Alessandro Manzoni - Brani inediti dei Promessi Sposi. Opere di Alessando Manzoni vol. 2 parte 2 стр 14.

Шрифт
Фон

«Presentato ed accennato così il linguaggio della censura, ci si permetta ora passare alla seconda parte della critica, non meno utile e più piacevole a un tempo; nè faccia maraviglia il vedere lodato ciò che ci è parso finora dar luogo a qualche rigida osservazione; non v'ha cosa, che non possa offrire due aspetti. E primamente nella scelta di due protagonisti volgari, il sig. Manzoni ha mostrato avere un concetto, più sensato non solo, ma più generoso ed umano della generalità de' romanzieri presenti. Perchè mostrare di credere che qualche classe della società solamente meriti la menzione e gli onori dell'eloquenza, ed il resto, che pure è base di tutto e fa vivere queste classi medesime, debba essere condannato all'oblio? Strana contradizione questa con lo spirito del secolo e col vantare che fanno i più celebrati scrittori la dignità dell'umana natura, la quale col fatto paiono restringere poi a sola qualche frazione di uomini! Ne' Promessi Sposi le debolezze, gli errori, i vizi e i delitti de' potenti si presentano tai quai sono, e non con quell'aria d'amabile storditaggine, d'interesse e di grandezza quasi, di cui li adornano e li accarezzan sì spesso gli altri scrittori di simil genere; i quali, magnificando i tempi feudali, non sembrano neppur dubitare che posson mettere così in forse il loro titolo di promotori, sostenitori o fautori almeno de' dritti imperscrutibili che la natura ci accorda. Ma tranne il romanziere Britannico, che l'ha fatto con cognizione di causa, e con animo, per quanto esser mai possa, deliberato, gli altri, illusi non sappiamo da quale malia, hanno seguito la corrente, senza pensare ad altro scopo che alla novità; ma speriamo che siano per avvedersene in tempo. Il nostr'A. non è caduto in tal fallo; e per certo, leggendo quest'opera, nessuno risentirà mai la più picciola brama d'essere distinto da' suoi fratelli per qualche privilegio mostruoso, ereditato od usurpato sovr'essi.

«Intanto la ricchezza, la varietà, l'evidenza delle descrizioni, sono pregi che distinguono quest'opera dal principio alla fine. Gli episodi, quelli stessi che sono meno giustificabili, offrono tale abbondanza di cose, di pensieri, d'interesse, e tanta conoscenza del cuore umano, che appunto per questo distraggono dall'azion principale. Commove e desta un'ansia crescente il vedere con quali malizie fittissime la religiosa di Monza sia tratta a compiere l'intiero sacrifizio di sè, e non si può a meno, nel condannar le sue colpe, di sentirne un'affannosa pietà. L'ammutinamento de' Milanesi è descritto sì vivamente, le particolarità ne sono sì vere, che vedi agitartisi tutta quella calca su gli occhi, ne distingui i volti, ne ascolti la voce. L'ebbrietà perfino del povero Renzo non ti percuote meno dell'astuzia per la quale il bargello riesce a carpirgli il nome di bocca. Ma ciò che supera ogni lode è Lucia nel castello dell'Innominato. L'immagine d'un essere debole ed innocuo di fronte ad un altro sì formidabile e spietato, e la vittoria del primo, racchiudono in sè un profondissimo senso di morale, che fa palpitare d'un impeto di speranza e d'ardire, ed eleva ogni anima ben nata. I pensieri di quell'uomo feroce, que' pensieri che lo traggono a disperare, e l'altro che gli arresta la mano; tutta quella notte infine offrono un tal che di sì terribilmente vero, misterioso e solenne, che a noi sembra poco il dire che negli altri lavori di simil genere non v'ha brano che possa paragonarsi a questo. Nè si creda che dopo un tal quadro la fantasia e il cuor del poeta mostrino esaurimento o stanchezza. La descrizione della fame, e più ancora quella della peste, fanno veracemente rabbrividire. In quest'ultima il sogno di don Rodrigo nella notte stessa che n'è colpito, basterebbe esso solo a far conoscere quanto l'A. senta avanti nell'arte somma che segue sì dappresso la natura senza scoprirsi; e la madre che reca la sua bambinella morta a' monatti, è tal misto di desolazioni, di pietà, di amore, di dolor rassegnato, che, breve e toccato di volo, com'è, ti si scolpisce indelebilmente in pensiero. Questi due brani stanno, a parer nostro, con vantaggio in faccia a tutto lo splendore, l'abbondanza e la verità di quella vivace e straordinaria pittura. I caratteri sono disegnati a tratti sì giusti ed arditi e sostenuti con sì gran maestria, che non si smentono mai; e quello di don Abbondio in particolare è nel suo genere d'una verità che dispera. Quel colore locale che non t'induce mai in errore, quell'esattezza di fatti che non si trova mai

Dans les romans où l'on apprend l'histoire,

come ha cantato scherzando un savio francese59, sono qualità che, unite ad uno stile pieno di vita, e vario sempre secondo gli accidenti, e ad una lingua facile, ricca, armoniosa, assicurerebbero la fama di questo libro, quand'anche non vantasse altri meriti, e, come speriamo aver dimostrato, di gran lunga maggiori.

