56
Dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni. Articolo primo, Lugano, coi tipi di Gius. Ruggia e comp., 1831; in-8º. di pp. 56. E firmato: A. H. J.
57
Fu ristampato a Brescia nel 1883 dallo Stabilimento stereo-tipografico di G. Bersi e C.; in-8º. di pp. 46. Nella breve avvertenza è detto: «Il manoscritto sopra del quale fu condotta la presente edizione è una copia precisa, identica all'autografo lasciato dell'esimio autore; non già copia od estratto da quei pochissimi esemplari che vennero alla pubblica luce l'anno 1833» [correggi: 1831] «in un periodico mensile, compilato da molti esuli italiani a Parigi; periodico ch'ebbe vita di più poco che due mesi e dal quale furono ritratte poche copie per regalo ad amici e parenti». Sebbene «compilato da molti esuli italiani a Parigi», però si stampava a Lugano coi torchi di Giuseppe Ruggia. Negli Scritti di Giovita Scalvini ordinati per cura di N. Tommaseo, con suo proemio e altre illustrazioni, Firenze, Felice Le Monnier, 1860; in-16.º di pp. xvi-400, non fu riprodotto l'articolo «bellissimo» sul Romanzo del Manzoni, benchè promesso dall'editore stesso nella prefazione: «De' lavori suoi critici recherò quasi per intero le considerazioni sull'Ortis del Foscolo, e quelle sui Promessi Sposi, degne dell'opera». Questo articolo, col titolo: Considerazioni critiche scritte nel 1829 da Giovita Scalvini, venne premesso all'edizione de' Promessi Sposi fatta a Firenze nel 1884 da' Successori Le Monnier, ecc.
58
Giannone P., Delle opere di Alessandro Manzoni; in L'Esule, giornale di letteratura italiana antica e modernaTomo primo. Parigi, dai torchi di Pihan Delaforest (Morinval), rue des Bons-enfants, 34, M. DCCC.XXXIII; pp. 262-302. La traduzione in francese, che l'accompagna, è del sig. Lemonier, autore dei Souvenirs d'Italie.
59
M. de Gourbillon.
60
Antologia, n. 82, ottobre 1827, pp. 101-119. L'articolo, invece del Tommaseo, doveva scriverlo il dott. Gaetano Cioni, come si rileva da una lettera di Giuseppe Montani, del 16 di settembre: «L'articolo sugli Sposi Promessi lo fa il dottor Cioni. Manzoni è qui [a Firenze] adorato da tutti. Il Granduca ha voluto veder lui e il suo bambino, che sempre lo accompagna. Gli ha fatta, mi dicono, la più affettuosa accoglienza». Il 1º agosto aveva scritto: «Aspettiamo di giorno in giorno il Manzoni, e mai non lo vediamo. Del suo romanzo (crederesti?) non è ancor giunta copia, se non al Batelli, che gli fa il brutto complimento di ristamparglielo».
61
Biblioteca italiana, n. 141, settembre 1827, pp. 422-472; e n. 142, ottobre 1827, pp. 32-81.
62
La prima fu stampata a pp. 322-337 del t. XXXIV [marzo 1824]; la seconda a pp. 145-172 del tom. XXXV [aprile 1824].
63
Pubblicai questa lettera, scritta da Brusuglio il 6 luglio del '24, in Milano vecchia, strenna del Pio Istituto dei Rachitici di Milano, Anno IX, Milano, tip. Bernardoni di C. Rebeschini e C., 1889; pp. 51-58.
