo; altri, a contatto con la sorgente luminosa, si procurarono ferite ed arrossamenti, in alcuni casi anche molto dolorosi.
Quei valorosi giovani furono da allora in poi trattati per quello che effettivamente si erano dimostrati: degli eroi coraggiosi. Ebbero pieno riconoscimento da tutti, anche dai più anziani, i quali li incaricarono della difesa del territorio per quanto fosse nelle loro capacità. Raccomandarono loro la massima prudenza perché ritenevano che il pericolo non poteva certamente dirsi passato. I più, anzi, supponevano che la situazione sarebbe presto peggiorata, dopo quanto accaduto.
Così mentre i più anziani, cercando di allacciare relazioni pacifiche coi vicini, si preoccupavano di spianare la strada ad una eventuale emigrazione, i giovani eroi si incaricarono della sorveglianza, organizzando turni di ronda ed attrezzandosi contro un nuovo possibile attacco. Furono predisposti ripari di emergenza e raccolte scorte di sassi e altri frammenti di scorzoni, considerati i mezzi più validi per contrastare eventuali altri pericoli provenienti dall'alto.
Il ricordo di quella luce dall'alto era ancora vivo in tutta la comunità (da allora il brusio di sottofondo non era cessato neanche per un istante) e la scorta di pietre non era ancora stata ultimata, quando sopravvenne un altro pericolo. Era una grossa palla con tanti occhi, che scendeva dall'alto non verticalmente come un sasso, ma con ampie volute e giri irregolari, come un pesce già sazio ancora in cerca di cibo. Era di colore giallo, il che più della sua flebile luce intermittente e fluorescente aveva messo in allarme i giovani di guardia e tutti gli altri, rapidamente distolti dalle loro attività per fronteggiare la nuova emergenza. Tra quel giallo gli occhi liquidi lasciavano intravedere altri piccoli pesci fluttuanti: nulla però che facesse pensare ad un'indole aggressiva.
"Vacci piano. Sembra abbastanza robusto e tranquillo. Forse non ha intenzioni cattive, e si allontanerà con la corrente così come è venuto." Dalko era sempre stato per natura il più prudente tra i due fratelli, ed aveva sempre mostrato un particolare interesse nell'osservare sia i pesci che gli scorzoni in cui gli capitava di imbattersi nelle sue passeggiate oceaniche. Dirko era invece più aggressivo: e data la sua mole non aveva paura di nulla.
Quel mostro giallo si fermò davanti a loro. Da dentro ai suoi occhi altri occhi sembravano fissarli. Dalko, osservato, lo studiava a sua volta con curiosità ed un poco di apprensione. Dirko invece era pronto a scattare, come un duellante sul punto di metter mano all'arma, e percepiva nell'intruso il suo stesso atteggiamento.
"Stai calmo, Dirko, non ti innervosire". Gli altri tentacolati osservavano un po' più distanti, non sapendo cosa fare e cosa aspettarsi.
"Se non se ne va da solo e in fretta lo convincerò io in un modo o nell'altro". Le dimensioni dell'intruso erano maggiori delle sue; ma Dirko aveva con sé la tranquillità di tanti amici pronti a venire in suo sostegno se necessario. Fu così che, quando la sfera gialla fece un ulteriore movimento lento e guardingo verso il fondale della comunità, Dirko le si avventò contro senza esitazione.
Si creò una situazione incredibile. Una massa di tentacoli si accanì contro quella sfera liscia, ricoprendone buona parte; ma ogni sforzo sembrava vano. Forse semplicemente non riuscivano a fare presa, o a trovare un punto debole nel nemico; il quale apparentemente sembrava inerme, immobile, senza armi di offesa né di difesa a parte l'impenetrabilità del suo guscio. Gli altri tentacolati non resistettero molto da spettatori a quel vano e disperato scalciare del loro capo. A poco a poco si unirono alla lotta, finché del giallo della sfera, diventata ormai un ammasso di polpa e tentacoli in movimento, non si distingueva più nulla.
La situazione non era mutata con l'aumento del numero dei combattenti; ma l'intricato ammasso in lotta cominciò, prima lentamente e poi con più decisione, a perdere quota dirigendosi verso il fondale, forse per una deliberata strategia o semplicemente per effetto della gravità.
La discesa era ormai evidente, quando la situazione prese una svolta imprevedibile. Uno, due sibili, e due nuove appendici sferiche si svilupparono dal corpo giallo, modificandone improvvisamente l'assetto. Tendevano verso l'alto, e spingevano con sé l'intricata massa avviluppata a sollevarsi; nel frattempo continuavano ad espandersi ingrossandosi. Queste protuberanze, che la pressione dei tentacoli deformava con una certa facilità, illusero il plotone di guardie di aver trovato il punto debole del mostro, rinvigorendo i loro sforzi. Però il mostro giallo continuava a sollevarsi, inarrestabile, finché la pressione e la temperatura cominciarono a farsi fastidiose per gli abitanti dell'abisso. Uno alla volta mollarono la presa, anche perché ormai l'estraneo poteva dirsi uscito dal loro territorio.