«Quantunque questo genere, per quanto ci pare, non debba porre gran radici in Italia, perchè nell'ampissimo campo delle lettere, offre gli stessi caratteri degl'Ibridi fra le piante, pure trattato da chi, oltre la forza d'ingegno, si figga un alto, un utile proposito in mente, può produrre nobilissimi effetti».

IV

De' tanti giudizi dati da' giornali d'allora intorno a' Promessi Sposi, due levarono un gran rumore: quello della Biblioteca italiana e quello dell'Antologia: ma l'eco di quest'ultimo, scritto da Niccolò Tommaseo60, si dileguò ben presto; non così l'eco dell'altro, uscito dalla penna di Paride Zaiotti61, in voce di critico ingegnoso e acuto tra' partigiani della vecchia scuola. Fin dal '24, appunto nella Biblioteca italiana, aveva scritto un lunghissimo articolo intorno all'Adelchi, diviso in due parti62; ma la Censura austriaca (è proprio il caso di ripetere: Tu quoque, Brute!) ne corresse e mutilò alcuni brani, con grave dispiacere del critico, che li mandò a leggere manoscritti al Manzoni; il quale, vinto dal tratto cortese, fu forzato a rispondergli e a ringraziarlo63.

L'incarico di scrivere la rassegna de' Promessi Sposi l'accettò contro voglia: era un libro che non gli andava a sangue; lo riteneva «sotto alcuni rapporti» inferiore alla Sibilla del Varese che, a suo giudizio, «era un romanzo, cosa che non osava dire degli Sposi promessi». La scrisse finalmente, dopo essersela fatta aspettare un gran pezzo; per concludere: «bello è questo romanzo, ma il Manzoni potea fare anche di più». E si accordò con lui il Tommaseo ripetendo: «dall'ingegno e dall'animo di Manzoni si deve pretender di più»64. Erano due delle tante «persone di gusto», che «lo trovavano molto inferiore all'aspettazione».

Un bibliofilo romagnolo, Giacomo Manzoni di Lugo, il futuro ministro della Repubblica Romana, inviando al P. Alessandro Checcucci l'articolo dello Zaiotti: Del romanzo in generale e dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni discorsi due, l'accompagnava con questa lettera: «Vi mando il libro dello Zaiotti, di cui vi parlai. E certamente questo vi sarà dono gratissimo, chè due prose di questo genere, così ben condotte, e scritte con pari facondia e modestia forse non le ha l'Italia nostra. Fra le lodi le più smodate che da ogni parte son piovute e piovono sopra il romanzo del Manzoni, fra il grido che lo proclama capo-scuola del Romanzo storico e principe dei romanzieri italiani, levarsi in piedi e pubblicare una censura di 101 pagine, giusta dalla prima all'ultima parola, sempre dignitosa senza iattanza, sempre riverente senza viltà, scriverla con istile che ogni letterato vorrebbe invidiargli, piano, armonioso e variatissimo, e divulgarla, e trovar plauso in Milano, sotto gli occhi del Manzoni, nel teatro delle maggiori sue glorie, è impresa ardua davvero». Il P. Checcucci si affrettò a fare una nuova edizione di «questi due maravigliosi discorsi, sì perchè chi non l'ebbe ancora alle mani potesse ammirarvi la vasta dottrina, la stupenda eloquenza, la profonda erudizione ed il retto giudizio di quell'esimio scrittore; sì perchè i giovani specialmente, usi a muoversi più per affetto che per ragione, nel giudicare delle opere, sebbene d'uomini grandi e giustamente reputati, prendano piuttosto norma dalle regole invariabili dell'arte, che dal prestigio dell'opinione, alcune volte sospetta e ben sovente non buona». Il Checcucci battezzò «quinta» la sua edizione65, ignorando che l'autore stesso già ne aveva fatta una «sesta» a Venezia66; nella quale, per bocca del tipografo, manifesta l'intendimento suo: quello di «preservare il cuore e l'ingegno» degli italiani «dalle dannose influenze che recar potevano i grandi esempi di Gualtiero Scott e di Alessandro Manzoni».

Ваша оценка очень важна

0
Шрифт
Фон

Помогите Вашим друзьям узнать о библиотеке

Скачать книгу

Если нет возможности читать онлайн, скачайте книгу файлом для электронной книжки и читайте офлайн.

fb2.zip txt txt.zip rtf.zip a4.pdf a6.pdf mobi.prc epub ios.epub fb3

Популярные книги автора