64
Come si accorda quello che il Tommaseo scrisse de' Promessi Sposi nelle sue lettere al Vieusseux con quello che stampò nell'Antologia? È un repentino voltafaccia: non si può chiamare con altro nome. Il Barbi si domanda: «Ma è stato preso proprio pel suo verso quell'articolo? Ne dubito. Occorre, a intenderlo bene, una ricerca psicologica sul Tommaseo uomo e scrittore, e storica sull'ambiente, e dimenticare l'impressione che fa oggi generalmente il romanzo E non può essere, che dove il Tommaseo tocca d'alcuni difetti, avesse in animo d'attenuarli e giustificarli, e che l'intendimento apologetico non appaia chiaro, o perchè così ha voluto l'autore, o per mancanza di quei nessi logici e formali che egli era solito trascurare? Avrebbe così ottenuto effetto contrario a quel che si proponeva; ma, si sa, altro è scrivere, altro riuscire a farsi intendere!» Questa spiegazione, per quanto ingegnosa, non mi persuade. Leggendo le postille e l'articolo si vede che a ogni istante la viva e sincera ammirazione del Tommaseo per i Promessi Sposi è come troncata dagli occulti paragoni ch'egli fa inconsapevolmente tra il Manzoni e sè stesso; e appunto quel continuo guardare a sè stesso gli svia il giudizio. Mentre riconosceva che il grande Poeta aveva «divinizzata la lirica, ricreata la tragedia, insegnata agl'Italiani la vera via della storia», e che in tutti questi campi gli era superiore; ho il convincimento che come romanziere ritenesse di stargli alla pari e anche di sorpassarlo. In fin de' conti che cosa significano le sue tante censure e correzioni ai Promessi Sposi? Significano: Avrei fatto meglio io!
65
Del Romanzo in generale e dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni discorsi dueQuinta edizione, Urbino, coi tipi della V. Capp. del SS. Sacram. per Giuseppe Rondini, 1846; in-16º. di pp. VIII-142.
66
Del Romanzo in generale e dei Promessi Sposi, romanzo di Manzoni, discorsi due. Sesta edizione, accresciuta d'altri scritti. In Venezia, nella Tip. Emiliana, MDCCCXL; in-16.º di pp. VI-236.
67
Trovò un difensore anche in Giuseppe Bianchetti di Treviso. Cfr. Sopra i Romanzi storici [lettera] Al barone cav. Ferdinando Porro, Milano; in Giornale sulle scienze e lettere delle Provincie Venete, n.º 107-108 del vol VI della Continuazione, bimestre di settembre e ottobre 1830. Fu ristampata a pp. 71-114 dei Discorsi critici intorno alla questione se giovi di ammettere o no nella letteratura italiana il Romanzo storico, Treviso, coi tipi di Gio. Paluello del fu Antonio, mdcccxxxii; in-16.º ed a pp. 503-522 del libro: Dei lettori e dei parlatori, saggi due di Giuseppe Bianchetti Alcune lettere di lui medesimo, Firenze, Felice Le Monnier, 1858; in-16.º
68
Indicatore Genovese, n. 5, 6 e 7, giugno 1828. Cfr. Mazzini G., Scritti editi ed inediti [quarta edizione], volume II, Letteratura vol I, pp. 41-51.
69
Tommaseo N., Studi critici, Venezia, Andruzzi, I, 290.
70
E altrove: «Vogliamo almeno terminare con un voto, che è certo comune a tutta l'Italia. Perchè il Manzoni, così grande poeta, non ha intramesso alla sua prosa alcun verso? Perchè non ha egli seguito l'esempio del suo Goethe e di tanti altri illustri romanzieri, che ne aggiunsero questo diletto? La materia di frequente si prestava volentieri alla poesia Chi non vorrebbe ascoltare il divoto cantico e le laudi dei valligiani che s'affollano con santa allegrezza incontro al Cardinal Federigo? Chi non intenderebbe un orecchio bramoso alle giulive canzoni di guerra dei soldati che vanno all'impresa di Mantova? Tutti ricordavano il sublime canto per la battaglia di Maclodio, tutti aspettavano rinnovata quella robusta armonia. Nè mancherà, in ispecie fra coloro che più strettamente appartengono alla scuola romantica, chi si dolga di non sentire espressa la canzonaccia de' monatti, che viene appena accennata».